Faccio riferimento a questa pagina dell'Enciclopedia dell'italiano, Treccani, par. 3.4:
(9) ti importa → t’importa
(10) si impunta → s’impunta
(11) vi illudono → v’illudono
e dopo afferma
Fanno eccezione ai principi suddetti forme come si isola, mi irriti
Vorrei che qualcuno m'illuminasse sulla differenza tra queste forme, su quali criteri le distinguono.
Elisioni dei pronomi
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Mi sembra piú che altro una raccomandazione stilistica. Nella BibIt ho trovato alcuni esempi di elisione prima di vocale accentata:
[...] l'orgogliuzzo che senza attentarsi di guidare s’irrita all'idea di seguire [...]. (Giuseppe Mazzini, Agli Italiani)
Nessuna ignoranza avrebbe bastato a così orrendi effetti [...] se fosse stata [...] congiunta con quella carità che è paziente, benigna, che non s’irrita, che non pensa il male, che tutto soffre. (Alessandro Manzoni, Fermo e Lucia)
Pochi m’avrebbero imitato e pochi m’imitano in fatti. (Ippolito Nievo, Confessioni di un Italiano)
[...] è meglio che in ciò non m’imiti; perch’io nella state scorsa per troppo studio mi era ridotto cadavere [...]. (Ugo Foscolo, Epistolario 1812-1813)
E pure nel Dizionario dei sinonimi del Tommaseo:
S’incita sempre deliberatamente; anco non volendo, s’irrita. L’iracondo, l’appassionato, a volerlo calmare, s’irrita.
C’è da dire qualcos’altro, però, in merito a questi esempi. Imitare, irritare e incitare ebbero, nella tradizione poetica, un’accentazione delle forme rizotoniche sulla seconda i. La tendenza allo sdrucciolo trova una giustificazione etimologica per imitare e incitare; è meramente analogica per irritare. È pur vero, però, che non ho citato opere di poesia.
Comunque, alla voce istigare, il DOP dice che le pronunce sdrucciole sono «attestate già sul finire del ’700», perciò molto probabilmente questi passi letterari sono sufficienti a smentire la regola della Treccani, o a ridimensionarla quale raccomandazione di stile.
[...] l'orgogliuzzo che senza attentarsi di guidare s’irrita all'idea di seguire [...]. (Giuseppe Mazzini, Agli Italiani)
Nessuna ignoranza avrebbe bastato a così orrendi effetti [...] se fosse stata [...] congiunta con quella carità che è paziente, benigna, che non s’irrita, che non pensa il male, che tutto soffre. (Alessandro Manzoni, Fermo e Lucia)
Pochi m’avrebbero imitato e pochi m’imitano in fatti. (Ippolito Nievo, Confessioni di un Italiano)
[...] è meglio che in ciò non m’imiti; perch’io nella state scorsa per troppo studio mi era ridotto cadavere [...]. (Ugo Foscolo, Epistolario 1812-1813)
E pure nel Dizionario dei sinonimi del Tommaseo:
S’incita sempre deliberatamente; anco non volendo, s’irrita. L’iracondo, l’appassionato, a volerlo calmare, s’irrita.
C’è da dire qualcos’altro, però, in merito a questi esempi. Imitare, irritare e incitare ebbero, nella tradizione poetica, un’accentazione delle forme rizotoniche sulla seconda i. La tendenza allo sdrucciolo trova una giustificazione etimologica per imitare e incitare; è meramente analogica per irritare. È pur vero, però, che non ho citato opere di poesia.
Comunque, alla voce istigare, il DOP dice che le pronunce sdrucciole sono «attestate già sul finire del ’700», perciò molto probabilmente questi passi letterari sono sufficienti a smentire la regola della Treccani, o a ridimensionarla quale raccomandazione di stile.
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