Le posso chiedere perché? Tempo fa Lei accennò a questa stessa cosa, ma mi dimenticai di chiederle spiegazioni al riguardo...Marco1971 ha scritto:È un altro errore.
Di «d» eufoniche, uso e adattamenti
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Ecco l’esemplificazione letteraria (ho scelto solo tre esempi illustri, fra le centinaia possibili):
Perché non vo io, e entro nelle mie case, e rapiscola, e menonela qua su meco? (Boccaccio, Filocolo)
...e nel più freddo verno passò l’Adda, e entrò nel Bresciano, e tutto quel paese, fuora che Asola e Orci, occupò... (Machiavelli, Istorie fiorentine)
Quando vide quel dove inaspettato, si fece far largo, pensate con che strepito, gridando e rigridando: “lasciate passare chi ha da passare”; e entrò. (Manzoni, I Promessi Sposi)
Perché non vo io, e entro nelle mie case, e rapiscola, e menonela qua su meco? (Boccaccio, Filocolo)
...e nel più freddo verno passò l’Adda, e entrò nel Bresciano, e tutto quel paese, fuora che Asola e Orci, occupò... (Machiavelli, Istorie fiorentine)
Quando vide quel dove inaspettato, si fece far largo, pensate con che strepito, gridando e rigridando: “lasciate passare chi ha da passare”; e entrò. (Manzoni, I Promessi Sposi)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Interessante notare che tra gli autori citati da Marco ci sono due fiorentini e uno che sciacquò i panni nell'Arno.
Forse questo uso è tipicamente fiorentino?
Direi che oggi anche a Roma è abbastanza comune l'assenza della d eufonica.
Inoltre tutt'e tre gli esempi sono risalenti o anteriori all'Ottocento, forse a quei tempi ancora non era diffusa la [pseudo-]regola della d eufonica?
Forse questo uso è tipicamente fiorentino?
Direi che oggi anche a Roma è abbastanza comune l'assenza della d eufonica.
Inoltre tutt'e tre gli esempi sono risalenti o anteriori all'Ottocento, forse a quei tempi ancora non era diffusa la [pseudo-]regola della d eufonica?
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E[dMarco1971 ha scritto:Ecco l’esemplificazione letteraria (ho scelto solo tre esempi illustri, fra le centinaia possibili)…


Direi che ad agire era soprattutto l’influsso del latino: ricordiamo a questo proposito anche il latinismo et.SinoItaliano ha scritto:Inoltre tutt'e tre gli esempi sono risalenti o anteriori all'Ottocento, forse a quei tempi ancora non era diffusa la [pseudo-]regola della d eufonica?
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Grazie! Mi ero completamente dimenticato di et.Infarinato ha scritto:Direi che ad agire era soprattutto l’influsso del latino: ricordiamo a questo proposito anche il latinismo et.
Infatti mi sarei aspettato et da Boccaccio e Macchiavelli.
Forse gli scrittori usavano et in scritti aulici, e e (anche davanti a parola che inizia per e-) per riprodurre il linguaggio popolare?
Probabilmente pur usando la grafia etimologica et, suppongo che nel parlato non sia pronunciata quella t.
1) Per il DOP: «sempre ed, non e, in qualche locuz. come Adamo ed Eva»;Canepari ha scritto:Perciò s’avrà: ad Ancona, ad avere, ed Evelina, ed esercizi; ma e Eva, e era /e’Eva, e’Era/.
2) «Ed ecco verso noi venir per nave / un vecchio, bianco per antico pelo» (Dante, Inf. III);
3) «In fiamme vive / spiace a' legni mutarsi ed esser vampe.» (T. Campanella);
4) Ventiquattro occorrenze di "ed era" solo tra Ezechiele XL e XLI nella Bibbia del Diodati (per tacere dei 60 "fino/infino ad oggi/ora" in tutto il Libro);
5) «E è subito sera»


Oggi com'oggi non si sente dire dieci parole, cinque delle quali non sieno o d'oltremonte o nuove, dando un calcio alle proprie e native. (Fanfani-Arlìa, 1877)
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