Un dubbio congiuntivo

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Marco1971
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Un dubbio congiuntivo

Intervento di Marco1971 »

Leggo qui questo titolo: Spigolature da Ruggero Bonghi, Perché la letteratura italiana non sia popolare in Italia, p. 15

Non ho questo numero della Crusca per voi ma escluderei, a senso, l’interpretazione di perché con valore finale. Mi suona strano questo congiuntivo, avrei scritto Perché la letteratura italiana non è popolare in Italia, poiché si presenta come un’interrogativa diretta. Invece, Del perché la letteratura italiana non sia popolare in Italia a me parrebbe corretto. Che ne pensate?
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Freelancer
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Intervento di Freelancer »

Questo libro è stato scritto prima del 1923. E lo stile con cui è scritto lo mostra. Provi anche a leggere le pagine disponibili su Amazon e soprattutto i brani dove compare popolare, forse il dubbio si chiarirà.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Almeno, a parte il dubbio congiuntivo, la certezza è che la letteratura italiana non è popolare in Italia. :D
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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marcocurreli
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Intervento di marcocurreli »

In rete ho trovato questo.
E su Internet Archive c'è il libro completo.

La mia ipotesi è che abbia usato il congiuntivo per dare al titolo un carattere volutamente dubbio, tra l'interrrogativa diretta e il valore finale, quest'ultimo come risposta ironica al pensiero dominante dell'epoca (col significato di "non sia mai che...").
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Grazie! :) La sua ipotesi mi pare plausibile e mi soddisfà. :)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Sandro1991
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Intervento di Sandro1991 »

Mi sono appena imbattuto in questa frase (d’un importante testo di filosofia): «Di alcuni [argomenti] ci ricordiamo, e quelli di cui non ci ricordassimo, sei tu qui presente a segnalarceli».

1) È corretta?!

2) Se lo fosse: vi pare di buon registro e scorrevole?

P.S. Io, d’istinto, dico: 1) No. 2) No.
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

La seconda parte del periodo contiene una dislocazione a sinistra; retoricamente, si tratta di un anacoluto. La sensazione di poca scorrevolezza può originare dalla compresenza di due costruzioni sintattiche di messa in rilievo: oltre alla già citata dislocazione, in «sei tu qui presente a segnalarceli» abbiamo una frase scissa.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

A me piace questa frase. L’anacoluto, adoperato con gran parchezza, può dare ottimi risultati stilistici. :)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Sandro1991
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Intervento di Sandro1991 »

Pensavo che si parlasse di dislocazione solo all’interno della frase, non nel periodo… a quale parte ti riferisci?

Quindi, quel congiuntivo è corretto?
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Sandro1991 ha scritto:Quindi, quel congiuntivo è corretto?
Correttissimo. :)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Sandro1991 ha scritto:Pensavo che si parlasse di dislocazione solo all’interno della frase, non nel periodo… a quale parte ti riferisci?
A questa: «quelli di cui non ci ricordassimo, sei tu qui presente a segnalarceli». «Quelli di cui non ci ricordassimo» è l'oggetto dislocato a sinistra, il pronome enclitico li di segnalarceli è il clitico di ripresa.

Mi pare che la frase che hai citato sia tratta da un dialogo di Platone (mi suona familiare). Se è cosí, l'anacoluto, come ha detto Marco, dev'essere una precisa scelta di stile del traduttore. Anche a me garba. :)
Ultima modifica di Ferdinand Bardamu in data dom, 28 ott 2012 19:35, modificato 1 volta in totale.
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Sandro1991
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Intervento di Sandro1991 »

Capisco; grazie, Marco. :)
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Sandro1991
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Intervento di Sandro1991 »

Sí, ricordi bene, Ferdinand. :)

L’intenzione di riprodurre un dialogo giustificherebbe la forma della frase, sí, se tutta la traduzione fosse coerente con questo principio. In genere, i dialoghi platonici sono mal tradotti (…e gira ancora la traduzione di Emidio Martini del Cratilo!). Socrate −ci ricordano tutti− parlava un linguaggio dimesso e semplice, sicché i traduttori questo dovrebbero riprodurre; ma cosí non è. Ritornando alla frase, ch’è detta da Timeo −che ha un ruolo solenne all’interno del dialogo−, e non da Socrate, riproduce sí il parlato, ma è alternata a frasi che di parlato hanno ben poco; sicché, piú che una scelta di stile, mi pare un «errore» che −a quanto vedo− ha avuto successo. A ogni modo, la frase continua a suonarmi importuna e singultante.

Grazie per il commento. :)
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Di nulla. :) Platone lo lessi al liceo nella traduzione di Manara Valgimigli, per me molto bella, ma non so quanto fedele all'originale (non conosco il greco, purtroppo).
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