In Roma furono numerosi, oltre ai dotti germanici, gli artigiani (dai fornai ai calzolai, ai barbieri, agli albergatori, ai paternostrari, fino agli stampatori).
«Paternostraro»
Moderatore: Cruscanti
«Paternostraro»
A pag. 31 del libro Roma anno 2750 ab Urbe condita di A. Ravaglioli (Newton & Compton 1997) ho trovato questo termine, non presente nei vari dizionari in linea. Vernacolo romanesco?
Oggi com'oggi non si sente dire dieci parole, cinque delle quali non sieno o d'oltremonte o nuove, dando un calcio alle proprie e native. (Fanfani-Arlìa, 1877)
- Souchou-sama
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…O forse napoletano?
E se i napoletani l'avessero importato da Roma?Souchou-sama ha scritto:…O forse napoletano?
Oggi com'oggi non si sente dire dieci parole, cinque delle quali non sieno o d'oltremonte o nuove, dando un calcio alle proprie e native. (Fanfani-Arlìa, 1877)
- SinoItaliano
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Piano piano mi sto rendendo conto che non ci sono parole in -aro e -arolo in italiano standarde (a parte recenti coniazioni, tipo keb(b)abbaro), e che sono quasi sempre romanesche.
Recentemente mi sono stupito nell'apprendere che pizzicarolo si dice pizzicagnolo in italiano correggiuto.
Però... mi suona strano dire bibitaio invece di bibitaro.
Recentemente mi sono stupito nell'apprendere che pizzicarolo si dice pizzicagnolo in italiano correggiuto.
Però... mi suona strano dire bibitaio invece di bibitaro.
Questo di sette è il piú gradito giorno, pien di speme e di gioia: diman tristezza e noia recheran l'ore, ed al travaglio usato ciascuno in suo pensier farà ritorno.
- Souchou-sama
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Se può consolarla, penso che il romanesco stia influenzando de bbrutto l’italiano [neutro]: nessuno direbbe mai *bibitaio, *kebabbaio, *paninaio1 e cosí via, neanche qui al Norde.
1 Non so se questo significato sia accettabile in italiano neutro, ma al Liceo chiamavamo paninaro il tizio che vendeva panini all’interno della scuola.
1 Non so se questo significato sia accettabile in italiano neutro, ma al Liceo chiamavamo paninaro il tizio che vendeva panini all’interno della scuola.

- u merlu rucà
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Non necessariamente a indicare mestieri: v. discotecaro, metallaro, rockettaro, ecc.u merlu rucà ha scritto:Diciamo che è il suffisso -aro del romanesco che si sta espandendo.
Oggi com'oggi non si sente dire dieci parole, cinque delle quali non sieno o d'oltremonte o nuove, dando un calcio alle proprie e native. (Fanfani-Arlìa, 1877)
- u merlu rucà
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Aggiungerei, dal lessico sportivo, panchinaro.Zabob ha scritto:Non necessariamente a indicare mestieri: v. discotecaro, metallaro, rockettaro, ecc.u merlu rucà ha scritto:Diciamo che è il suffisso -aro del romanesco che si sta espandendo.
- Ferdinand Bardamu
- Moderatore
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E però il suffisso mantiene una connotazione negativa che (l’ormai negletto) -aio non ha. Un ipotetico *chebabbaio creerebbe nella mente dell’interlocutore un’immagine di genuinità e pulizia che il chebabbaro, coi suoi lurchi avventori macchiati di iogurt e salsa rubra, non ha. (Ai chebabbari che ci leggono: si fa per dire.) 

- u merlu rucà
- Moderatore «Dialetti»
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- Iscritto in data: mar, 26 apr 2005 8:41
Aggiungo che oggi a Firenze nessuno dice paninaio: tuti dicono paninaro. Ma il paninaro fiorentino non è quello della Milano anni '80: è semplicemente un venditore (spesso ambulante) di panini. Tradizionalmente, in Toscana il suffisso -aro era riservato a macellaro e notaro, secondo alcuni studiosi termini mediani o romaneschi che avrebbero sostituito nel tempo le «normali» parole toscane in -aio.
- Souchou-sama
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- u merlu rucà
- Moderatore «Dialetti»
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- Iscritto in data: mar, 26 apr 2005 8:41
Per macellaro potrebbe essere, ma per notaro ho qualche dubbio, in quanto nel mio dialetto si dice nutàru (l'esito ligure sarebbe -à e cadrebbe la -t-). Direi che è più probabile un prestito dotto comune nei vari dialetti.Carnby ha scritto:Aggiungo che oggi a Firenze nessuno dice paninaio: tuti dicono paninaro. Ma il paninaro fiorentino non è quello della Milano anni '80: è semplicemente un venditore (spesso ambulante) di panini. Tradizionalmente, in Toscana il suffisso -aro era riservato a macellaro e notaro, secondo alcuni studiosi termini mediani o romaneschi che avrebbero sostituito nel tempo le «normali» parole toscane in -aio.
È probabile: nella Sonnambula di Bellini, Amina esclama: «Il notaro!»u merlu rucà ha scritto:Direi che è più probabile un prestito dotto comune nei vari dialetti.

Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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