'Lady di ferro'
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'Lady di ferro'
È morta Margaret Thatcher, e sembra che fosse assolutamente impossibile parlarne senza tirare fuori la ‘lady di ferro’. A me sembra, correggetemi se sbaglio, un ennesimo esempio di faciloneria giornalistica. Nell’originale Iron Lady la parola lady ha il valore allargato e banalizzato per cui è lady qualunque donna, anche una mendicante, che passa per la strada. È un’evoluzione simile a quella del latino domina o del tedesco Frau, che in origine significava anch’esso domina, e che adesso, per designare una persona su un piano un po’ formale, va bene solo se seguito da un nome o da una qualifica, altrimenti è irriguardoso e bisogna dire Dame. Domina e Frau sono scesi cosí di un ulteriore gradino, in cnfronto con lady. Portata in un contesto straniero, la stessa parola evoca invece un concetto molto piú ristretto e limitato (un altro sviluppo di cui sarebbe facile portare cento esempi), quello di un’aristocratica inglese, ciò che la figlia del droghiere di Grantham non era. Bisognava rendere Iron Lady con Signora di ferro, ma la parola inglese era una pennellata di colore cui era difficile rinunciare.
- Souchou-sama
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In effetti il termine lady è piuttosto ambiguo. In italiano può significare «moglie o figlia d’un lord»; ma, per estensione, anche «donna di grande signorilità, estremamente elegante e raffinata». Certamente la prima definizione non è corretta, mentre la seconda non è veramente pertinente, se si parla della Thatcher. Se può interessare, per esempio in giapponese si dice Tetsu no onna, cioè «La donna di ferro».
- Ferdinand Bardamu
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Mi ritrovo nell’analisi di Manutio. Che bisogno c’è di creare un ibrido? Quanto alle versioni italiane, ho sentito anche dama di ferro: l’evocazione della nobiltà della Thatcher non è fuori luogo, ché, benché di umili origini, fu insignita di alcune onorificenze.
- Souchou-sama
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Non mi pare che ci sia alcunché d’innaturale: migliore e peggiore possono essere sia anteposti sia posposti al sostantivo che qualificano. Esempi illustri di anteposizione abbiamo sin dalle origini, e ininterrottamente fino ai giorni nostri:Souchou-sama ha scritto:...non posso controllare se sia solo una mia impressione, che un tale costrutto suoni un po’ innaturale…
...qual fosse la migliore parte tra disfare o lasciare. (Brunetto Latini, La rettorica)
La migliore cagione ci dee porgere speranza di vittoria... (Boccaccio, Filocolo)
Però la migliore fortezza che sia è non essere odiato dal populo... (Machiavelli, Il Principe)
Mi narrò in poco come avendo egli consunta la migliore età militando, e spesovi il tenue suo patrimonio, aveva finalmente conseguito una compagnia e la croce... (Foscolo, Viaggio sentimentale di Yorick)
...si querelava aspramente che il vino, l’olio e le pentole fossero stati anteposti al genere umano, il quale diceva essere la migliore opera degl’immortali che apparisse nel mondo. (Leopardi, La scommessa di Prometeo)
Il principe Metelliani frequentava la migliore società di Firenze, e avea conosciuto la signora Manfredini all’ambasciata di Napoli... (Verga, Eros)
Lei, signor mio, dica pure quel che vuole: è padrone! Ma guardi: la migliore risposta è quella lì! (Pirandello, Dal naso al cielo)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
- Souchou-sama
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Difficile da fare: bisognerebbe selezionare sintagmi precisi... A ogni modo, si sa che la posposizione dell’aggettivo conferisce a esso maggior pregnanza.
In altri casi entrano in gioco fattori ritmici o cristallizzazioni. Insomma, abbiamo una possibilità espressiva che, in questo caso, l’inglese non ha. 


Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
- Ferdinand Bardamu
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