Uso curioso delle forme di cortesia nella Bohème
Moderatore: Cruscanti
Uso curioso delle forme di cortesia nella Bohème
C'è un motivo, una spiegazione per cui Rodolfo esordisce nella celebre opera dando a Mimì del "lei": «La prego, entri - Si sente male?», fino alla famosa aria in cui continua con il "lei": «Se la lasci riscaldar ... Aspetti, signorina, le dirò con due parole», per passare poco dopo misteriosamente al "voi": «V'entrar con voi pur ora ... Or che mi conoscete, parlate voi. Chi siete? Vi piaccia dir?».
E Mimì, per non essere da meno, entra in scena con «Scusi», «Vorrebbe...», quindi nella sua aria canta «Lei m'intende? ... Sono la sua vicina
che la vien fuori d'ora a importunare», prima di passare più tardi al "voi": «V'aspettan gli amici ... Se venissi con voi? ... Vi starò vicina!...»; e finalmente conclude il I atto dando a Rodolfo del "tu"... ma non è questo a sorprenderci.
E Mimì, per non essere da meno, entra in scena con «Scusi», «Vorrebbe...», quindi nella sua aria canta «Lei m'intende? ... Sono la sua vicina
che la vien fuori d'ora a importunare», prima di passare più tardi al "voi": «V'aspettan gli amici ... Se venissi con voi? ... Vi starò vicina!...»; e finalmente conclude il I atto dando a Rodolfo del "tu"... ma non è questo a sorprenderci.
Oggi com'oggi non si sente dire dieci parole, cinque delle quali non sieno o d'oltremonte o nuove, dando un calcio alle proprie e native. (Fanfani-Arlìa, 1877)
I cambiamenti nei pronomi allocutivi, nella lirica cosí come nella letteratura piú in generale, dipendono dai cangianti «moti del cor». Interessante, in proposito, quanto scrive Luca Serianni nella sua impareggiabile grammatica (VII.87d):
d) l’emotività occasionale: un sistema allocutivo reciproco può essere alterato a seconda dell’andamento del colloquio; nel cap. VI il dialogo tra Fra Cristoforo e Don Rodrigo, impostato originariamente sull’asse lei-lei (1-12), assume a un certo punto toni burrascosi: Fra Cristoforo scende al voi («la vostra protezione...») e, per contraccolpo, Don Rodrigo passa al tu («come parli, frate?» VI 13).
Si noti il verbo: «scende al voi»: nella scena fra Mimí e Rodolfo è in atto un processo di progressivo ravvicinamento dei due personaggi: il primo timido contatto col formale lei; un passaggio transitorio al voi quando cominciano a esprimersi i sentimenti; e la raggiunta intimità, che si rivela nel tu.
d) l’emotività occasionale: un sistema allocutivo reciproco può essere alterato a seconda dell’andamento del colloquio; nel cap. VI il dialogo tra Fra Cristoforo e Don Rodrigo, impostato originariamente sull’asse lei-lei (1-12), assume a un certo punto toni burrascosi: Fra Cristoforo scende al voi («la vostra protezione...») e, per contraccolpo, Don Rodrigo passa al tu («come parli, frate?» VI 13).
Si noti il verbo: «scende al voi»: nella scena fra Mimí e Rodolfo è in atto un processo di progressivo ravvicinamento dei due personaggi: il primo timido contatto col formale lei; un passaggio transitorio al voi quando cominciano a esprimersi i sentimenti; e la raggiunta intimità, che si rivela nel tu.

Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
'Sto Serianni mi devo proprio decidere a comprarlo!
A parte questo, ritengo che oggi che il "voi" è in progressivo abbandono, nei casi in cui sia utilizzato (pardon, usato) suona più formale e "distaccante/distanziante" di quanto non lo sia il "lei". Per cui, contrariamente alle intenzioni dei librettisti, l'odierno ascoltatore può avere l'impressione che i due protagonisti, invece di avvicinarsi, si allontanino.
P.S.: buon Ferragosto! (ma si scrive maiuscolo?)

A parte questo, ritengo che oggi che il "voi" è in progressivo abbandono, nei casi in cui sia utilizzato (pardon, usato) suona più formale e "distaccante/distanziante" di quanto non lo sia il "lei". Per cui, contrariamente alle intenzioni dei librettisti, l'odierno ascoltatore può avere l'impressione che i due protagonisti, invece di avvicinarsi, si allontanino.
P.S.: buon Ferragosto! (ma si scrive maiuscolo?)
Oggi com'oggi non si sente dire dieci parole, cinque delle quali non sieno o d'oltremonte o nuove, dando un calcio alle proprie e native. (Fanfani-Arlìa, 1877)
Imprescindibile.Zabob ha scritto:'Sto Serianni mi devo proprio decidere a comprarlo!

Ehm...Zabob ha scritto:A parte questo, ritengo che oggi che il "voi" è in progressivo abbandono, nei casi in cui sia utilizzato (pardon, usato) suona più formale e "distaccante/distanziante" di quanto non lo sia il "lei". Per cui, contrariamente alle intenzioni dei librettisti, l'odierno ascoltatore può avere l'impressione che i due protagonisti, invece di avvicinarsi, si allontanino.

Un testo letterario va sempre interpretato nel suo contesto storico-linguistico.
La maiuscola non è obbligatoria: ferragosto.Zabob ha scritto:P.S.: buon Ferragosto! (ma si scrive maiuscolo?)
Buon ferragosto a tutti! E come regalo, ascoltate!

Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Proviamo a emendare:Marco1971 ha scritto:Ehm...Zabob ha scritto:A parte questo, ritengo che oggi che il "voi" è in progressivo abbandono, nei casi in cui sia utilizzato (pardon, usato) suona più formale e "distaccante/distanziante" di quanto non lo sia il "lei".![]()
Mi scusi ma non mi pare di aver fatto strage di lingua italiana. Sicut meus est mos, porterò qualche esempio da Google Libri:Zabob ha scritto:A parte questo, ritengo che, [← virgola] oggi che il "voi" è in progressivo abbandono, nei casi in cui sia utilizzato (pardon, usato) [esso] suoni più formale e "distaccante/distanziante" di quanto non lo sia il "lei".
- E' certo, che oggi, che il mondo è pieno d'abitatori, uno non può arricchire senza che altri impoverisca. (Ferdinando Galiani, Della moneta)
- Oh bella cosa che oggi, che è la vostra festa, voi non possiate contenervi! (Matteo Bandello, Novelle)
- Ecco, messer Pietro mio, che oggi, che l'imperatore è entrato in Firenze, io mi apparecchio stasera a contarvi le magnificenze di questa gran città (Giorgio Vasari, Lettera a Pietro Aretino)
Oggi com'oggi non si sente dire dieci parole, cinque delle quali non sieno o d'oltremonte o nuove, dando un calcio alle proprie e native. (Fanfani-Arlìa, 1877)
E chi mai di strage favellò?
Ovvía, non se n’abbia a male...
La frase – ne converrà – non era (né è, nella versione emendata) il massimo dell’eleganza stilistica. Tutto qui.


Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Non me ne sono avuto a male, ci mancherebbe. Anzi, ogni osservazione è gradita. Immaginavo, che il problema fossero quei due "che" quasi a contatto. Per quel che riguarda "è", invece, a tutta prima credevo di aver sbagliato modo verbale, ma poi mi sono reso conto che un "appare" o un "volge" sarebbero stati sostituenti meno sciatti.
Oggi com'oggi non si sente dire dieci parole, cinque delle quali non sieno o d'oltremonte o nuove, dando un calcio alle proprie e native. (Fanfani-Arlìa, 1877)
Se permette – come puro esercizio di stile – le propongo un’altra possibile formulazione, a mio avviso meno contorta e piú snella. 
A parte questo, siccome oggi è in progressivo abbandono, ritengo che il voi – ove adoperato – suoni piú “distaccante/distanziante” rispetto al lei.
Che ne dice?
Un altro particolare (lo so, mi addentro in minuzie): suoni piú formale [...] di quanto non lo sia il “lei”. Sono per l’economia, e questo (e altri) lo appesantiscono inutilmente la frase: suoni piú formale di quanto non sia il “lei”.

A parte questo, siccome oggi è in progressivo abbandono, ritengo che il voi – ove adoperato – suoni piú “distaccante/distanziante” rispetto al lei.
Che ne dice?
Un altro particolare (lo so, mi addentro in minuzie): suoni piú formale [...] di quanto non lo sia il “lei”. Sono per l’economia, e questo (e altri) lo appesantiscono inutilmente la frase: suoni piú formale di quanto non sia il “lei”.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
-
- Interventi: 1303
- Iscritto in data: sab, 06 set 2008 15:30
- Souchou-sama
- Interventi: 414
- Iscritto in data: ven, 22 giu 2012 23:01
- Località: Persico Dosimo
O, piú semplicemente, suoni piú formale del «lei», ch’elimina ben quattro-cinque parole (mi pare) inutili.Marco1971 ha scritto:Un altro particolare (lo so, mi addentro in minuzie): suoni piú formale [...] di quanto non lo sia il “lei”. Sono per l’economia, e questo (e altri) lo appesantiscono inutilmente la frase: suoni piú formale di quanto non sia il “lei”.

Certamente.
Ma volevo richiamare l’attenzione sull’uso, secondo me abusato e abusivo, di quel lo, in queste stanze piú volte discusso.

Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Mi garba, e assai.Marco1971 ha scritto:Se permette – come puro esercizio di stile – le propongo un’altra possibile formulazione, a mio avviso meno contorta e piú snella.
A parte questo, siccome oggi è in progressivo abbandono, ritengo che il voi – ove adoperato – suoni piú “distaccante/distanziante” rispetto al lei.
Che ne dice?

Che le devo dire: c'era e, per amor di fedeltà filologica, l'ho riportata; anzi: ho omesso gli spazi prima delle virgole. È la seconda edizione, del 1780. Per limitarmi a questa frase, eccola completa nell'edizione del 1780:PersOnLine ha scritto:Questa virgola mi convince poco.Zabob ha scritto:
- E' certo, che oggi, che il mondo è pieno d'abitatori, uno non può arricchire senza che altri impoverisca. (Ferdinando Galiani, Della moneta)
E nell'edizione del 1831:E' certo, che oggi, che il mondo è pieno d'abitatori, uno non può arricchire senza che altri impoverisca: e chi potesse quasi dal cielo sopra tutta la terra guardare, scoprirebbe quel Cinese, o Giapponese, sopra di cui si sarà un Europeo arricchito.
Quattro virgole di meno, un punto-e-virgola al posto dei due punti, un È al posto di E'.È certo che oggi che il mondo è pieno d'abitatori, uno non può arricchire senza che altri impoverisca; e chi potesse quasi dal cielo sopra tutta la terra guardare, scoprirebbe quel Cinese o Giapponese sopra di cui si sarà un Europeo arricchito.
Oggi com'oggi non si sente dire dieci parole, cinque delle quali non sieno o d'oltremonte o nuove, dando un calcio alle proprie e native. (Fanfani-Arlìa, 1877)
Tornando, come si suol dire, "a bomba", segnalo anche questi versi dal noto Contrasto di Cielo d'Alcamo, poiché presentano cambi di allocutivo da un verso al successivo (nella quartina dal tu, al voi, poi di nuovo al tu e infine al voi):
per te non ajo abento notte e dia,
penzando pur di voi, madonna mia.
Sono alla tua presenza,
da voi non mi difenno.
S'eo minespreso àjoti,
merzè, a voi m'arenno.
Oggi com'oggi non si sente dire dieci parole, cinque delle quali non sieno o d'oltremonte o nuove, dando un calcio alle proprie e native. (Fanfani-Arlìa, 1877)
Sembra che in italiano antico la scelta dell’allocutivo non fosse particolarmente regolamentata:
Tuttavia, fino all’Ottocento, l’alternanza tra tu e voi non risponde a criteri rigidi e il passaggio dall’uno all’altro può avvenire senza particolari implicazioni d’ordine sociale o affettivo: nell’epistolario leopardiano, ad es., tu e voi si avvicendano piuttosto liberamente all’interno della stessa lettera, mentre più formale è lei, che il poeta riserva, tra gli altri, al padre Monaldo. (Fonte; si veda anche qui.)
Tuttavia, fino all’Ottocento, l’alternanza tra tu e voi non risponde a criteri rigidi e il passaggio dall’uno all’altro può avvenire senza particolari implicazioni d’ordine sociale o affettivo: nell’epistolario leopardiano, ad es., tu e voi si avvicendano piuttosto liberamente all’interno della stessa lettera, mentre più formale è lei, che il poeta riserva, tra gli altri, al padre Monaldo. (Fonte; si veda anche qui.)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Chi c’è in linea
Utenti presenti in questa sezione: Nessuno e 2 ospiti