Perché si deve limitare l’uso degli avverbi in «-mente»?
Moderatore: Cruscanti
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Perché si deve limitare l’uso degli avverbi in «-mente»?
Mi è capitato di leggere in piú luoghi e di ascoltare in alcune lezioni di scrittura «creativa» che, mio malgrado, ho seguito che si dovrebbe limitare molto l’uso degli avverbi di modo in -mente. La ragione non è soltanto la poca musicalità di una sequenza di morfemi omofoni, ma anche la (presunta) scarsa precisione di questi avverbi, usati — si dice — piú come riempitivo che come mezzo per comunicare un’informazione in piú.
In rete ho trovato una conferma di questa diffidenza. In quest’articolo si legge: «Per quale ragione occorre vigilare, e agire in modo che [l’avverbio in -mente] sia assente (o quasi), dalla nostra scrittura? Nulla di personale: però impigrisce chi scrive. Lo rende anche meno attento, e più prone [sic] alle frasi fatte». Ma forse c’è una ragione in piú, ed è legata alla tendenza odierna a mostrare piú che a raccontare, a esser concreti e non astratti1.
Lasciando da parte la volontà, condivisibile, di evitare sfilze di avverbi lunghi che rimano tra loro, secondo voi è giustificata questa ostilità? A me pare che, per non voler usare un tipo d’avverbio che fa parte del tessuto stesso della nostra lingua, si finisca come al solito per impoverire il linguaggio, limitando notevolmente (;)) le risorse disponibili agli scrittori.
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1 Migliorini in «Il tipo sintattico ‹votate socialista›» (in «Lingua nostra», Xlll, 1952, pp. 113-118; oggi in La lingua italiana nel Novecento, Firenze, «Le Lettere», pp. 249-260), ricordando uno studio di Leo Spitzer, afferma che «[la serie degli avverbi in -mente], e in generale la categoria dell'avverbio, sono formazioni piuttosto astratte, intellettuali: l'avverbio di maniera è perciò poco importante nelle età più rozze, mentre viceversa si consolida (anche nei propri esponenti formali) in età relativamente colte». Mi astengo dal trarre conclusioni dalle parole del Migliorini, anche se la tentazione è forte.
In rete ho trovato una conferma di questa diffidenza. In quest’articolo si legge: «Per quale ragione occorre vigilare, e agire in modo che [l’avverbio in -mente] sia assente (o quasi), dalla nostra scrittura? Nulla di personale: però impigrisce chi scrive. Lo rende anche meno attento, e più prone [sic] alle frasi fatte». Ma forse c’è una ragione in piú, ed è legata alla tendenza odierna a mostrare piú che a raccontare, a esser concreti e non astratti1.
Lasciando da parte la volontà, condivisibile, di evitare sfilze di avverbi lunghi che rimano tra loro, secondo voi è giustificata questa ostilità? A me pare che, per non voler usare un tipo d’avverbio che fa parte del tessuto stesso della nostra lingua, si finisca come al solito per impoverire il linguaggio, limitando notevolmente (;)) le risorse disponibili agli scrittori.
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1 Migliorini in «Il tipo sintattico ‹votate socialista›» (in «Lingua nostra», Xlll, 1952, pp. 113-118; oggi in La lingua italiana nel Novecento, Firenze, «Le Lettere», pp. 249-260), ricordando uno studio di Leo Spitzer, afferma che «[la serie degli avverbi in -mente], e in generale la categoria dell'avverbio, sono formazioni piuttosto astratte, intellettuali: l'avverbio di maniera è perciò poco importante nelle età più rozze, mentre viceversa si consolida (anche nei propri esponenti formali) in età relativamente colte». Mi astengo dal trarre conclusioni dalle parole del Migliorini, anche se la tentazione è forte.
Io certe cose duro tanta di quella fatica a capirle che mi stufo prima di raggiungere il risultato, e questa è una di quelle.
Perché non s'elimina l'indicativo? Troppo facile da usare, c'impoverisce, sempre le solite frasi ormai luoghi comuni, eliminiamolo. Questo farebbe, con effetto benefico, sforzare l'intelletto di chiunque volesse essere compreso per iscritto, lo farebbe finalmente ingegnare e con notevolissimo vantaggio per le tanto amate da Poirot celluline grigie potrebbe, pur sudando, che non fa male, ottenere la conferma di una fornitura in sole 4-5 mail o un caffè in un paio di minuti.
Certi problemi si risovono subito. Che schifo gli avverbi, più che altro quelli in -mente.
Perché non s'elimina l'indicativo? Troppo facile da usare, c'impoverisce, sempre le solite frasi ormai luoghi comuni, eliminiamolo. Questo farebbe, con effetto benefico, sforzare l'intelletto di chiunque volesse essere compreso per iscritto, lo farebbe finalmente ingegnare e con notevolissimo vantaggio per le tanto amate da Poirot celluline grigie potrebbe, pur sudando, che non fa male, ottenere la conferma di una fornitura in sole 4-5 mail o un caffè in un paio di minuti.
Certi problemi si risovono subito. Che schifo gli avverbi, più che altro quelli in -mente.
Saluto gli amici, mi sono dimesso. Non posso tollerare le contraffazioni.
- Ferdinand Bardamu
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Come si possono nutrire dubbi sulla potenzialità poetica degli avverbi in -mente?
«Ed elli avea del cool fatto trombetta». Anonimo del Trecento su Miles Davis
«E non piegherò certo il mio italiano a mere (e francamente discutibili) convenienze sociali». Infarinato
«Prima l'italiano!»
«E non piegherò certo il mio italiano a mere (e francamente discutibili) convenienze sociali». Infarinato
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Ma cosa impedirebbe di scrivere vivono felici e allegramente? Certo, ha una particolare connotazione stilistica, ma tanto meglio. O è addirittura una figura retorica, da usare con parsimonia? Qualcuno sa fare luce su questo argomento?Marco1971 ha scritto:Piace anche a me, caro Brazilian dude.Peccato che non si sia adottato anche in italiano.
Non ho nulla contro gli avverbi in -mente (proprio ieri, prima che venisse aperto il filone, mi domandavo se e in quali dialetti fossero presenti), ma in questo caso direi vivono felici e in allegria.Freelancer ha scritto:Ma cosa impedirebbe di scrivere vivono felici e allegramente?
Oggi com'oggi non si sente dire dieci parole, cinque delle quali non sieno o d'oltremonte o nuove, dando un calcio alle proprie e native. (Fanfani-Arlìa, 1877)
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No, caro Roberto, il costrutto iberoromanzo corrisponderebbe a un nostro ipotetico [ed etimologico] «vivono felice e allegramente»… Ma sentiamo il Serianni:Freelancer ha scritto:Ma cosa impedirebbe di scrivere vivono felici e allegramente?Marco1971 ha scritto:Piace anche a me, caro Brazilian dude.Peccato che non si sia adottato anche in italiano.
Serianni (1989:490) ha scritto:Nella lingua piú antica si potevano avere, in parallelo con forme spagnole e francesi corrispondenti, due o addirittura tre aggettivi femminili concordati con un solo mente: villana ed aspramente, onesta e pacifica e discretamente […]: segno che ancora a quei tempi si manteneva il senso della composizione e, forse, del significato originario di questi costrutti. Esaurita la loro vitalità, gli avverbi composti con piú d’un aggettivo tornarono di moda nel Cinquecento sotto l’influenza dello spagnolo (dove essi si sono continuati, al contrario che in italiano e in francese, fino ad oggi), ma anche questa loro nuova parabola si concluse presto.
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Ah grazie, caro Infarinato, non avevo capito che il riferimento era all'uso dell'aggettivo avverbiale insieme all'avverbio. Sulla sua [attuale] mancanza d'uso in italiano siamo d'accordo.
Io invece avevo in mente l'aggettivo insieme all'avverbio, e mi sembra che niente [tranne eventuali considerazioni stilistiche] impedirebbe di scrivere, per l'appunto, vivono felici e allegramente. Che ne dici?
Io invece avevo in mente l'aggettivo insieme all'avverbio, e mi sembra che niente [tranne eventuali considerazioni stilistiche] impedirebbe di scrivere, per l'appunto, vivono felici e allegramente. Che ne dici?
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Certo, anche se è un costrutto coordinativo non proprio usuale, di cui personalmente non abuserei. 
Prima chiedevi della figura retorica: vivere felici (per «felicemente») a rigore sarebbe un’enallage (peraltro normalissima in italiano), mentre tutto insieme vivere felici e allegramente è una sorta di zeugma.

Prima chiedevi della figura retorica: vivere felici (per «felicemente») a rigore sarebbe un’enallage (peraltro normalissima in italiano), mentre tutto insieme vivere felici e allegramente è una sorta di zeugma.
Re: Perché si deve limitare l’uso degli avverbi in «-mente»?
Lei ha ragione, la volontà di evitare sfilze di avverbi è condivisibile. Tuttavia non è giustificata tale ostilità.Ferdinand Bardamu ha scritto:Lasciando da parte la volontà, condivisibile, di evitare sfilze di avverbi lunghi che rimano tra loro, secondo voi è giustificata questa ostilità? A me pare che, per non voler usare un tipo d’avverbio che fa parte del tessuto stesso della nostra lingua, si finisca come al solito per impoverire il linguaggio, limitando notevolmente (;)) le risorse disponibili agli scrittori.
Mi pare infatti che il punto non sia se consumare o meno "la sfilza di avverbi", ma il loro corretto utilizzo. Forse in codesta avversione si cela la volontà di porre fine ad un abuso scellerato e inopportuno dell'amato avverbio. Credo infatti, e probabilemte son solo, che il significato estrinseco dell'avverbio in -mente giunga potentissimo a chi ascolta o a chi legge.
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