A mio modo di vedere: la preposizione "a" se la prefazione è dello stesso autore (Tizio, nella prefazione al suo dizionario...); la preposizione "di" se la prefazione non è dello stesso autore (Caio, nella prefazione del dizionario di Tizio...).
«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi) «Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
Ivan92 ha scritto:La ringrazio, caro Fausto. Ritiene che anche prologo si comporti alla stessa maniera?
Credo di sí. Ma per entrambi i quesiti è meglio attendere pareri piú autorevoli.
«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi) «Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
Vanno bene entrambe le preposizioni, con parole come prefazione, introduzione, prologo, ecc., ma non credo che la distinzione di Fausto abbia riscontro nella realtà. Mi sembra che non vi sia differenza semantica, solo di costrutto (e la doppia possibilità permette di evitare eventuali pesanti ripetizioni del tipo ...del...della...del...).
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Se non ho preso un granchio, la preposizione piú adoperata è "a" (al). Una rapida ricerca con Googlelibri ha dato 107.000 occorrenze per "al" e 86.200 per "del".
«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi) «Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»