Io però non ho mai detto che entrambi non condividano lo stesso etimo, ché questo mi pareva cosí pacifico da non doverlo nemmeno citare. Il mio discorso è un altro: essi, di fatto, sono verbi diversi, per i motivi che ho indicato sopra; motivi tra i quali non adduco, ovviamente, l’etimologia.bubu7 ha scritto:Non è così, caro Ferdinand, basta consultare un dizionario etimologico, come il DELI.
Il verbo è lo stesso con diverse accezioni consolidatesi durante la storia della parola.
«Tale un» & «riandare» transitivo
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Sinceramente questa diversità io non la vedo: mi sembrano delle normali estensioni di significato in senso più o meno figurato di uno stesso verbo.
).
Indirettamente sì quando ha affermato:Ferdinand Bardamu ha scritto:Io però non ho mai detto che entrambi non condividano lo stesso etimo...
Anche la seguente distinzione non mi sembra valida:Ferdinand Bardamu ha scritto: A mio parere non sono lo stesso verbo, se non per il fatto che condividono la medesima base all’infinito...
Nell'italiano moderno tutte le accezioni del verbo sono eteroclite (io riando non si può dire nella lingua standardFerdinand Bardamu ha scritto:...sia per la presenza/assenza di eteroclisia...

La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
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«Riandare» transitivo, coniugazione regolare
Niente affatto, né direttamente, né indirettamente! Io ho affermato che, a mio modo di vedere (opinabilissimo, certo), non sono di fatto lo stesso verbo, se si eccettua la base comune (ossia, in breve, l’etimo), la quale tuttavia, nel verbo transitivo, diverge al presente indicativo per l’assenza dell’eteroclisia, e al futuro semplice e il condizionale presente, per la presenza della forma non sincopata, ossia regolare (rianderò, ecc. e rianderei, ecc.).bubu7 ha scritto:Indirettamente sì quando ha affermato:
Ferdinand Bardamu ha scritto: A mio parere non sono lo stesso verbo, se non per il fatto che condividono la medesima base all’infinito...
Ho detto, insomma, l’esatto contrario di quello che lei mi attribuisce. Ripeto la mia posizione, ché magari son io che non mi so spiegar bene: sono formalmente lo stesso verbo, ma di fatto due verbi diversi, anche (in minima parte) per quanto riguarda la forma. È un’affermazione discutibile, certo, ma la prego di non attribuirmi cose che non ho mai detto.
Questo non è corretto: il verbo transitivo è regolare, come dimostra il DOP, il Treccani («come trans., nell’uso segue l’ordinaria flessione regolare, ma le forme con l’accento sul radicale [io rïando, ecc.] sono rare», s.v. «Riandare») e il Gabrielli citato sopra da Marco, oltre che le attestazioni letterarie che può trovare nella BibIt:bubu7 ha scritto:Anche la seguente distinzione non mi sembra valida:
Nell'italiano moderno tutte le accezioni del verbo sono eteroclite (io riando non si può dire nella lingua standardFerdinand Bardamu ha scritto:...sia per la presenza/assenza di eteroclisia...).
Ullin rianda le memorie antiche,
Sciogli il tuo canto, e ci rammenta i fatti
Degli abitanti della tomba oscuri. (Melchiorre Cesarotti, Poesie di Ossian)
Si riandi la schiera dei grandi creatori negli ordini dell’immaginazione, e dell’intelletto, e si vedrà che il maggior numero di essi non appartiene alla Francia... (Vincenzo Gioberti, Del primato morale e civile degli Italiani)
Vincenzo Monti è stato già citato sopra. Aggiungo un esempio dal Vocabolario della Crusca:
Quelli, i quali, avendo udito alcuna cosa, vi pensano dipoi sopra, e la riandano colla mente, si dicono Toscanamente, ma con verbo Latino, ruminare, e Fiorentinamente rugumare, e talvolta rumare. (Benedetto Varchi, Ercolano)
Lei stesso ha ricordato che si tratta, del resto, di un verbo obsoleto e di uso letterario, perciò non c’è proprio motivo di discostarsi dalla tradizione.
Re: «Riandare» transitivo, coniugazione regolare
A volte ci possono essere problemi di comunicazione ma l'importante è che ci siamo chiariti.Ferdinand Bardamu ha scritto: ...ma la prego di non attribuirmi cose che non ho mai detto.

Forse non mi sono spiegato bene: volevo dire che nell'italiano moderno (anche letterario) tutte i significati del verbo sono ricoperti dalla forma intransitiva: non si può dire riando le memorie antiche bensì rivado alle memorie antiche, e così via...Ferdinand Bardamu ha scritto:Questo non è corretto:...bubu7 ha scritto:Anche la seguente distinzione non mi sembra valida:
Nell'italiano moderno tutte le accezioni del verbo sono eteroclite (io riando non si può dire nella lingua standardFerdinand Bardamu ha scritto:...sia per la presenza/assenza di eteroclisia...).
Mi trovi in un romanzo moderno o in un articolo di giornale un riando ...

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Si è spiegato benissimo, invece, ma, forse, non mi sono spiegato bene io. Riandare transitivo è un verbo di uso raro oggi e ha un sapore letterario, come lei stesso giustamente ha detto: difficile perciò trovarne esempi in un giornale o in romanzo moderno.
La forma eteroclita del verbo è riservata soltanto all’intransitivo, e è d’uso comune. Al transitivo, invece, si coniuga regolarmente, senza eteroclisia e senza sincope delle forme (storicamente) derivate dall’infinito, cioè il futuro semplice e il condizionale presente, cosa che ne fa di fatto un altro verbo, anche se a ciò, a mio parere, concorrono anche le differenze semantica e azionale. Le ricordo che un altro derivato di andare si comporta allo stesso modo, ossia trasandare, che, nella forma transitiva, fa io trasando, tu trasandi, ecc.: non si può dire «*trasvado spesso il giardino».
I dizionari e le attestazioni letterarie che le ho citato — e, mi perdoni, ma mi sembra poco corretto ritagliare scampoli d’intervento e tralasciare il resto, ciò che mi costringe purtroppo a ripetermi — sono concordi nel dire e mostrare che si coniuga regolarmente. Pur avendo in odio l’ipse dixit, tenendo conto che riandare transitivo è un verbo raro e letterario (e sottolineo: letterario), io credo che si debba prendere atto che, pure oggi, se si volesse ricorrere a uno stile prezioso e ricercato, si potrebbe dire solo «io riando antiche memorie».
La forma eteroclita del verbo è riservata soltanto all’intransitivo, e è d’uso comune. Al transitivo, invece, si coniuga regolarmente, senza eteroclisia e senza sincope delle forme (storicamente) derivate dall’infinito, cioè il futuro semplice e il condizionale presente, cosa che ne fa di fatto un altro verbo, anche se a ciò, a mio parere, concorrono anche le differenze semantica e azionale. Le ricordo che un altro derivato di andare si comporta allo stesso modo, ossia trasandare, che, nella forma transitiva, fa io trasando, tu trasandi, ecc.: non si può dire «*trasvado spesso il giardino».
I dizionari e le attestazioni letterarie che le ho citato — e, mi perdoni, ma mi sembra poco corretto ritagliare scampoli d’intervento e tralasciare il resto, ciò che mi costringe purtroppo a ripetermi — sono concordi nel dire e mostrare che si coniuga regolarmente. Pur avendo in odio l’ipse dixit, tenendo conto che riandare transitivo è un verbo raro e letterario (e sottolineo: letterario), io credo che si debba prendere atto che, pure oggi, se si volesse ricorrere a uno stile prezioso e ricercato, si potrebbe dire solo «io riando antiche memorie».
A questo punto mi sembra che abbiamo esplicitato abbastanza chiaramente le nostre posizioni.
Grazie per il gentile contraddittorio.
Cerco comunque, nei limiti delle mie possibilità, di non tralasciare nulla di tutto il suo intervento.
Grazie per il gentile contraddittorio.

Voglio solo aggiungere, con la massima cordialità, che il fatto di ritagliare parti di intervento non è fatto con intenti maliziosi ma è dovuto alla necessità di non appesantire la replica e evidenziare una sua particolare affermazione.Ferdinand Bardamu ha scritto: ...mi perdoni, ma mi sembra poco corretto ritagliare scampoli d’intervento e tralasciare il resto...
Cerco comunque, nei limiti delle mie possibilità, di non tralasciare nulla di tutto il suo intervento.

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Mi riferivo non solo (e non tanto) all’esclusione di parti del mio intervento dalla citazione (che è comprensibile per ragioni pratiche), ma anche, e soprattutto, all’esclusione di parti fondamentali della mia argomentazione dalla sua risposta.bubu7 ha scritto:Voglio solo aggiungere, con la massima cordialità, che il fatto di ritagliare parti di intervento non è fatto con intenti maliziosi ma è dovuto alla necessità di non appesantire la replica e evidenziare una sua particolare affermazione.
Cerco comunque, nei limiti delle mie possibilità, di non tralasciare nulla di tutto il suo intervento.
A parte questo, vorrei riassumere la questione:
- L’uso transitivo di riandare suona strano e inusitato, sicché è naturale distinguerlo anche formalmente, adottando la coniugazione regolare.
- L’uso transitivo di riandare implica anche un significato peculiare rispetto al verbo di base.
- Tre dizionari concordano nel dire che la coniugazione di riandare transitivo è regolare.
- Il verbo riandare transitivo è d’uso raro e letterario.
- Nella nostra tradizione letteraria se ne trovano solo esempi con coniugazione regolare.

Sicuramente non sono stato chiaro.Ferdinand Bardamu ha scritto: Ciò detto, giacché lei sostiene che oggi «riando antiche memorie» sarebbe sbagliato, e giacché tutti i punti elencati sopra portano a sostenere il contrario, credo che l’onere della prova spetti a lei: insomma, le è capitato di leggere «*rivado antiche memorie»?
Io sostengo che riandare transitivo sia obsoleto (sia nel registro alto, letterario sia nel registro comune).
Oggi, nel significato di 'ripercorrere', sia in un registro alto che in un registro standard, va usato riandare intransitivo quindi: "rivado [col pensiero] alle antiche memorie".
In alternativa si dovrà optare per un altro verbo come ripercorrere.
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No, no: ho letto in fretta, ho frainteso, e perciò le chiedo scusa.bubu7 ha scritto:Sicuramente non sono stato chiaro...

In ogni caso, è bensí vero che riandare transitivo è inusitato (lo conferma anche il Treccani allorché dice che le forme rizotoniche sono rare) e che è normale dire «rivado alle antiche memorie» anche in un registro letterario. Tuttavia non escluderei che uno scrittore particolarmente conscio dei suoi mezzi possa scrivere «riando le antiche memorie».
Non c'è bisogno di scusarsi: può capitare a tutti di fraintendere.
Sono d'accordo con lei: uno scrittore potrebbe benissimo scrivere «riando le antiche memorie» (ché non è sbagliato) ma non mi sembra un'espressione consigliabile anche in un registro alto.

Sono d'accordo con lei: uno scrittore potrebbe benissimo scrivere «riando le antiche memorie» (ché non è sbagliato) ma non mi sembra un'espressione consigliabile anche in un registro alto.
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Concordo.
Vorrei però sottolineare che, a voler essere pignoli, «riando le antiche memorie» non è perfettamente sovrapponibile a «rivado alle antiche memorie» (ce lo dice Marco su): se le memorie «si riandano», si ripercorrono, si ritrattano, si riesaminano (si veda la seconda definizione del Vocabolario della Crusca): una facile immagine potrebb’essere quella di chi misura avanti e indietro una stanza, sovrappensiero. Se si rivà alle antiche memorie, si compie un percorso mentale per arrivare a quelle memorie e poi vi si dimora.
Vorrei però sottolineare che, a voler essere pignoli, «riando le antiche memorie» non è perfettamente sovrapponibile a «rivado alle antiche memorie» (ce lo dice Marco su): se le memorie «si riandano», si ripercorrono, si ritrattano, si riesaminano (si veda la seconda definizione del Vocabolario della Crusca): una facile immagine potrebb’essere quella di chi misura avanti e indietro una stanza, sovrappensiero. Se si rivà alle antiche memorie, si compie un percorso mentale per arrivare a quelle memorie e poi vi si dimora.
Secondo me la sua immagine della stanza si può rendere anche dicendo rivado...
Solo per chiarezza sottolineo che il ritrattare della Crusca significa 'trattare di nuovo' e non 'rinnegare una precedente affermazione'.
Solo per chiarezza sottolineo che il ritrattare della Crusca significa 'trattare di nuovo' e non 'rinnegare una precedente affermazione'.
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Se riscontriamo però riandare intransitivo con un sinonimo di riandare transitivo, cioè ripercorrere (che mantiene la metafora spaziale), notiamo che, mentre il primo fissa una mèta (es. «rivado alle memorie d’infanzia»), raggiunta la quale l’azione termina, il secondo designa un’azione continua, un ponderare prolungato.bubu7 ha scritto:Secondo me la sua immagine della stanza si può rendere anche dicendo rivado...
L'esempio che riporta è per me troppo suggestivo; non riesco a non proporle: "[Quando mi capitava di riandare col pensiero alla mia infanzia] passavo la maggior parte della notte a ricordare la nostra vita di un tempo a Combray...".Ferdinand Bardamu ha scritto: Se riscontriamo però riandare intransitivo con un sinonimo di riandare transitivo, cioè ripercorrere (che mantiene la metafora spaziale), notiamo che, mentre il primo fissa una mèta (es. «rivado alle memorie d’infanzia»), raggiunta la quale l’azione termina, il secondo designa un’azione continua, un ponderare prolungato.

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Quindi il nostro Marcel... riandava con la memoria la sua vita d’un tempo.bubu7 ha scritto:L'esempio che riporta è per me troppo suggestivo; non riesco a non proporle: "[Quando mi capitava di riandare col pensiero alla mia infanzia] passavo la maggior parte della notte a ricordare la nostra vita di un tempo a Combray...".

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