L’italiano non è piú una lingua
Moderatore: Cruscanti
- Ferdinand Bardamu
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Mah, la perplessità non sorge tanto per la volontà di attenuare l’idiomaticità all’italiano1, quanto per la subordinazione a un’altra lingua. Perché un testo di legge dev’essere traducibile in inglese? A che pro? Anche questo «ce lo chiede l’Europa»?
1Non sarei cosí certo che la proposta voglia combattere il burocratese: mi sembra invece s’accordi col classico intramontabile della modernizzazione e l’apertura al mondo.
1Non sarei cosí certo che la proposta voglia combattere il burocratese: mi sembra invece s’accordi col classico intramontabile della modernizzazione e l’apertura al mondo.
- Souchou-sama
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Non so quale sia esattamente il fine della proposta; il mio è un discorso piú ampio: trovo che la traducibilità in un’altra lingua —non necessariamente l’inglese, che però in questi casi è una buona lingua d’arrivo— sia sempre un principio importante, perché —al di fuori della poesia e della prosa poetica— ciò che non è [facilmente] traducibile, di solito, è un termine volutamente vago o un giro di parole confuso —e che vuol confondere—, se non semplicemente vuoto. Quindi, ripeto e anzi rinforzo il concetto: con o senza questa proposta, gli articoli dovrebbero sempre essere scritti in modo tale da esser facilmente traducibili in altre lingue. «Tradurre» significa estrapolare i concetti da una lingua A e ri-esprimerli in una lingua B: se questo processo risulta difficoltoso o addirittura si blocca, vuol dire che la lingua A non ha espresso quei concetti in modo chiaro — e questo conta in una norma: i concetti ch’essa esprime. 

- Ferdinand Bardamu
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Codesto è pacifico: una legge non è un romanzo o un poema, perciò dovrebbe essere scritta nel modo piú chiaro possibile. Ma, nel caso di specie (perché di quello stiamo discutendo), perché vincolare la chiarezza alla traducibilità (solo per il codice del lavoro tra l’altro)? Per scrivere in maniera piú semplice è necessario davvero il confronto con un’altra lingua? Idealmente, direi che aiuta, è un buon metodo, ma non ne vedo l’assoluta necessità. Non mi pare che la campagna per l’inglese semplice (plain English) sia nata collo specifico scopo di render piú facile, per dire, la traduzione in spagnolo. O sbaglio?
- u merlu rucà
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Specialmente i testi di legge non sono scritti per esser compiuti in sé stessi, ma per essere interpretati: in parte per lasciare scappatoie (ma questa è un'altra faccenda), ma soprattutto per la natura stessa della norma giuridica che deve descrivere una fattispecie astratta a cui poi vi devono essere ricondotte fattispecie concrete.
Ultima modifica di PersOnLine in data sab, 01 dic 2012 21:33, modificato 1 volta in totale.
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Re: Leggi traducibili in inglese
Una tale affermazione, se fatta da un politico, e a meno che questi non provenga da un passato nel settore traduzioni, si qualifica immediatamente come priva di valore. È vero che esiste il concetto di 'lingua semplificata' (controlled English) che viene usata da multinazionali che producono milioni di pagine di documentazione per i mercati di tutti il mondo e hanno la necessità di renderli comprensibili a persone non di madrelingua inglese o facilmente traducibili da programmi di traduzione automatica, ma non credo che nei vari paesi si scrivano le norme di legge pensando alla loro traducibilità.PersOnLine ha scritto: [...]ma ora un certo candidato fiorentino (!) vorrebbe un nuovo codice del lavoro con pochi articoli «chiari» – e questo è più che condivisibile – ma soprattutto «traducibili in inglese» [...]
M'immagino che il politico avesse in mente 'le leggi vanno scritte in modo chiaro' e in base a concetti vaghi sul fatto che l'inglese è conciso e così via, abbia aggiunto 'scriviamole in modo che si possano tradurre facilmente'.
Parole che lasciano il tempo che trovano. I candidati dovrebbero concentrarsi di più sui complessi nodi economici che affliggono l'Italia, ma voglio stare lontano dalla politica in questa sede.

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Temo sia pure peggio: è la classica ipocrisia italiana: ammantarsi di anglosassonità, attraverso l'anglolalia, come se così si facessero proprie quelle virtù che, a torto o a ragione, vengono attribuite alla cultura anglosassone. Una sorta d'atavica vergogna d'esser latini.Carnby ha scritto:...è solo il classico modo di fare all'italiana. Gli italiani non parlano inglese? Creiamo una lingua ibrida, così gli italiani crederanno di parlare inglese!
Direi piuttosto vergogna d'esser italiani. In effetti un certo (superficiale) orgoglio del nostro passato remoto non ci manca [forse perché è facile evitare il confronto con i morti e sepolti]; quello che non abbiamo è la consapevolezza di ciò che potremmo essere oggi e, soprattutto, un briciolo d'amor proprio.PersOnLine ha scritto:Una sorta d'atavica vergogna d'esser latini.
In una recente traduzione, di tale Sebastiano Seno, d'un articolo del New York Times si legge [la sottolineatura è mia]:
«Sei anni fa, un follow up a lungo termine di un trial randomizzato mostrò come un quarto dei tumori riscontrati con lo screening fosse un caso di over-diagnosi.»
Quella è mancanza di rispetto per il lettore, ancor prima che per la nostra lingua.
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Ecco il Restitution Day: c'è bisogno di commentare? 

- caixine
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Non si disperi, caro Marco, anche gli svizzeri ticinesi parlano italiano come seconda lingua e così anch'io che sono veneto.Marco1971 ha scritto:Siamo rimasti in quattro gatti a saper parlare italiano.
Se non mortificano e umiliano la mia lingua veneta (che cerco di parlar e di scrivere bene) e la mia libertà di essere veneto e di auspicare una sovranità politica veneta, non ho ragione di buttar via la lingua italiana e di non cercare di parlarla e scriverla al meglio (?), liberata però dai pesi e dalle miseria del nazionalismo statale e ideologico e da certe presunzioni di egemonia e superiorità culturale e di civiltà.
Non mi dispiacciono i forestierismi e tra questi per me vi è anche il latino, che considero a tutti gli effetti lingua foresta anche se imparentata, come sono lingue foreste e imparente tutte le lingue d'Europa (tutte, anche quelle dette dialetti). Per la mia lingua veneta anche l'italiano è una lingua foresta, come il latino, il tedesco, il greco, lo slavo, l'arabo e tante altre.
L'Europa è la nostra patria continentale.
Foresto è tutto ciò che è fuori sia vicino che lontano.
Per me il segno principe di buona cultura è il rispetto per gli altri e per la loro diversità; le citazioni dal latino hanno lo stesso valore di quelle dal greco, dal tedesco, dal veneto, dal sardo, dall'etrusco, dal russo, dalle lingue africane, dall'emiliano ... il latino e il greco non sono lingue umane superiori e il conoscerle non è un segno di una cultura superiore; certo più si conosce meglio è però questa è regola che vale per tutte le lingue sensa discriminazioni.
Ke bela ke la xe la me lengoa veneta, na lengoa parlà co' piaser anca dal bon Dio!
Alberto Pento
Alberto Pento
- Ferdinand Bardamu
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È cortesemente invitato a rileggere e, possibilmente, mandare a memoria il punto 2 del nostro Decalogo del Buon Cruscone. Grazie.caixine ha scritto:Se non mortificano e umiliano la mia lingua veneta (che cerco di parlar e di scrivere bene) e la mia libertà di essere veneto e di auspicare una sovranità politica veneta, non ho ragione di buttar via la lingua italiana e di non cercare di parlarla e scriverla al meglio (?), liberata però dai pesi e dalle miseria del nazionalismo statale e ideologico e da certe presunzioni di egemonia e superiorità culturale e di civiltà.
- Ferdinand Bardamu
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