«Aspettazione»

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Marco1971
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«Aspettazione»

Intervento di Marco1971 »

Dietro suggerimento di Fausto Raso, propongo qui l’aulente aspettazione, che in un registro alto può sostituire attesa, aspettative. Ecco la trattazione del Treccani:

aspettazióne s. f. [dal lat. exspectatio –onis]. – L’atto di aspettare; il sentimento, la condizione di chi aspetta: essere in a., in grande a., essere pieno d’a.; considerare la vita presente come un’a. della vita futura; accadere secondo l’a., contro o fuori di ogni a.; guardandola con un’aria d’a. supplichevole (Manzoni). Anche, la speranza che si ripone in qualcuno, o che qualcuno aveva fatto concepire di sé: rispondere, venire meno all’a.; superare, deludere, tradire l’a. (dei parenti, degli amici, ecc.). Nell’uno e nell’altro sign., è meno com. di attesa, aspettativa.

Da notare che si usa perlopiú al singolare (deludere l’aspettazione vs deludere le aspettative). Qualche esempio illustre:

Molti vi furono, i quali sostennero che la cometa deluderebbe l’aspettazione dell’Astronomo; ma si sottomisero allora quando conobbero che la cometa medesima si era a lui interamente sottomessa. (Leopardi, Storia dell’astronomia...)

Aveva come l’antiveggenza indistinta d’una qualche felicità soprannaturale, superante la sua aspettazione, avanzante i suoi sogni, soverchiante le sue forze. (D’Annunzio, Il Piacere)

Parve a Giustino che egli, egli solo, lí dal fondale, con l’ansia sua, con la sua brama, con tutta l’anima in un tremendo sforzo supremo strappasse dalla sala, dopo un attimo eterno di voraginosa aspettazione, gli applausi, i primi applausi, secchi, stentati, come un crepitío di sterpi, di stoppie bruciate, poi una vampata, un incendio: applausi pieni, caldi, lunghi, lunghi, strepitosi, assordanti... (Pirandello, Suo marito)

Cerchiamo di tenere in vita il cangiantismo della lingua. :)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

E che cosa dici di espettazione, che meglio ricalca l’etimo exspectatione(m)? Il Treccani in linea lo marca come variante letteraria antica di aspettazione. Potrebbe alternarsi con aspettazione o appartiene, in effetti, a un registro ancora piú alto?
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Eh sí, è di registro piú alto. Non se ne trova attestazione nella BIZ[a] oltre Leopardi. Da riservare dunque a scritti molto letterari. :)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Ti ringrazio. :)
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Freelancer
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Re: «Aspettazione»

Intervento di Freelancer »

Marco1971 ha scritto:Dietro suggerimento di Fausto Raso, propongo qui l’aulente aspettazione, che in un registro alto può sostituire attesa, aspettative. Ecco la trattazione del Treccani:

aspettazióne s. f. [dal lat. exspectatio –onis]. – L’atto di aspettare; il sentimento, la condizione di chi aspetta: essere in a., in grande a., essere pieno d’a.; considerare la vita presente come un’a. della vita futura; accadere secondo l’a., contro o fuori di ogni a.; guardandola con un’aria d’a. supplichevole (Manzoni). Anche, la speranza che si ripone in qualcuno, o che qualcuno aveva fatto concepire di sé: rispondere, venire meno all’a.; superare, deludere, tradire l’a. (dei parenti, degli amici, ecc.). Nell’uno e nell’altro sign., è meno com. di attesa, aspettativa.
Mi piace di più la concisa definizione del Devoto-Oli:
Attesa in cui siano impegnati passioni e sentimenti; speranza.
che colpisce perfettamente il centro della parola.
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Leopardi, nel Dialogo di Plotino e Porfirio, usa sia aspettazione sia espettazione nel volgere di un paio di pagine (grassetto mio):

Porfirio […] E sarebbe un conforto dolcissimo nella vita nostra, piena di tanti dolori, l’aspettazione e il pensiero del nostro fine. […] Ed oltre che di molto lieve conforto sarebbe eziandio la espettazione certa di questo bene, quale speranza hai tu lasciato che ne possano avere anco i virtuosi e i giusti; se quel tuo Minosse e quello Eaco e Radamanto, giudici rigidissimi e inesorabili, non hanno a perdonare a qualsivoglia ombra o vestigio di colpa?
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