«L'italiano è bello,
così ci difendiamo dall'inglese»
Non è che l'articolo dica molto, e non so quanto il libro sia valido dato che non l'ho letto, ma almeno cerca di difendere la lingua italiana (e speriamo che lo faccia davvero!).

Moderatore: Cruscanti
Trovate gli intrusi.Giulia Borgese ha scritto:Esempi presi dai nostri più grandi: Galileo, tanto per cominciare, e poi Gadda, Meneghello, Campanile, Svevo, Montale, Ungaretti, Gianni Brera, Bianciardi, Tognazzi e Vianello, Primo Levi, Leopardi, Montanelli naturalmente...
Secondo me è una provocazione, almeno cosí l'ho inteso io (piú che altro lo spero!)... Probabilmente l'autore ne parla nel libro, mostrando già dalla copertina quanto può stonare un anglismo buttato lí senza motivo.Carnby ha scritto:Non ci siamo proprio: «del tutto italiane»? Ma per piacere!Giulia Borghese ha scritto:E si definisce anche ghost writer e copywriter, e lo fa – nel risvolto di copertina – senza usare le virgolette e neppure il corsivo, quasi che quelle parole inglesi siano ormai del tutto italiane.
Nel suo esempio l'autore si riferisce a broker, che non viene tradotto come mediatore. Non riporto di più per ragioni di tempo e di Diritto d'autore, ma sottolineo che Birattari non affronta, in seguito, quale siano le linee di demarcazione tra il traducibile e l'intraducibile e il ridicolo e il non ridicolo.Massimo Birattari, in «Italiano. Corso di sopravvivenza», 2010 ha scritto:Sull'uso delle parole straniere in italiano non trovo di meglio che rimandare, con un colpo al cerchio e uno alla botte, al sano buon senso. È ridicolo italianizzare a tutti i costi, o tradurre l'intraducibile; però è altrettanto grottesco riempire di inutili parole straniere un testo italiano.
[...]Ecco un uso grottesco delle parole straniere: al posto di una parola italiana immediatamente comprensibile ne viene impiegata una in inglese che, per molti lettori, resta oscura perfino quando viene usata nel suo ambito naturale [...].
Lei esprime una preoccupazione che è anche mia: in quanto giornalista, mi trovo spesso in difficoltà a usare traducenti inusitati di anglicismi ormai entrati nel lessico comune e, perciò, non piú virgolettati o scritti in corsivo. E se il lettore non capisce?Massimo Birattari ha scritto:in un testo discorsivo potrei benissimo usare le parole negro o anche scrittore fantasma per definire quel lavoro (a redattore pubblicitario preferirei forse autore di testi pubblicitari). In una biografia di tre righe pubblicata sulla bandella di un libro, scrittore fantasma sarebbe una bizzarria, quasi come scrivere topo per indicare il mouse (qui parlo non da autore, ma da redattore consapevole delle convenzioni editoriali).
La sua non sarà attenzione alla purezza, ma apprezzo (e, credo di poter dire, apprezziamo) che abbia citato la chiarezza, l'efficacia e l'eleganza. Spesso nella scelta tra un anglicismo e il suo corrispondente italiano c'è una questione di trasparenza comunicativa.Massimo Birattari ha scritto:Aggiungo che la discussione mi ha messo davanti a una domanda che non mi ero posto: e se il lettore a cui è rivolto il libro non sa chi sono e cosa fanno un ghost writer e un copywriter? È una domanda che, almeno per ghost writer, prescinde dall'uso dell'inglese. Ormai avrete capito che sono più attento alla chiarezza, all'efficacia e anche all'eleganza della lingua che alla sua purezza.
Che si tratti di parole italiane o forestiere, chi non ne conosce il significato se le cerca in un buon dizionario.Massimo Birattari ha scritto:Aggiungo che la discussione mi ha messo davanti a una domanda che non mi ero posto: e se il lettore a cui è rivolto il libro non sa chi sono e cosa fanno un ghost writer e un copywriter?
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