Come potete vedere le pronunce descritte nei testi sono spesso convenzionali; inoltre ringrazio per l'utile precisazione sulla durata.
Carnby ha scritto:Scilens ha scritto:Il suono [kx] invece, per come lo sento negli esempi, mi ricorda il calabrese, credevo che non esistesse in toscano, non mi ricordo d'averlo mai sentito, nemmeno nel Mugello o ad Arezzo, ma devo esserci restato poco.
Quello del calabrese è [kʰ] (fono occlusivo velare aspirato, Canepari trascrive semplicemente [kh]); si può avere anche in Toscana, per enfasi in sillaba accentata (naturalmente quando
non c'è gorgia: per es. [uŋ"kʰa:ne]).
Ha senz'altro ragione, lo uso anch'io in condizioni emotive alterate, ma non m'era venuto in mente perché la mia attenzione era focalizzata sulla gorgia.
Mi trovo tuttavia costretto ad insistere sul suono [x] di 'la chasa', perché non ho mai detto 'la hasa' e pur riuscendoci mi pare innaturale e forzato come fosse l'imitazione d'un toscano. Penso che siano i limiti dell'IPA e degli esempi ascoltabili a farci divergere, perché son certo che di persona ci capiremmo al volo.
Daltronde lo studio si basa sullo scritto, con moltissimi studiosi che non son toscani ed hanno idee talvolta anche vaghe sulla reale pronuncia sul campo, come ho riscontrato.
Mettiamoci anche l'orecchio, che ha la sua parte non trascurabile ed ecco che un suono viene trascritto in un modo o in un altro che per forza di cose si avvicina pur senza mai esser quello reale, che cambia da paese a paese e che nel tempo va uniformandosi in stereotipi, come ho sentito succedere in questi ormai tanti anni. I mezzi di comunicazione di massa (stavo per scrivere mass media, ma ho capito la ragia e condivido in pieno) hanno un'azione completamente dirompente nelle logiche e consuetudini fonetiche, fin nei villaggi minori che anzi, consci d'esser periferici (si considerano solo arretrati anziché custodi di una conoscenza insostituibile che lasciano dimenticare per sempre), assorbono come spugne perfino l'oggidì cosiddetto "ìncavo", e le s che da sorde da un giorno all'altro divengon sonanti, e il "credo che è" che da errore blu diventa la norma, complici gl'insegnanti troppo spesso inconsapevolmente ignoranti sommati alla gloria del "non ho studiato" che nella mentalità comune dovrebbe brillare come una medaglia sul petto.
Ma tant'è.
Dopo un'incubazione plurisecolare, la mummia d'una lingua nata morta su polverosi tavoli, oggi, dopo cinquant'anni, finalmente (?) è traviata ma viva e cresce e crea. Crea anche mostri incontrollati frutto d'ignoranza dovuta ad ignavia, in ossequio al tempo risparmiato, che si spandono. Attenzionare. Dimissionare. Relazionare. Le violenti piogge. Ha piovuto (chissacchì)...
Coraggio, c'è solo da adattarsi.
SinoItaliano scrive:
Io lo uso soprattutto per frasi cattive, tipo «[ʆ]tupido», «che [ʆ]chifo», «te 'e (le) [ʆ]tacco que'e (quelle) mani!»
Anche in Toscana pronunciare la s come sh corrisponde ad un rafforzativo: una teshtata è sempre più grave di una semplice testata, nonostante comunemente dica capata, o per restare in argomento, una chapata (una hapata per me è fiorentino e una 'apata è pisano, pistoiese e lucchese).
Insieme a quello "shtupido" non Le viene anche una bella t aspirata-esplosiva simile a "ShTHU'pido"? Anche senza substrato cinese? Perché forse è una tendenza più umana che nazionale.
Concordo anche su schifo, che detto in napoletano fa ancora più Shchifo, controllato perché rigettato; ma qualora si volesse coinvolgere nell'emozione, allora con una bella s sibilante, "ssskiifo", potrebbe essere maggiormente pregnante ed efficace.
Cerco di tornare più vicino all'argomento originario.
Cito da
http://www.mauriziopistone.it/testi/dis ... scano.html
"...un'illuminante pagina di Francesco D'Ovidio, tratta da "Le correzioni ai Promessi Sposi e la questione della lingua", edito nel lontano 1895 (4a edizione!!):
"L'Italia non si appropriò se non del fiorentino scritto, e anche di questo fin dove poteva senza sforzo o con sforzi tollerabili. Ciò ebbe i suoi effetti specialmente sulla pronuncia, alcuni vezzi della quale, come il cosiddetto 'c' aspirato di fico o il 'c' e il 'g' sibilante di pace e regina, non significati dalla scrittura, restaron regionali. Avvenne anche di più. Essendosi dai toscani smesso di scriver bascio, camiscia, perché codesto mite suono [
sc] non si cambiasse con quello più gagliardo [
ssc] che è in fascia, mentre invece è pari a quello toscaneggiante di pace, ne derivò che quegli italiani che pronunzian pace con un vero 'c', ossia con quel che i Toscani stessi fan sentire in selce o in faccia, lo estesero anche a bacio e camicia. I quali però, venendo da basium e camisia non si pronuncian con un vero 'c' in nessun dialetto.... La pronunzia insomma che di bacio o fagiuolo si suol fare in gran parte di Italia, se non è conforme al toscano, non segue nemmeno le parlate locali, ed è una creazione tutta letteraria."
Insomma: le varietà regionali non toscane, e lo stesso italiano standard, sono figlie della scrittura, della rappresentazione grafica della lingua italiana. La domanda, che tutti si rivolgono da tempo, è se la diffusione dei mass media provocherà un tale capovolgimento di fronte da far sì che sia la scrittura a doversi adattare alla rappresentazione "televisiva" dell'italiano standard (più o meno romanesco)." (fine citazione)
Tornando un pochino indietro, Par Larson scrive che le forme come 'arbero' "andranno attribuite non a rotacismo bensì ad assimilazione a distanza".
Avrei pensato che la forma con la r fosse quella originaria, del latino 'arborem' e non ci fosse nulla di strano nel mantenere la r. Forse è più inconsueta la forma "albero", che poi si afferma probabilmente come iper correzione di una forma che pareva villana. Nello stesso modo mi spiego l''albitro'.
In Dante si trova "arbuscelli" che mi pare che possa esser dovuto alla gorgia, da arbucelli, poiché fuor di Toscana s'incontrano le forme "arbuseli" e "arbosei".
Il Tommaseo nel suo dizionario
http://www.dizionario.org/d/?pageurl=brillo-19288 e anche la Crusca, per esempio,
http://books.google.it/books?id=7YI-AAA ... CEEQ6AEwCQ alla voce 'bronco' usano il termine 'arbucelli', vocabolo diffusissimo nei secoli passati, preferito anche dal Magnifico e dal Foscolo.
Parole di questo tipo dovrebbero essercene diverse, come anche poscia, ruscello, ambascia, sembrano nascere dalla gorgia.