Visto che siamo in argomento, anche in Calabria (anzi, forse piú che altrove) la suddivisione dei dialetti lascia un po' a desiderare. E questo non solo sulla mappa in oggetto, ma anche in generale. È noto che la regione è solcata, linguisticamente, da una serie d'isoglosse, piú o meno orizzontali, descritte meglio, ad esempio, nelle enciclopedie
Treccani qui e
qui.
In breve abbiamo, a partire da nord:
(a) Diamante-Cassano: limite settentrionale del vocalismo siciliano
(b) Cetraro-Bisignano-Melissa: limite meridionale della presenza della vocale finale neutra indistinta (scevà)
(c) Amantea-Crotone: limite meridionale delle assimilazioni dei nessi consonantici -nd- e -mb-
(d) Nicastro-Catanzaro: limite meridionale di diversi fenomeni (uso di tenere per «avere», non con il valore di ausiliare; uso del passato prossimo come tempo perfettivo; uso dell'infinito in modo simile a quello dell'italiano).
(e) Vibo Valentia-Stilo: limite meridionale dei dittonghi metafonetici
(f) Rosarno-Locri: limite meridionale del possessivo enclitico coi nomi di parentela.
Tradizionalmente l'isoglossa (b) è considerata il confine tra i dialetti
alto-meridionali (o napoletani) e i
meridionali estremi (o siciliani). Essa taglia praticamente in due la provincia di Cosenza, che presenta cosí, come in questa mappa, dialetti "lucani" a nord e "calabresi" a sud (inframmezzati, inoltre, da ben 26 comunità italo-albanesi e una occitana!). Ma in realtà, a parte la presenza (neppure uniforme) dello scevà nei primi, le differenze tra i due tipi sono, di solito, poco significative!
A Cosenza (25 Km a sud dell'isoglossa) i parlanti dialettofoni considerano il dialetto locale di tipo napoletano, e infatti la mutua intelligibilità coi "veri" dialetti di tipo siciliano, specie quelli localizzati oltre l'isoglossa (d), è molto piú limitata (cambia notevolmente anche il lessico) che non col vero napoletano, benché distante 250 Km!