Soggetto collettivo e verbo plurale
Moderatore: Cruscanti
-
- Interventi: 1303
- Iscritto in data: sab, 06 set 2008 15:30
- Animo Grato
- Interventi: 1384
- Iscritto in data: ven, 01 feb 2013 15:11
Le faccio una domanda secca: La infastidisce in questi due casi?PersOnLine ha scritto:Normalmente non mi infastidisce la concordanza a senso.
1) «Sappia dunque che questa buona gente son risoluti d’andar a metter su casa altrove».
2) «Nemmeno in un deserto questa gente ti lasciano in pace».
«Ed elli avea del cool fatto trombetta». Anonimo del Trecento su Miles Davis
«E non piegherò certo il mio italiano a mere (e francamente discutibili) convenienze sociali». Infarinato
«Prima l'italiano!»
«E non piegherò certo il mio italiano a mere (e francamente discutibili) convenienze sociali». Infarinato
«Prima l'italiano!»
- Animo Grato
- Interventi: 1384
- Iscritto in data: ven, 01 feb 2013 15:11
Per carità, ovviamente è liberissimo d'intervenire!Scilens ha scritto:Se la domanda fosse rivolta a tutti, io a mia volta risponderei...
In questo caso m'interessava l'opinione di PersOnLine proprio per la sua dichiarata insofferenza: mi piacerebbe, a titolo d'indagine, riuscire a delineare con precisione i confini della sua intolleranza a questa forma.
«Ed elli avea del cool fatto trombetta». Anonimo del Trecento su Miles Davis
«E non piegherò certo il mio italiano a mere (e francamente discutibili) convenienze sociali». Infarinato
«Prima l'italiano!»
«E non piegherò certo il mio italiano a mere (e francamente discutibili) convenienze sociali». Infarinato
«Prima l'italiano!»
Bene, un sondaggio può essere interessante anche con la partecipazione degli altri iscritti, tenendo ben conto della ristrettezza e presumibile omogeneità del campione osservato, sebbene dalle pagine precedenti risulti una linea di condotta piuttosto netta, con la sola eccezione, mi sembra, della grammatica di Serianni.
Il tema della correttezza della Lingua però, teniamone conto, non ha alcunché di democratico.
Il tema della correttezza della Lingua però, teniamone conto, non ha alcunché di democratico.
Saluto gli amici, mi sono dimesso. Non posso tollerare le contraffazioni.
- Ferdinand Bardamu
- Moderatore
- Interventi: 5195
- Iscritto in data: mer, 21 ott 2009 14:25
- Località: Legnago (Verona)
Uhm, e questo che significa, esattamente? di quale lingua parla? della lingua scritta? della lingua colloquiale? del parlato formale? della lingua moderna? della lingua antica? dell’italiano regionale? dell’italiano normale?Scilens ha scritto:Il tema della correttezza della Lingua però, teniamone conto, non ha alcunché di democratico.
Giacché è l’uso dei parlanti che decreta il successo o l’insuccesso di un certo costrutto, direi che è vero l’esatto contrario di quel che sostiene lei, a meno che non ci dica cosa intendeva di preciso. Tenga presente che il concetto comune di errore, fatti salvi i casi di conclamata agrammaticalità, non è quasi mai assoluto.
Anzi, tra il grande pubblico di non ispecialisti circolano credenze infondate sulla correttezza o scorrettezza di certi costrutti, credenze che sono una diretta eredità dei primi anni di formazione scolastica. Il nostro foro sostiene la «battaglia» contro le regole fantasma dell’italiano.
Mi pare di poter dire — ma le mie parole non sono altro che una stanca ripetizione di quel che s’è già detto molto meglio negli interventi piú vecchi di questo filone — che la costruzione a senso è largamente tollerata nel caso in cui si applichi a un partitivo retto da un sostantivo singolare. La tolleranza si estende a quel parlato di media formalità che costituisce oggi la lingua dei giornali.
Nel caso invece di nomi collettivi singolari, la concordanza al plurale è sentita tuttora come regionale o, in ogni caso, come sottostandara, ed è quindi sconsigliabile in quasi tutti i registri, a meno che non si voglia arieggiare il parlato piú sciatto.
Tutto questo, naturalmente, prescinde dalla sensibilità linguistica e dalle preferenze di ognuno, purché non si pretenda di far assurgere codeste sensibilità e preferenze a norma assoluta.
Lei stesso dice che è "tollerata", non consigliata, auspicata o prescritta. Questa tolleranza da chi è data? Da un insegnante (eppure il giudizio si costui potrebbe essere variabile)? Dall'accettazione del lettore (che ormai tollera molto più di questo)? Dalla Crusca? La Crusca censisce, non organizza un ordine o una norma, raccoglie ritagli di giornale con su scritto "sciallare" e ne prende atto, e i dizionari aggiungono alla sterminata lista un termine che ha ragione d'essere spiegato, ma chi legge senza lauree lo prende per italiano. Eppure, Lei, la storia della Crusca la conosce meglio di me: era come l'Uomo Del Monte.
Qui si sarebbe voluto normare, ma non vorrei che si accettasse di tutto. Comunque Marco non la consiglia la concordanza a senso, giustamente. Ma, questa volta ingiustamente, non la condanna come andrebbe fatto senza riserve, per non incorrere in tutti quei "ma la usa Tizio, ma la usa Caio..." che fanno parte di un metodo discutibile, che studia la Lingua come se fosse morta. Non m'interessa quanto sbagli Pavese, son problemi suoi. Non dovrebbe interessarci. Problema nostro è definire fino a che punto una licenza stilistica derivata da un dialetto estraneo abbia diritto di far parte a pieno titolo della Lingua.
Naturalmente, è sottinteso, questo non è che il mio parere.
Qui si sarebbe voluto normare, ma non vorrei che si accettasse di tutto. Comunque Marco non la consiglia la concordanza a senso, giustamente. Ma, questa volta ingiustamente, non la condanna come andrebbe fatto senza riserve, per non incorrere in tutti quei "ma la usa Tizio, ma la usa Caio..." che fanno parte di un metodo discutibile, che studia la Lingua come se fosse morta. Non m'interessa quanto sbagli Pavese, son problemi suoi. Non dovrebbe interessarci. Problema nostro è definire fino a che punto una licenza stilistica derivata da un dialetto estraneo abbia diritto di far parte a pieno titolo della Lingua.
Naturalmente, è sottinteso, questo non è che il mio parere.
Saluto gli amici, mi sono dimesso. Non posso tollerare le contraffazioni.
- Ferdinand Bardamu
- Moderatore
- Interventi: 5195
- Iscritto in data: mer, 21 ott 2009 14:25
- Località: Legnago (Verona)
È necessario ch’io precisi: «è tollerata» quando si scrive, e sempre in nome di una lingua equilibrata, misurata. Nel parlato chiunque concorda il verbo a senso, spontaneamente, nel caso di un sostantivo singolare che regge un partitivo plurale.Scilens ha scritto:Lei stesso dice che è "tollerata", non consigliata, auspicata o prescritta.
Il vero scopo di quello che lei chiama «metodo discutibile» è un altro: coll’autorità degli autori «canonici» non si vuol dare via libera a qualunque licenza, bensí accreditare costrutti altrimenti proscritti a torto, inserendoli allo stesso tempo nel contesto in cui è lecito usarli.Scilens ha scritto:Qui si sarebbe voluto normare, ma non vorrei che si accettasse di tutto. Comunque Marco non la consiglia la concordanza a senso, giustamente. Ma, questa volta ingiustamente, non la condanna come andrebbe fatto senza riserve, per non incorrere in tutti quei "ma la usa Tizio, ma la usa Caio..." che fanno parte di un metodo discutibile, che studia la Lingua come se fosse morta. Non m'interessa quanto sbagli Pavese, son problemi suoi. Non dovrebbe interessarci.
La citazione di Pavese è fuori luogo. Pavese era uno scrittore, un artista e non un impiegato del catasto, e gli era perciò lecito manipolare la lingua a suo piacimento, se questo serviva a particolari fini espressivi. Poeti e scrittori sono legittimati ad allontanarsi dalla norma, proprio perché creano un’opera d’arte, e non redigono una delibera comunale o un regolamento edilizio.
Ciò detto, è di tutta evidenza che «L’ottanta percento degli intervistati dicono» e «La gente lo sanno» stanno su livelli d’accettabilità diversi. Penso che su questo concordi anche lei.
-
- Interventi: 1413
- Iscritto in data: ven, 19 ott 2012 20:40
- Località: Marradi (FI)
A me non viene tanto spontaneo. Più che altro può essere il risultato di un "pensare lungo la frase".Ferdinand Bardamu ha scritto:Nel parlato chiunque concorda il verbo a senso, spontaneamente, nel caso di un sostantivo singolare che regge un partitivo plurale.
Per fare un esempio: parto con "c'erano...", convinto di sapere il numero, poi mi accorgo di non saperlo, mi blocco e poi chiudo con "...una ventina di persone".
Su questo concordo, trovo più brutto il secondo.Ciò detto, è di tutta evidenza che «L’ottanta percento degli intervistati dicono» e «La gente lo sanno» stanno su livelli d’accettabilità diversi. Penso che su questo concordi anche lei.
Per fortuna non concordo, ma non per questo la stimo di meno, Ferdinand, senza dubbio.
La grammatica ( e il buonsenso) da sempre prescrive che il verbo vada accordato al soggetto, questo basta e non ci sono eccezioni.
Dire "la gente sono troppi" non esprime. Deprime.
La citazione del nome di uno scrittore qualunque che era Pavese, ma sarebbe potuto essere Svevo, Gadda o Manzoni e perfino Moccia, era dovuta soltanto al fatto che era stata usata una sua frase a testimonianza della correttezza di una costruzione di un verbo che non c'entra nulla col soggetto, come se uno sbaglio d'un grande fosse meno errato e potesse esser chiamato "scelta stilistica".
Non discuto sul fatto che si possano usare i caratteri tipografici per scopi artistici, qualcosa potrebbe anche riuscire. Del resto c'è chi ha esposto come opera d'arte un cane morto.
Naturalmente non concordo, Ferdinand. Non ho preoccupazioni diafasiche o diastratiche, mi basterebbe sentire un telegiornale in italiano corretto, non s'insegna Debussy prima di Mozart.
La grammatica ( e il buonsenso) da sempre prescrive che il verbo vada accordato al soggetto, questo basta e non ci sono eccezioni.
Dire "la gente sono troppi" non esprime. Deprime.
La citazione del nome di uno scrittore qualunque che era Pavese, ma sarebbe potuto essere Svevo, Gadda o Manzoni e perfino Moccia, era dovuta soltanto al fatto che era stata usata una sua frase a testimonianza della correttezza di una costruzione di un verbo che non c'entra nulla col soggetto, come se uno sbaglio d'un grande fosse meno errato e potesse esser chiamato "scelta stilistica".
Non discuto sul fatto che si possano usare i caratteri tipografici per scopi artistici, qualcosa potrebbe anche riuscire. Del resto c'è chi ha esposto come opera d'arte un cane morto.
Naturalmente non concordo, Ferdinand. Non ho preoccupazioni diafasiche o diastratiche, mi basterebbe sentire un telegiornale in italiano corretto, non s'insegna Debussy prima di Mozart.
Saluto gli amici, mi sono dimesso. Non posso tollerare le contraffazioni.
Purché il partitivo sia plurale però. L'ottanta per cento della gente dicono è un obbrobrio così come la gente lo sanno.Ferdinand Bardamu ha scritto:[L]a costruzione a senso è largamente tollerata nel caso in cui si applichi a un partitivo retto da un sostantivo singolare.
- Ferdinand Bardamu
- Moderatore
- Interventi: 5195
- Iscritto in data: mer, 21 ott 2009 14:25
- Località: Legnago (Verona)
Grazie di cuore a Scilens per il contributo.
Vorrei a questo punto riportare un passo della GGIC (vol. II, § IV.2.2.) riguardante l’accordo tra soggetto e verbo:
I soggetti singolari di significato collettivo richiedono l’accordo al singolare:
(26) La gente ne racconta di tutti i colori.
L’accordo al plurale, che può capitare nella lingua parlata come anacoluto, può affiorare in opere letterarie che riflettono la lingua spontanea:
(27) «nemmeno in un deserto questa gente ti lasciano in pace» (C. Pavese, La luna e i falò, Torino, Einaudi, 1954, p. 64)
Piú sopra, nello stesso paragrafo, si legge:
Se il soggetto contiene un’espressione partitiva al singolare che introduce un SN [=sintagma nominale] al plurale, l’accordo può essere sia con l’espressione partitiva, sia con il SN che questa introduce.
L’accordo al plurale è giustificato dal fatto che il sintagma nominale al plurale («gli intervistati») è considerato la vera testa del piú ampio sintagma che contiene l’espressione partitiva («L’ottanta percento degli intervistati»). Questo è vero, a maggior ragione, per le espressioni partitive figurate, come «Un sacco di» (propria del parlato colloquiale): dire o scrivere «Un sacco di gente pensa» ridarebbe a sacco il ruolo di testa di sintagma, e gli ridarebbe pure una certa materialità. Insomma, si finirebbe per comunicare quasi che esiste un sacco di iuta pieno di persone che, pur pigiate le une contro le altre, riescono a rantolare il loro parere. (Il paragone con l’inglese qui regge, perché si dice «A lot of people think» non «… thinks».)
La mia opinione è questa: nella lingua formale è meglio evitare la concordanza a senso con espressioni partitive del tipo suesposto, anche se la GGIC di fatto equipara la concordanza grammaticale e la concordanza a senso, in questo caso. L’accordo al plurale con nomi collettivi singolari è sconsigliabile praticamente sempre, tranne nel caso di contesti rilassati, molto informali — tra amici al bar, in famiglia, ecc. Per quest’ultimo costrutto ci debbono essere anche differenze regionali, perché, ad esempio, nel mio dialetto non si usa, nemmeno quando si parla male apposta: dico «La gente la dixe» non *«La gente i dixe».
Vorrei a questo punto riportare un passo della GGIC (vol. II, § IV.2.2.) riguardante l’accordo tra soggetto e verbo:
I soggetti singolari di significato collettivo richiedono l’accordo al singolare:
(26) La gente ne racconta di tutti i colori.
L’accordo al plurale, che può capitare nella lingua parlata come anacoluto, può affiorare in opere letterarie che riflettono la lingua spontanea:
(27) «nemmeno in un deserto questa gente ti lasciano in pace» (C. Pavese, La luna e i falò, Torino, Einaudi, 1954, p. 64)
Piú sopra, nello stesso paragrafo, si legge:
Se il soggetto contiene un’espressione partitiva al singolare che introduce un SN [=sintagma nominale] al plurale, l’accordo può essere sia con l’espressione partitiva, sia con il SN che questa introduce.
L’accordo al plurale è giustificato dal fatto che il sintagma nominale al plurale («gli intervistati») è considerato la vera testa del piú ampio sintagma che contiene l’espressione partitiva («L’ottanta percento degli intervistati»). Questo è vero, a maggior ragione, per le espressioni partitive figurate, come «Un sacco di» (propria del parlato colloquiale): dire o scrivere «Un sacco di gente pensa» ridarebbe a sacco il ruolo di testa di sintagma, e gli ridarebbe pure una certa materialità. Insomma, si finirebbe per comunicare quasi che esiste un sacco di iuta pieno di persone che, pur pigiate le une contro le altre, riescono a rantolare il loro parere. (Il paragone con l’inglese qui regge, perché si dice «A lot of people think» non «… thinks».)
La mia opinione è questa: nella lingua formale è meglio evitare la concordanza a senso con espressioni partitive del tipo suesposto, anche se la GGIC di fatto equipara la concordanza grammaticale e la concordanza a senso, in questo caso. L’accordo al plurale con nomi collettivi singolari è sconsigliabile praticamente sempre, tranne nel caso di contesti rilassati, molto informali — tra amici al bar, in famiglia, ecc. Per quest’ultimo costrutto ci debbono essere anche differenze regionali, perché, ad esempio, nel mio dialetto non si usa, nemmeno quando si parla male apposta: dico «La gente la dixe» non *«La gente i dixe».
Tutto molto chiaro, caro Ferdinand. Ma non si prende in considerazione il fatto che possa esservi anche un'espressione partitiva che introduce un sintagma nominale al singolare (collettivo). Un'ipotetica l'ottanta per cento della gente dicono è errata al pari di la gente lo sanno. Insomma, l'importante è che il sintagma nominale sia al plurale.
- Ferdinand Bardamu
- Moderatore
- Interventi: 5195
- Iscritto in data: mer, 21 ott 2009 14:25
- Località: Legnago (Verona)
-
- Interventi: 1413
- Iscritto in data: ven, 19 ott 2012 20:40
- Località: Marradi (FI)
A me suona male anche in un registro parlato - informale, così come alcuni congiuntivi sostituiti da indicativi "Penso che è meglio" "Voglio che vieni" "Cosa vuoi che ti dico?".Ferdinand Bardamu ha scritto:L’accordo al plurale con nomi collettivi singolari è sconsigliabile praticamente sempre, tranne nel caso di contesti rilassati, molto informali — tra amici al bar, in famiglia, ecc. Per quest’ultimo costrutto ci debbono essere anche differenze regionali, perché, ad esempio, nel mio dialetto non si usa, nemmeno quando si parla male apposta: dico «La gente la dixe» non *«La gente i dixe».
Questi, a dire il vero, mi suonano ancora peggio delle concordanze
Non evito questi costrutti volontariamente, è proprio che non mi viene da usarli. Altri, invece ("te" soggetto, doppi dativi, doppi soggetti nelle subordinate) nel parlato mi vengono spontanei, e ovviamente non mi suonano male.
Li evito solo nello scritto.
Ma forse ci sono differenti sensibilità individuali: magari qualcuno inorridisce ascoltando un "a me mi" ma è indifferente a quegli indicativi o a quelle concordanze.
Chi c’è in linea
Utenti presenti in questa sezione: Bing [Bot] e 4 ospiti