Discussione sui traducenti di forestierismi
Moderatore: Cruscanti
Ritengo che "affiliazione commerciale" sia una traduzione accettabile per "franchising" (inteso come termine tecnico). Aggiungo che a vedere la rete sembra già timidamente in uso.
Per gli altri significati di "franchising" dovremmo prima elencarli (con delle frasi esempio) e poi cercare di tradurli - se lo si ritiene necessario.
Per gli altri significati di "franchising" dovremmo prima elencarli (con delle frasi esempio) e poi cercare di tradurli - se lo si ritiene necessario.
Effettivamente le attuali proposte per jet-lag, fusopatia o mal di fuso, non sono esattamente sublimi (anche se probabilmente è meglio mal di fuso)... stavo pensando: non sarebbe possibile tradurlo con "sindrome da fuso orario", eventualmente producendo un acronimo, come SFusO (si può fare di meglio, naturalmente)?
Sí, probabilmente mal di fuso è la soluzione migliore (anche qui è solo questione di abitudine).
Comunque, vedo nella relativa voce di Wikipedia (inglese):
«Jet lag (aka "jetlag" or "jet-lag"), is a physiological condition which is a consequence of alterations to the circadian rhythm. Such alterations result from shift work, transmeridian travel, or altered day length. They are known as desynchronosis, dysrhythmia, dyschrony, jet lag, or jet syndrome»
Si potrebbe sfruttare qualcuno di questi termini, forse.
Comunque, vedo nella relativa voce di Wikipedia (inglese):
«Jet lag (aka "jetlag" or "jet-lag"), is a physiological condition which is a consequence of alterations to the circadian rhythm. Such alterations result from shift work, transmeridian travel, or altered day length. They are known as desynchronosis, dysrhythmia, dyschrony, jet lag, or jet syndrome»
Si potrebbe sfruttare qualcuno di questi termini, forse.
Bene (per curiosità, nella Wikipedia francese è chiamato décalage horaire (syndrome); nella spagnola disritmia circadiana, descompensación horaria).
Visto che la revisione è completata (la lista non è ancora perfetta, ma cosa lo è mai?), potremmo passare a definire la cornice, le istruzioni per l'uso ecc.
Intanto ho raccolto le regole seguite per la revisione, stabilite un trenta o quarante pagine fa. Sicuramente manca qualcosa.
Nel rivedere la lista abbiamo seguito le seguenti regole generali.
1)In presenza di piú traducenti perfettamente sovrapponibili per lo stesso concetto, se ne è conservato solo uno, due o al massimo tre, secondo questa priorità: a)lemmatizzato; b)citato in un vocabolario; c)già in uso; d)proposta d'autore; e)"migliore" proposta nostra. Si sono cancellati inoltre i calchi non necessari (ad esempio perché in italiano il relativo concetto si può facilmente esprimere di volta in volta con altri termini [già esistenti]).
2)I traducenti sono stati ordinati secondo la priorità di cui sopra, dividendoli per ambiti (con un punto e virgola), specificati fra parentesi ove necessario (ling., inform., econ. ecc.).
3)Per rendere piú semplice orientarsi fra le traduzioni, inoltre, si sono messi: esponenti, in grassetto (con iniziale minuscola, salvo quando sia effettivamente richiesta la maiuscola); traducenti registrati «comuni» e/o risemantizzati, in tondo; nostre proposte (neoformazioni), in corsivo; proposte d’autore, in corsivo (col nome dell’autore e l’anno tra parentesi) (se un traducente appartiene a piú categorie, vale la piú alta).
4)Per le abbreviazioni si è fatto riferimento alla tabella delle abbreviazioni del dizionario De Mauro in linea.
5)Si sono cancellati i traducenti non pertinenti all'uso italiano.
E poi ci sono le convenzioni applicate per la punteggiatura (questa è la risposta che avevo dato alla richiesta di Marco sulle "convenzioni tipografiche", se non erro):
virgole fra i traducenti simili; punti e virgola per separare i gruppi di traducenti per significati diversi; punti per separare funzioni completamente differenti (verbo/sostantivo, ad esempio); barra / senza spazio né prima né dopo fra due parole alternative; con spazio prima e dopo fra due gruppi di parole alternativi; parentesi tonde "additive" (spiegazioni, esempi), quadre "sottrattive" (parole o loro parti non necessarie).
Visto che la revisione è completata (la lista non è ancora perfetta, ma cosa lo è mai?), potremmo passare a definire la cornice, le istruzioni per l'uso ecc.
Intanto ho raccolto le regole seguite per la revisione, stabilite un trenta o quarante pagine fa. Sicuramente manca qualcosa.
Nel rivedere la lista abbiamo seguito le seguenti regole generali.
1)In presenza di piú traducenti perfettamente sovrapponibili per lo stesso concetto, se ne è conservato solo uno, due o al massimo tre, secondo questa priorità: a)lemmatizzato; b)citato in un vocabolario; c)già in uso; d)proposta d'autore; e)"migliore" proposta nostra. Si sono cancellati inoltre i calchi non necessari (ad esempio perché in italiano il relativo concetto si può facilmente esprimere di volta in volta con altri termini [già esistenti]).
2)I traducenti sono stati ordinati secondo la priorità di cui sopra, dividendoli per ambiti (con un punto e virgola), specificati fra parentesi ove necessario (ling., inform., econ. ecc.).
3)Per rendere piú semplice orientarsi fra le traduzioni, inoltre, si sono messi: esponenti, in grassetto (con iniziale minuscola, salvo quando sia effettivamente richiesta la maiuscola); traducenti registrati «comuni» e/o risemantizzati, in tondo; nostre proposte (neoformazioni), in corsivo; proposte d’autore, in corsivo (col nome dell’autore e l’anno tra parentesi) (se un traducente appartiene a piú categorie, vale la piú alta).
4)Per le abbreviazioni si è fatto riferimento alla tabella delle abbreviazioni del dizionario De Mauro in linea.
5)Si sono cancellati i traducenti non pertinenti all'uso italiano.
E poi ci sono le convenzioni applicate per la punteggiatura (questa è la risposta che avevo dato alla richiesta di Marco sulle "convenzioni tipografiche", se non erro):
virgole fra i traducenti simili; punti e virgola per separare i gruppi di traducenti per significati diversi; punti per separare funzioni completamente differenti (verbo/sostantivo, ad esempio); barra / senza spazio né prima né dopo fra due parole alternative; con spazio prima e dopo fra due gruppi di parole alternativi; parentesi tonde "additive" (spiegazioni, esempi), quadre "sottrattive" (parole o loro parti non necessarie).
Chi non può procurarsi il giornale può leggere l’articolo nel blog(go) di Massimo Binelli.
- Freelancer
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- Iscritto in data: lun, 11 apr 2005 4:37
Ciò che mi ha colpito dell'intervista di Sabatini e mi fa riflettere è l'unica cosa che ancora non avevo sentito: a parere di Sabatini può essere opinione comune il fatto che una persona che insegna lingue o che vive all'estero sia portata ad abusare degli anglismi, quando invece è il contrario, ossia tanto meglio si conosce l'inglese e la realtà anglosassone, tanto meno ci si fa impressionare dai termini inglesi e minore è la tendenza a usarli.Marco1971 ha scritto:È uscita oggi l’intervista su La Nazione.
Sbaglio o oggi ci sono stati molti piú visitatori del solito qui nel forum?
Be', è logico: se non fosse comune l'idea che chi usa molti forestierismi lo fa perché è dotto, non ci sarebbe nemmeno tanto sfoggio di anglismi inutili da chi dotto non è ma tale vuole sembrare o comunque crede di essere.Freelancer ha scritto:a parere di Sabatini può essere opinione comune il fatto che una persona che insegna lingue o che vive all'estero sia portata ad abusare degli anglismi
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- Moderatore «Dialetti»
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- Iscritto in data: sab, 14 mag 2005 23:03
Concordo.Freelancer ha scritto:Ciò che mi ha colpito dell'intervista di Sabatini e mi fa riflettere è l'unica cosa che ancora non avevo sentito: a parere di Sabatini può essere opinione comune il fatto che una persona che insegna lingue o che vive all'estero sia portata ad abusare degli anglismi, quando invece è il contrario, ossia tanto meglio si conosce l'inglese e la realtà anglosassone, tanto meno ci si fa impressionare dai termini inglesi e minore è la tendenza a usarli.
Volevo porgere i miei complementi a Marco e Paolo per l’intervista.
Stavo riflettendo ancora una volta sul tema dibattuto e mi sono tornati in mente alcuni luoghi comuni che mi sorprendono molto, quando sento in TV discutere di questi argomenti.
Insomma invece di affermare che l’inglese si usa perché piace ed è di moda i commentatori cercano di dare al tutto un alone cultural-tecnico.
Ecco i tipici luoghi comuni (secondo me):
1. La confusione fra “parola nuova ” e “anglismo crudo” quando invece l’italiano in quel caso non crea secondo i suoi canoni ma semplicemente adotta parole dall'inglese copiandone scrittura, pronuncia e (spesso) grammatica. Io le chiamerei al massimo citazioni non certo nuove parole italiane.
2. Il giustificare spesso gli anglismi sulla base del “non esiste in italiano” come se fosse un dato di fatto che l’italiano non crea parole nuove.
3. Confondere l’evoluzione dell’italiano con la progressiva sostituzione di parole italiane con equivalenti inglesi. Al massimo si potrebbe parlare di cambiamento espressivo degli italiani.
4. Il confondere l’italiano canonico con i vari linguaggi di settore come se ci fosse un solo modo di parlare e comunicare.
5. Considerare il caso italiano come “normale”. In realtá quante lingue europee non hanno un termine ufficiale per “file”, “self-service” e “mouse” (tre parole prese a caso)?
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