Nell'occhio del ciclone

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Moderatore: Cruscanti

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Fausto Raso
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Nell'occhio del ciclone

Intervento di Fausto Raso »

Molto spesso si adopera l'espressione nell'occhio del ciclone per dire che una persona è nei guai. Ma, almeno all'origine, significava ben altro, quasi il contrario. L'occhio del ciclone - come si sa - è la regione centrale dell'anello dell'uragano dove la pioggia cessa, il vento è moderato e chi vi si trova è in una posizione relativamente piú tranquilla di quella dei suoi vicini investiti dalla tempesta. Il suo uso figurato nell'accezione di "essere nei guai" mi sembra, quindi, improprio.
«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Di quale origine parla? Quando per la prima volta fu adoperata quest’espressione? E secondo quale regola un’espressione non ha il diritto di assumere, eventualmente, significati traslati? O tutto ha da stare immobile, a guardarsi nello specchio delle proprie brame? Mi scusi, è solo che a volte, piú che di proprietà, mi sembra che lei discorra proprio d’immobilità... :roll:
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Marco1971
Moderatore
Interventi: 10445
Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 12:37

Intervento di Marco1971 »

Riporto, a ogni buon conto, la trattazione del Dizionario dei modi di dire della lingua italiana, di Carlo Lapucci:
Esser nell’occhio del ciclone: trovarsi costretto in mezzo a uno sconvolgimento, nel punto dove si verificano gli eventi determinanti e potersene rendere conto. Nella zona centrale del ciclone tropicale (occhio) si stabilisce un punto di bassa pressione, corrispondente a un settore di calma, esente dalla furia dei venti.
E il Battaglia cosí definisce l’espressione:
Essere nell’occhio del ciclone: trovarsi in una situazione gravemente imbarazzante, difficile, confusa, compromessa; avere grandi responsabilità.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Federico
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Intervento di Federico »

In effetti essere nell'occhio del ciclone per quanto possa essere una fortuna non è certo una situazione invidiabile, anche perché l'occhio si può spostare, credo.
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Manutio
Interventi: 113
Iscritto in data: mar, 12 mar 2013 9:48

Intervento di Manutio »

Gli usi del forum consentono di riprendere una discussione a sette anni di distanza? Se il materiale sta ancora in mostra, vorrà dire di sí. Vorrei spezzare una lancia, anche se impugnata colle mie deboli forze, a favore dell’intervento di Fausto Raso. La lingua italiana, mi pare, non è scarsa di espressioni, proprie e traslate, per dire ‘trovarsi nella bufera’, ‘stare nel mezzo della tempesta’ etc. Se qualcuno vuole introdurre una nuova metafora (cosa in sé legittimissima, anzi positiva, perché cosí vivono le lingue, lo dico per Marco1971) lo faccia con un minimo di precisione e appropriatezza. Come F. R., anch’io, che tutto sono meno che meteorologo, ho notato subito la stonatura in quell’occhio del ciclone tanto caro ai giornali e in genere ai modaioli della lingua. I vocabolari che registrano quest’uso adempiono al compito che si pongono tutti gli odierni vocabolari, quello di neutrale specchio della situazione. Forse chi ha introdotto questa nuova eleganza immaginava il ciclone, a livello subliminale, come una formidabile figura umana che fissa i malcapitati col suo occhio minaccioso (naturalmente scherzo). Ed è curioso osservare che tifone viene, credo di sapere, dal cinese tai-fun, ‘grande vento’, ma la parola è venuta a coincidere in italiano col nome di un mostro della mitologia greca, Τυφῶν. Oppure il primo che lo ha usato aveva nel subconscio una locuzione apparentata alla lontana, ma non impropria, anzi efficace: l’inglese in the teeth of the wind. Ma insomma, di questo occhio del ciclone non si sentiva il bisogno, per me ci rinuncio senza rimpianti.
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Carnby
Interventi: 5795
Iscritto in data: ven, 25 nov 2005 18:53
Località: Empolese-Valdelsa

Intervento di Carnby »

Manutio ha scritto:Ed è curioso osservare che tifone viene, credo di sapere, dal cinese tai-fun, ‘grande vento’, ma la parola è venuta a coincidere in italiano col nome di un mostro della mitologia greca, Τυφῶν.
L'origine di tifone è tutt'altro che chiara e le stesse parole cinesi dàfēng o táifēng (in giapponese taifū) potrebbero avere un'origine persiana o sanscrita, comune alle moderne forme europee; táifēng potrebbe esserea addirittura un prestito, dall'inglese typhoon. Insomma, come già per la faccenda di βορέας/буран/пурга/bora/buriana/burağan, l'unica cosa certa nella meteolinguistica è che non ci sono certezze. :)
Ultima modifica di Carnby in data mar, 23 apr 2013 15:30, modificato 1 volta in totale.
domna charola
Interventi: 1782
Iscritto in data: ven, 13 apr 2012 9:09

Intervento di domna charola »

Mi sembra che fra "essere nella bufera" o "nel mezzo della tempesta" ed "essere nell'occhio del ciclone" passi una certa differenza, meteorologicamente parlando (ma qui cedo la parola a Carnby); personalmente mi sento "nella bufera" quando mi arrivano scrosci d'acqua e colpi di vento da tutte le parti, quando sono sbatacchiata e trascinata e non riesco a opporre resistenza, quando insomma le avversità mi arrivano addosso e le subisco, son oalla loro mercé.
Mentre mi trovo nell'occhio del ciclone quando sono nel baricentro degli eventi caotici, il punto di equilibrio da cui vedo tutto e da cui sono chiamato a rispondere di tutto ciò che si muove vorticosamente attorno.
Sono due sfumature diverse. E non penso sia nemmeno un'espressione di questi ultimi anni. Almeno un mezzo secolo di vita secondo me lo ha.
Che poi i giornalisti ne abusino senza distinguere i significati, è un altro discorso.
Avatara utente
Manutio
Interventi: 113
Iscritto in data: mar, 12 mar 2013 9:48

Intervento di Manutio »

Ringrazio Carnby dell’erudita precisazione. Ho visto anch’io che il gioco dei rapporti fra Τῠφωεύϛ/Τῡφῶν-typhoon-dàfēng/táifēng è piú complicato e interessante di quel che immaginavo.
Domna Charola conferma efficacemente quello che avevamo già detto: se proprio vogliamo introdurre questa novità (alla scala della storia dell’italiano è una novità — e cinquant’anni mi sembrano troppi), usiamola con criterio, forse proprio nel senso che lei definisce, su cui però nell’uso reale non c’è alcuna intesa. Se guardiamo le cose come stanno, si tratta di un altro esempio di approssimazione e frettolosità giornalistica, che introduce qualcosa di superfluo, non un arricchimento.
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