Quali parole o espressioni del «giornalese» detestate?
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No, però gli indebiti raddoppiamenti di consonante, se mettono un po' di calore umano in una conversazione, anche formale, tra le persone, in bocca a dei professionisti della televisione mi danno fastidio.valerio_vanni ha scritto:E' un'espressione del giornalese?GFR ha scritto:Ne aggiungo un'altra che mi è particolarmente indigesta: Robberto
Robberto è solo un esempio; non nutro nessun rancore o fastidio o altro contro i tanti Roberto in Italia.

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Non mi trovo d'accordo sul fatto che mettano un po' di calore umano.
Uno scempiamento o un raddoppio non hanno, in genere, carattere di enfasi. Sono semplicemente determinati dalla pronuncia regionale.
Nel caso specifico, si tratta di un fenomeno molto diffuso nel Centro Italia: /b/ e /dʒ/, in posizione post-vocalica, raddoppiano sempre.
In quella zona è normale così, a prescindere dall'enfasi, e il fenomeno è generalmente inconsapevole.
Piuttosto, potrebbe avere senso chiedere una pronuncia neutra ai professionisti. Ma, di fatto, ognuno tira l'acqua al suo mulino: si critica solo ciò che si sente differente dalla propria parlata.
Quindi, probabilmente, uno spettatore milanese avrà da ridire sul presentatore che dice /'sabbato/ o /radʒ'dʒone/, uno spettatore romano avrà da ridire sul presentatore milanese che dice /'bene/ o /'meteo/. Nessuno dei due avrà nulla da ridire sul proprio compaesano.
Uno scempiamento o un raddoppio non hanno, in genere, carattere di enfasi. Sono semplicemente determinati dalla pronuncia regionale.
Nel caso specifico, si tratta di un fenomeno molto diffuso nel Centro Italia: /b/ e /dʒ/, in posizione post-vocalica, raddoppiano sempre.
In quella zona è normale così, a prescindere dall'enfasi, e il fenomeno è generalmente inconsapevole.
Piuttosto, potrebbe avere senso chiedere una pronuncia neutra ai professionisti. Ma, di fatto, ognuno tira l'acqua al suo mulino: si critica solo ciò che si sente differente dalla propria parlata.
Quindi, probabilmente, uno spettatore milanese avrà da ridire sul presentatore che dice /'sabbato/ o /radʒ'dʒone/, uno spettatore romano avrà da ridire sul presentatore milanese che dice /'bene/ o /'meteo/. Nessuno dei due avrà nulla da ridire sul proprio compaesano.
Più precisamente dell'Italia mediana (e del Sud): infatti in Toscana (linguisticamente centrale) questo fenomeno è assente e l'esito è [b] (o [β] nel registro rustico) e [ʒ].valerio_vanni ha scritto:Nel caso specifico, si tratta di un fenomeno molto diffuso nel Centro Italia: /b/ e /dʒ/, in posizione post-vocalica, raddoppiano sempre.
Ultima modifica di Carnby in data gio, 10 giu 2021 7:38, modificato 1 volta in totale.
Personalmente richiederei ai professionisti della radiotelevisione una pronuncia quantomeno neutra.valerio_vanni ha scritto:Piuttosto, potrebbe avere senso chiedere una pronuncia neutra ai professionisti. Ma, di fatto, ognuno tira l'acqua al suo mulino: si critica solo ciò che si sente differente dalla propria parlata.
Quindi, probabilmente, uno spettatore milanese avrà da ridire sul presentatore che dice /'sabbato/ o /radʒ'dʒone/, uno spettatore romano avrà da ridire sul presentatore milanese che dice /'bene/ o /'meteo/. Nessuno dei due avrà nulla da ridire sul proprio compaesano.
Nonostante sia personalmente afflitto dalla parlata bergamasca, rimango comunque infastidito sia dalla cantilenante cadenza di alcuni giornalisti del TG regionale della mia regione (e dai vari /'bene/ o /'meteo), sia dal borgataro "...probbabbilmente il visceministro ..." del TG3 di stamane.
Se non ricordo male (forse l'ho letto proprio qui), un tempo in RAI si richiedeva una dizione (se non perfetta) almeno accettabile, ma ora proprio...
Come settentrionale, sono afflitto dal "bene", ma non dalla pronuncia errata del "meteo" (ho controllato il DOP). Ripeto che, parlando, foss'anche con uno scienziato, non mi disturbano i suoi regionalismi come io non mi curo di correggere i miei.
Mi pare però che il raddoppiamento di consonante sia più grave, foriero di ulteriori sciagure grammaticali, inducendo a errori ortografici. (Spero non mi si accusi di fare del "leghismo" linguistico
)
Per salvarmi dal fuori tema: parole come pietre.
Mi pare però che il raddoppiamento di consonante sia più grave, foriero di ulteriori sciagure grammaticali, inducendo a errori ortografici. (Spero non mi si accusi di fare del "leghismo" linguistico

Per salvarmi dal fuori tema: parole come pietre.
Ultima modifica di GFR in data ven, 21 nov 2014 23:14, modificato 1 volta in totale.
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Eh! ma quella era una visione settaria, classista, elitaria, che escludeva la "gggente"... Al che io risponderei seraficamente: «E anche se fosse?»Lizard ha scritto:Se non ricordo male (forse l'ho letto proprio qui), un tempo in RAI si richiedeva una dizione (se non perfetta) almeno accettabile, ma ora proprio...
Ora, con tutto il rispetto per tematica e problematica, adesso che (fortunatamente!) sono diventati di uso comune, hanno perso un po' dello smalto che consentiva al prode giornalista di scintillare come un diamante in mezzo alla mota dei salotti televisivi. Ma niente paura! Ultimamente ha aggiunto al suo scrigno di meraviglie una nuova gemma: narrazione. Sinceramente, non ho capito del tutto cosa voglia dire (qualcosa come versione, vulgata) e, soprattutto, non ho capito perché - se il significato è quello che intuisco - si debba ricorrere così spesso a quest'immagine: ma riempie la bocca così bene!
Ecco qui due esempi abbastanza freschi (1 e 2: si noti anche il compiacimento con cui si pronuncia la parola), ma chi ne volesse di più recenti non ha che da sintonizzarsi su un canale qualsiasi e i suoi desideri saranno subito esauditi.
«Ed elli avea del cool fatto trombetta». Anonimo del Trecento su Miles Davis
«E non piegherò certo il mio italiano a mere (e francamente discutibili) convenienze sociali». Infarinato
«Prima l'italiano!»
«E non piegherò certo il mio italiano a mere (e francamente discutibili) convenienze sociali». Infarinato
«Prima l'italiano!»
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In questi tempi mi capita spesso di sentire, in TV, il nome "Elena" pronunciato /e'lɛna/. Mi sa che sia l'invenzione di qualche giornalista, perché una persona comune non avrebbe la fantasia per spostare un accento in quella maniera.
A meno che non sia un qualche italiano regionale a me ignoto.
In Romagna per esempio cambia la vocale, ma l'accento rimane lì: /'elena/.
A meno che non sia un qualche italiano regionale a me ignoto.
In Romagna per esempio cambia la vocale, ma l'accento rimane lì: /'elena/.
Beh, se si trattasse di un nome spagnolo o portoghese, la pronuncia sarebbe corretta.valerio_vanni ha scritto:In questi tempi mi capita spesso di sentire, in TV, il nome "Elena" pronunciato /e'lɛna/. Mi sa che sia l'invenzione di qualche giornalista, perché una persona comune non avrebbe la fantasia per spostare un accento in quella maniera.
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L'orribile abitudine di quotidiani e settimanali d'opinione (specie nei titoli) di chiamare i governanti come si chiamerebbero le governanti: con il nome di battesimo. Se scrivere "Silvio" anziché "Berlusconi" permette di guadagnare spazio in un titolo, mi sfugge il vantaggio insito nel preferire "Matteo" a "Renzi".

Ho l'impressione che, se nella stessa pagina è presente un titolo in cui lo stesso o anche un altro politico è citato con il suo cognome, si senta il bisogno di creare questa sorta di alternanza.

Ho l'impressione che, se nella stessa pagina è presente un titolo in cui lo stesso o anche un altro politico è citato con il suo cognome, si senta il bisogno di creare questa sorta di alternanza.
Oggi com'oggi non si sente dire dieci parole, cinque delle quali non sieno o d'oltremonte o nuove, dando un calcio alle proprie e native. (Fanfani-Arlìa, 1877)
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Di questo malvezzo del giornalismo italiano parla anche Michele Loporcaro, insigne linguista, in Cattive notizie.Zabob ha scritto:L'orribile abitudine di quotidiani e settimanali d'opinione (specie nei titoli) di chiamare i governanti come si chiamerebbero le governanti: con il nome di battesimo…
In realtà il chiamare i politici per nome (ma non solo loro: pensi alla «piccola Yara» o a «Erika e Omar») fa parte di un piú ampio fenomeno di svecchiamento che ha coinvolto il giornalismo italiano negli ultimi quarant’anni. In tal modo si è pensato di rendere il linguaggio dei giornali piú vicino al lettore e meno chiuso in un gergo da iniziati, fatto di espressioni spesso oscure, dirette a una comunità di lettori già addentro alle questioni politiche.
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...salvo poi inciamparsi in due Matei contemporanei e opposti!!!...
Secondo me il suggerimento è partito dai politici, che, facendosi chiamare per nome, giocano a sembrare "vicini alla gente", "uno di noi".
Un po' come certi insegnanti che si fanno dare del tu dagli studenti, così quando ti danno un quattro sul registro lo accolgi col sorriso, perché in fondo "è simpatico"...

Secondo me il suggerimento è partito dai politici, che, facendosi chiamare per nome, giocano a sembrare "vicini alla gente", "uno di noi".
Un po' come certi insegnanti che si fanno dare del tu dagli studenti, così quando ti danno un quattro sul registro lo accolgi col sorriso, perché in fondo "è simpatico"...
Già, bella probblematicaAnimo Grato ha scritto:Eh! ma quella era una visione settaria, classista, elitaria, che escludeva la "gggente"... Al che io risponderei seraficamente: «E anche se fosse?»Lizard ha scritto:Se non ricordo male (forse l'ho letto proprio qui), un tempo in RAI si richiedeva una dizione (se non perfetta) almeno accettabile, ma ora proprio...
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