Etimologia di «ragazzo»
Moderatore: Cruscanti
Etimologia di «ragazzo»
Come molti sapranno, Giovan Battista Pellegrini ha proposto come etimo di ragazzo (voce di area toscana, centrale ma anche settentrionale) l'arabo magrebino raqqas. Il problema, come nel caso di ciro, riguarda l'areale di distribuzione: come ha fatto una voce di origine araba a finire in Italia centrosettentrionale, dove gli arabismi sono pressoché assenti (tranne i casi noti di distribuzione quasi paneuropea)? Inoltre quanto era e quanto è diffuso realmente in area araba occidentale questo raqqas? In un vecchio Zingarelli ho trovato l'ipotesi di una derivazione greca (non attestata) *ῥάκη «abito cencioso» (cfr. ῥάκος, «cencio, straccio»), mentre Battisti e Alessio, che notano come la voce sia passata al provenzale ragas, ragasa, nel senso di «servo, -a», ipotizzano un collegamento a ἐργάτης, «lavoratore», senza troppa convinzione data la differenza nella parte postonica. Avevo pensato anche a un collegamento con lo spagnolo e portoghese rapaz, forse un po' troppo frettolosamente associato a «rapace» da varî dizionari etimologici iberici. Insomma, per farla breve, l'ipotesi dell'arabo magrebino non mi pare così indiscutibile: che ne pensate?
Riporto dal DELI:
[...] la maggior parte degli studiosi aderisce alla tesi dell’orig. ar. raqqās [non ho il puntino sotto ‘s’] ‘nel Magreb corriere che porta le lettere, la posta, o che conduce i viaggiatori, messaggero’ (dal sec. XIII), molto prob. penetrato dalla Sicilia (o attraverso la terminologia della dogana*: Pell. Ar. 502). Da notare che alcune testimonianze lat. di ragaceni (1408 a Cividale: Pell. Or. 515) o ragazzini (1492 a Faenza: Sella Em.), non rappresentano un dim., ma il regolare pl. ar. di raqqās, cioè raqqāsīn.
*Dogana, d’origine persiana, «ha conosciuto il tramite ar. (dīwān(a))».
[...] la maggior parte degli studiosi aderisce alla tesi dell’orig. ar. raqqās [non ho il puntino sotto ‘s’] ‘nel Magreb corriere che porta le lettere, la posta, o che conduce i viaggiatori, messaggero’ (dal sec. XIII), molto prob. penetrato dalla Sicilia (o attraverso la terminologia della dogana*: Pell. Ar. 502). Da notare che alcune testimonianze lat. di ragaceni (1408 a Cividale: Pell. Or. 515) o ragazzini (1492 a Faenza: Sella Em.), non rappresentano un dim., ma il regolare pl. ar. di raqqās, cioè raqqāsīn.
*Dogana, d’origine persiana, «ha conosciuto il tramite ar. (dīwān(a))».
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Grazie gentilissimo Marco; da quanto scrive emergono alcune cose interessanti:
- la forma originale (traslitterata) è raqqāṣ (su alcuni dizionarî etimologici l'ho trovato senza diacritici e se la cosa è perdonabile su un articolo di gionale, non lo è su uno strumento specialistico);
- l'ipotesi della terminologia della dogana, che potrebbe spiegare altre parole di areale «strano»;
- le forme settentrionali in -eni/-ini che rappresenterebbero il plurale arabo originale raqqāṣīn (da approfondire, a mio avviso).
Non mi riferivo a lei ma il fatto che sul Devoto (Avviamento all'etimologia italiana) c'è scritto appunto raqqas, senza diacritici. A complicare la faccenda, lo stesso Devoto asserisce che il plurale è raqaqīs e non raqqāṣīn come invece sostiene il DELI.Marco1971 ha scritto:Il puntino sotto la ‘s’ c’è nel DELI: sono stato io a non trovarlo tra i caratteri speciali.
- u merlu rucà
- Moderatore «Dialetti»
- Interventi: 1340
- Iscritto in data: mar, 26 apr 2005 8:41
- Souchou-sama
- Interventi: 414
- Iscritto in data: ven, 22 giu 2012 23:01
- Località: Persico Dosimo
Se può servire, riporto quanto dicono alcuni dizionari:
Dall’ar. dial. *raggāz, var. di raqqāz “corriere, messaggero che porta le lettere o che conduce i viaggiatori”, cfr. lat. mediev. ragatius. (De Mauro)
Der. di rapare, per l’antica usanza di tagliare a zero i capelli dei bambini, con lenizione e dileguo di -p- e successivo inserimento di -g-. (Devoto-Oli)
Dall’arabo raqqas ‘messaggero’. (Garzanti)
Pianigiani
Dall’arabo raqqāṣ «fattorino, corriere», passato già nel lat. mediev. ragatius e varianti. (Treccani)
Dall’ar. dial. *raggāz, var. di raqqāz “corriere, messaggero che porta le lettere o che conduce i viaggiatori”, cfr. lat. mediev. ragatius. (De Mauro)
Der. di rapare, per l’antica usanza di tagliare a zero i capelli dei bambini, con lenizione e dileguo di -p- e successivo inserimento di -g-. (Devoto-Oli)
Dall’arabo raqqas ‘messaggero’. (Garzanti)
Pianigiani
Dall’arabo raqqāṣ «fattorino, corriere», passato già nel lat. mediev. ragatius e varianti. (Treccani)
Questa è interessante perché ha la stessa motivazione di toso, nome settentrionale che indica, appunto, il ragazzo. Inoltre potrebbe facilmente essere accostata a rapaz e simili. Il problema è spiegare come in alcuni casi si sia avuta una lenizione massima fino al dileguo (l'inserimento di -g- è meno problematico) mentre in area iberica (che conosce la sonorizzazione delle occlusive) si sarebbe mantenuta la non-sonora.Souchou-sama ha scritto:Der. di rapare, per l’antica usanza di tagliare a zero i capelli dei bambini, con lenizione e dileguo di -p- e successivo inserimento di -g-. (Devoto-Oli)
Vorrei dare un altro contributo alla discussione.
Il Vocabolario siciliano etimologico Italiano e Latino di Michele Pasqualino da Palermo, nobile barese, Accademico della Crusca, edito nel 1790, alla voce 'Ragazzu' dice:
"ragazzo, che cavalca, reggendo i barberi quando corrono al palio... <omissis> Giudico io forse potersi riconoscere l'origine di questa voce dal lat. rego perché è un ragazzo che cavalca e rege i barberi incorrendo..."
Riporta inoltre che nell'antica Milizia gli uomini a cavallo portavano con sé 'ragazios' perché avessero cura del proprio cavallo. Infine cita un brano tratto dal Cronicon tomo XII di Domenico da Gravina (scritto intorno al 1350) narra che i cavalieri ungheresi "datis equis eorum ragaczinis".
Abbiamo quindi una fonte siciliana indatabile sulla citazione della cosiddetta 'Milizia' ed il Cronicon pugliese del XIV secolo, entrambi concordi circa la funzione che svolgevano i 'ragazzi' che era quella di occuparsi dei cavalli.
Pare inoltre ovvia la disparità di età che doveva esserci fra i cavalieri ed i cosiddetti 'ragazzi'.
Infine vorrei richiamare l'attenzione anche su Dante - Inferno - XXIX - 76-78, dove 'ragazzo' è inteso come addetto al cavallo.
Il Vocabolario siciliano etimologico Italiano e Latino di Michele Pasqualino da Palermo, nobile barese, Accademico della Crusca, edito nel 1790, alla voce 'Ragazzu' dice:
"ragazzo, che cavalca, reggendo i barberi quando corrono al palio... <omissis> Giudico io forse potersi riconoscere l'origine di questa voce dal lat. rego perché è un ragazzo che cavalca e rege i barberi incorrendo..."
Riporta inoltre che nell'antica Milizia gli uomini a cavallo portavano con sé 'ragazios' perché avessero cura del proprio cavallo. Infine cita un brano tratto dal Cronicon tomo XII di Domenico da Gravina (scritto intorno al 1350) narra che i cavalieri ungheresi "datis equis eorum ragaczinis".
Abbiamo quindi una fonte siciliana indatabile sulla citazione della cosiddetta 'Milizia' ed il Cronicon pugliese del XIV secolo, entrambi concordi circa la funzione che svolgevano i 'ragazzi' che era quella di occuparsi dei cavalli.
Pare inoltre ovvia la disparità di età che doveva esserci fra i cavalieri ed i cosiddetti 'ragazzi'.
Infine vorrei richiamare l'attenzione anche su Dante - Inferno - XXIX - 76-78, dove 'ragazzo' è inteso come addetto al cavallo.
- Ferdinand Bardamu
- Moderatore
- Interventi: 5195
- Iscritto in data: mer, 21 ott 2009 14:25
- Località: Legnago (Verona)
Aggiungo anche Boccaccio, Dec., II 8 87:PaDaSu ha scritto:Infine vorrei richiamare l'attenzione anche su Dante - Inferno - XXIX - 76-78, dove 'ragazzo' è inteso come addetto al cavallo.
[…] col quale il prod’uomo, cioè il conte, andò e, senza essere da alcuno riconosciuto, dimorò nell’oste per buono spazio a guisa di ragazzo…
Il prod’uomo è il conte d’Anguersa (Anversa), che, ormai vecchio e ridotto in povertà dalla sorte avversa, finisce a «attendere a’ cavalli» in casa della figlia Giannetta/Violante, essendo però da lei incognito.
Il passaggio, credo soltanto toscano, da P a Q (poi G o k) pare che richieda una F o PH, come nei seguenti casi:Carnby ha scritto:Questa è interessante perché ha la stessa motivazione di toso, nome settentrionale che indica, appunto, il ragazzo. Inoltre potrebbe facilmente essere accostata a rapaz e simili. Il problema è spiegare come in alcuni casi si sia avuta una lenizione massima fino al dileguo (l'inserimento di -g- è meno problematico)Souchou-sama ha scritto:Der. di rapare, per l’antica usanza di tagliare a zero i capelli dei bambini, con lenizione e dileguo di -p- e successivo inserimento di -g-. (Devoto-Oli)
spuma-schiuma
sferza-squerza
spasimo-squasimo
spillo-squillo (zipolo)
respitto-resquitto (attesa, da rispetto)
- u merlu rucà
- Moderatore «Dialetti»
- Interventi: 1340
- Iscritto in data: mar, 26 apr 2005 8:41
Potrebbe esserci anche un'ipotesi germanica. In un bloggo ho trovato questo:
Sempre in rete ho trovato:Le radici barbariche della lingua italiana sono molto più profonde di quello che si potrebbe pensare, oggi per caso ho trovato l'etimologia del lemma ragazzo / ragazza, che è abbastanza banale e deriva dall'antico alto tedesco raha, raga che significa pertica, stanga, radice germanica raho. L'analogia è dovuta al fatto che i giovani nell'età dell'adolescenza si sviluppano molto in altezza facendoli assomigliare a delle pertiche.
Fonte: Köbler, Gerhard, Althochdeutsches Wörterbuch, 1994
Il tedesco non è sicuramente la lingua che conosco meglio, ma non mi sembra che l'ipotesi dell'origine germanica di ragazzo sia riportata nel testo da Köbler, quindi potrebbe trattarsi di un'idea del blogghista.Köbler, Gerhard, Althochdeutsches Wörterbuch
raha 19, rawa*, raga*, reia*?, ahd., sw. F. (n): nhd. Rahe, Stange,
Weberschiffchen, Weberkamm; ne. stake, yard; ÜG.: lat. ferula? Gl, figulus (=
raha Fehlübersetzung) Gl, fusticulus? Gl, (panucula) Gl, pecten Gl, pertica Gl, radius Gl; Vw.: s. galg-; Hw.: vgl. as. rõva*; Q.: Gl (765); E.: germ. *rahæ, st. F.
(æ), Stange, Rahe; s. idg. *rek- (1), V., Sb., ragen, Stange, Latte, Pokorny 863?;
W.: mhd. rahe, sw. F., Stange, Schiffsrahe; nhd. Rah, Rahe, F., Rahe, Segelstange,
DW 14, 62
Largu de farina e strentu de brenu.
- Infarinato
- Amministratore
- Interventi: 5603
- Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 10:40
- Info contatto:
Temo anch’io.u merlu rucà ha scritto:[N]on mi sembra che l'ipotesi dell'origine germanica di ragazzo sia riportata nel testo da Köbler, quindi potrebbe trattarsi di un'idea del blogghista.

Alla voce *rahō- dell’Etymological Dictionary of Proto-Germanic di Guus Kroonen (Leida 2013, «Brill») non è citato alcun prestito verso le lingue romanze (a differenza di quanto invece avviene puntualmente altrove).
La stessa terza edizione dell’Oxford English Dictionary (2008) continua a dare l’arabo raqqāṣ del DELI («messaggero») come etimo [certo] dell’italiano ragazzo.
Ma per quanto riguarda l'iberico rapaz?Infarinato ha scritto:La stessa terza edizione dell’Oxford English Dictionary (2008) continua a dare l’arabo raqqāṣ del DELI («messaggero») come etimo [certo] dell’italiano ragazzo.
Chi c’è in linea
Utenti presenti in questa sezione: Nessuno e 2 ospiti