«Un viaggio nell'Italia dei dialetti»
Moderatore: Dialettanti
- Ferdinand Bardamu
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Beh, sí, che ostrega, con le sue varianti, sia un eufemismo ce lo dice anche il Treccani, che mette a lemma il vocabolo, dandoci cosí una misura della sua notorietà al di fuori del Veneto. Noti dalle Alpi a Sicilia sono anche mona e schei, ma sulla questione degli stereotipi regionali bisognerebbe fare una lunga digressione, che ci potrerebbe ampiamente non solo fuori tema ma fuori fòro.
Per quanto riguarda la grafia del napoletano, noto due cose:
1. Uhé per ué. Non capisco la -h- che non ho mai trovato in letteratura e che non ha troppa ragion d'essere poiché la parola deriva dal francese ouais.
2. La costante resa della schwa con un apice (oppure è un apostrofo per segnalare la caduta della vocale? In tal caso sarebbe un errore vero e proprio). È un uso consentito? Io so solo che è una grafia che non si ritrova nella letteratura d'arte.
Ma quest'apice lo mettono anche in 'uaglió, dove la schwa proprio non c'è.
1. Uhé per ué. Non capisco la -h- che non ho mai trovato in letteratura e che non ha troppa ragion d'essere poiché la parola deriva dal francese ouais.
2. La costante resa della schwa con un apice (oppure è un apostrofo per segnalare la caduta della vocale? In tal caso sarebbe un errore vero e proprio). È un uso consentito? Io so solo che è una grafia che non si ritrova nella letteratura d'arte.
Ma quest'apice lo mettono anche in 'uaglió, dove la schwa proprio non c'è.
Non lo so e credo che sia sbagliato: la grafia tradizionale mi pare che sia con e; una grafia più «moderna» potrebbe essere ë o ə ma non ' dato che la vocale c'è eccome (a parte usi gergali e qualche dialetto «estremo» dove forse cade davvero) anche se è centralizzata/desonorizzata.Cembalaro ha scritto:La costante resa della schwa con un apice (oppure è un apostrofo per segnalare la caduta della vocale? In tal caso sarebbe un errore vero e proprio). È un uso consentito?
In questo caso l'uso è legittimo dato che la forma «piena» è (g)uaglio(ne).Cembalaro ha scritto:Ma quest'apice lo mettono anche in 'uaglió, dove la schwa proprio non c'è.
- Millermann
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- Iscritto in data: ven, 26 giu 2015 19:21
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In effetti non esiste, in questo documento, una grande uniformità nel trascrivere i fonemi simili tra un dialetto e l'altro.
Per quanto riguarda «Uhé» penso sia stato scritto cosí per ricalcare le equivalenti interiezioni italiane (ehi, ohé). Comunque si tratta di una forma di richiamo tipica dell'intera area alto-meridionale, che in altre regioni è stata scritta diversamente: si noti, nella zona abruzzese, «ué, quatrà!» e in quella pugliese «uh, cumbà!» (e qui un inciso: entrambe queste espressioni si usano anche dalle mie parti, in Calabria!
). Comunque penso anch'io che «ué» sia la forma piú corretta 
Quella dell'apice al posto dello scevà è una "convenzione" adottata un po' ovunque nella scrittura informale dei dialetti alto-meridionali. A mio parere l'uso della cosiddetta "e capovolta" qui sarebbe improponibile; quello della «ë», invece, è plausibile, e anch'io lo adotto spesso: sono sicuro che, se avesse un po' piú di diffusione, sarebbe facilmente accettato. Che ne pensate?
A proposito di schwa o scevà, secondo il Treccani è maschile:
«lo/la schwa» 1050/579
«uno/una schwa» 485/373
«dello/della schwa» 538/120
Invece il termine italiano (meno diffuso) quasi esclusivamente al maschile:
«lo/la scevà» 220/8
«uno/una scevà» 111/7
«dello/della scevà» 9/3
Mi chiedo, perciò, se l'uso al femminile sia da considerare accettabile.
Tra l'altro, la versione italianizzata, secondo me, è preferibile anche perché l'altra mi viene spontaneamente (ed erroneamente) di pronunciarla all'inglese «sciuà»
anziché alla tedesca, come prescrive il Treccani! 
Per quanto riguarda «Uhé» penso sia stato scritto cosí per ricalcare le equivalenti interiezioni italiane (ehi, ohé). Comunque si tratta di una forma di richiamo tipica dell'intera area alto-meridionale, che in altre regioni è stata scritta diversamente: si noti, nella zona abruzzese, «ué, quatrà!» e in quella pugliese «uh, cumbà!» (e qui un inciso: entrambe queste espressioni si usano anche dalle mie parti, in Calabria!


Quella dell'apice al posto dello scevà è una "convenzione" adottata un po' ovunque nella scrittura informale dei dialetti alto-meridionali. A mio parere l'uso della cosiddetta "e capovolta" qui sarebbe improponibile; quello della «ë», invece, è plausibile, e anch'io lo adotto spesso: sono sicuro che, se avesse un po' piú di diffusione, sarebbe facilmente accettato. Che ne pensate?
A proposito di schwa o scevà, secondo il Treccani è maschile:
Tuttavia, facendo una ricerca in rete delle occorrenze in italiano, risulta che il forestierismo è spesso impiegato al femminile (forse perché considerato una vocale):Il Vocabolario Treccani ha scritto:Voce: schwa
Schwa ‹švàa› s. neutro ted., usato in ital. al masch.
– Trascrizione tedesca del termine grammaticale ebraico shĕvā ’: v. scevà.
Voce: scevà
scevà s. m. [dall’ebr. shĕwā , der. di shaw «niente»]. –
«lo/la schwa» 1050/579
«uno/una schwa» 485/373
«dello/della schwa» 538/120
Invece il termine italiano (meno diffuso) quasi esclusivamente al maschile:
«lo/la scevà» 220/8
«uno/una scevà» 111/7
«dello/della scevà» 9/3
Mi chiedo, perciò, se l'uso al femminile sia da considerare accettabile.

Tra l'altro, la versione italianizzata, secondo me, è preferibile anche perché l'altra mi viene spontaneamente (ed erroneamente) di pronunciarla all'inglese «sciuà»


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