«Arrivare» o «venire»?
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«Arrivare» o «venire»?
Il dubbio m'attanaglia da molto tempo. Mi rendo conto d'usare impropriamente i due verbi e d'attribuire loro la stessa valenza, quando il contesto lo permette, ovviamente. Spesso, infatti, sembra che i domíni semantici dei due verbi si compenetrino, rendendo impossibile una distinzione. Questo fa sí che, a seconda di come tiri il vento, usi indifferentemente l'uno o l'altro. Esemplifico: Tizio arriva/viene dopo cena. Questo è uno di quei casi in cui entrambe le varianti sono corrette, ma il significato varia leggermente. Ecco, io non riesco a percepire le [seppur] lievi sfumature di significato che ciascuno dei due verbi veicola.
- marcocurreli
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Re: «Arrivare» o «Venire»?
Di quel poco che me ne intendo, a parte l'aspetto dei verbi e le valenze di questi, so per sentito dire o per averne distrattamente letto qualcosa che il verbo venire è un verbo deittico, mentre non lo è arrivare.Ivan92 ha scritto:Il dubbio m'attanaglia da molto tempo. Mi rendo conto d'usare impropriamente i due verbi e d'attribuire loro la stessa valenza, quando il contesto lo permette, ovviamente. Spesso, infatti, sembra che i domíni semantici dei due verbi si compenetrino, rendendo impossibile una distinzione. Questo fa sí che, a seconda di come tiri il vento, usi indifferentemente l'uno o l'altro. Esemplifico: Tizio arriva/viene dopo cena. Questo è uno di quei casi in cui entrambe le varianti sono corrette, ma il significato varia leggermente. Ecco, io non riesco a percepire le [seppur] lievi sfumature di significato che ciascuno dei due verbi veicola.
http://www.treccani.it/enciclopedia/dei ... aliano%29/ Esempio 6
P.S. Per il discorso della deissi e degli strumenti con i quali viene evidenziata non è detto che in tutte le lingue si faccia ricorso al medesimo procedimento.
Per gli adulti.
In giapponese, per esempio, sono sconcertato perché dove mi aspetterei un "Vengo!" sento invece un "Vado!".
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- marcocurreli
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- Millermann
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Re: «Arrivare» o «Venire»?
Anche secondo me sono proprio queste le due differenze piú importanti tra arrivare e venire. La prima, come ha detto Sempervirens, è che venire è un verbo deittico (spaziale), quindi reca in sé il concetto di avvicinamento al parlante. In una frase non marcata, come «Tizio viene stasera» è sottinteso che Tizio si recherà presso chi sta parlando, e non altrove. Invece «Tizio arriva stasera», in assenza di altre informazioni, risulta ambigua. Dove arriva? Non sempre la risposta può essere sottintesa!
Può esserlo, sempre a mio parere, se riformuliamo la frase come «stasera arriva Tizio».
L'altra differenza è quella citata da MarcoCurreli, cioè che mentre arrivare rappresenta la conclusione del viaggio, venire esprime l'idea dell'avvicinamento nel suo insieme: mentre «arrivo tra poco» significa che si sta per giungere a destinazione, «vengo tra poco» è piú generico, può anche significare che non si è ancora partiti!
Può esserlo, sempre a mio parere, se riformuliamo la frase come «stasera arriva Tizio».
L'altra differenza è quella citata da MarcoCurreli, cioè che mentre arrivare rappresenta la conclusione del viaggio, venire esprime l'idea dell'avvicinamento nel suo insieme: mentre «arrivo tra poco» significa che si sta per giungere a destinazione, «vengo tra poco» è piú generico, può anche significare che non si è ancora partiti!

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Re: «Arrivare» o «Venire»?
Sì, tra l'altro, come è già stato fatto notare, il verbo venire può non implicare un viaggio che comporti un punto di partenza, un itinerario e un punto d'arrivo, ma soltanto un avvicinamento spaziale rispetto ad un parlante o ad un gruppo di lettori. Avvicinamento materiale o mentale quindi.Millermann ha scritto:«vengo tra poco» è piú generico, può anche significare che non si è ancora partiti! :)
Frasi del tipo "Vieni con me al cinema?", diverse da " Ci andiamo insieme?" , " Potremmo andarci insieme!", ...sono molto difficili da rendere nella lingua del Paese in cui sono ospite, proprio per la marcata differenza dell'uso deittico attribuito a specifici verbi.
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Re: «Arrivare» o «Venire»?
Codesto che lei dice è senz'altro vero, ma non si può dire che per arrivare sia totalmente diverso. Nell'altro filone ha fatto l'esempio del treno. Se fossi alla stazione e vedessi in lontananza il treno che s'avvicina, esclamerei: «Arriva!». Non è forse un caso d'avvicinamento al parlante anche questo?Millermann ha scritto:[V]enire è un verbo deittico (spaziale), quindi reca in sé il concetto di avvicinamento al parlante.
- Millermann
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Re: «Arrivare» o «Venire»?
Secondo me, no.Ivan92 ha scritto:Se fossi alla stazione e vedessi in lontananza il treno che s'avvicina, esclamerei: «Arriva!». Non è forse un caso d'avvicinamento al parlante anche questo?

O meglio, in quel caso lo è, ma incidentalmente. In realtà, lei direbbe «arriva!» non perché il treno si avvicina a lei, ma alla sua normale destinazione.
Anche chi è a bordo del treno potrebbe dire «arriviamo!», e i bambini affacciati alle finestre delle case vicine «arriva il treno!», vedendolo entrare in stazione.
Pensi, poi, che arrivare è talvolta usato perfino come sinonimo di andare, quindi di allontanamento.
Pensi alla frase «arrivo un momento dal tabaccaio».
Sempre nel caso del treno, alla partenza potrei chiedere «Scusi, questo treno arriva a Milano?», o «a che ora arriva?», appunto perché non è un verbo deittico, ma fa sempre riferimento alla destinazione dello spostamento.
Ultima modifica di Millermann in data mar, 12 gen 2016 9:23, modificato 1 volta in totale.
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Mah, non è che sia tanto ferrato in materia, ma dico la mia lo stesso. Se non altro per scrivere in italiano. Credo che nel caso esposto da Ivan92 si possa parlare di deissi contestuale. Il parlante, la prima persona, si riferisce a fatti che gli accadono attorno. Egli sa che il treno corre verso di lui. Noi "esterni" non ne siamo direttamente coinvolti. Direi allora che "Arriva" è frase con verbo di uso deittico per alcuni, ma per altri no.
Credo che le cose stiamo così.

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Re: «Arrivare» o «Venire»?
Uhm, non ho ben capito in che contesto arrivare, nel suo esempio, assume un significato simile a andare: l’allontanamento di cui parla rispetto a che cosa avverrebbe? Lei direbbe «Arrivo dal tabaccaio a comprare le sigarette» nel senso di «Vado dal tabaccaio…»? È un uso che non ho mai sentito: arrivare ha sempre in sé l’idea di una mèta raggiunta, mentre andare è incentrato sull’azione dello spostarsi.Millermann ha scritto:Pensi, poi, che arrivare è talvolta usato perfino come sinonimo di andare, quindi di allontanamento.
Pensi alla frase «arrivo un momento dal tabaccaio».
- Millermann
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Beh, quest'uso è previsto anche dal Treccani, nel significato principale del verbo:
Potrebbe davvero dipendere dalla costruzione della frase, come dicevo anche nel mio primo intervento.
Mi spiego meglio:
Frase non marcata (il treno arriva) -> uso non deittico (=arriva a destinazione)
Frase marcata (arriva il treno) -> uso deittico spaziale (=arriva qui, cioè nel "centro deittico").
Potrebbe essere?
Pensiamo alle frasi seguenti, e a ciò che istintivamente lasciano sottintendere:
(1) Appena il treno arriva, ti telefono (sono sul treno, o sto per partire, o parlo di un treno noto)
(2) Appena arriva il treno, ti telefono (lo sto aspettando alla stazione).
Oppure:
(3) Ho saputo che Giovanni è arrivato (a destinazione)
(4) Ho saputo che è arrivato Giovanni (qui).
Nelle frasi non marcate (1) e (3) occorre del contesto in piú per disambiguare il significato.
Riguardo all'intuizione di Sempervirens:Il vocabolario Treccani, s.v. Arrivare ha scritto:Anche, recarsi in un luogo (ma per tornar subito): arrivo alla posta ; devo a . un momento dal
tabaccaio.
Riflettendo, mi sa che non è poi cosí bislacca!sempervirens ha scritto:Direi allora che "Arriva" è frase con verbo di uso deittico per alcuni, ma per altri no.Credo che le cose stiamo così.

Mi spiego meglio:
Frase non marcata (il treno arriva) -> uso non deittico (=arriva a destinazione)
Frase marcata (arriva il treno) -> uso deittico spaziale (=arriva qui, cioè nel "centro deittico").
Potrebbe essere?

Pensiamo alle frasi seguenti, e a ciò che istintivamente lasciano sottintendere:
(1) Appena il treno arriva, ti telefono (sono sul treno, o sto per partire, o parlo di un treno noto)
(2) Appena arriva il treno, ti telefono (lo sto aspettando alla stazione).
Oppure:
(3) Ho saputo che Giovanni è arrivato (a destinazione)
(4) Ho saputo che è arrivato Giovanni (qui).
Nelle frasi non marcate (1) e (3) occorre del contesto in piú per disambiguare il significato.
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- Ferdinand Bardamu
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Beh, d’accordo, ma, pur essendo inserita «nel significato principale del verbo», è un’accezione piuttosto particolare (non è un andare, ma un andare e tornar subito), assai connotata colloquialmente, e posta alla fine della trattazione, con quell’«anche» che dovrebbe costituire una spia di un uso non proprio comune, o per lo meno accessorio. Tant’è vero che persino un dizionario dell’uso come il De Mauro non lo registra. Dei dizionari in mio possesso, solo il Devoto-Oli (ed. 2002-2003) riporta un’accezione simile: «Recarsi a sbrigare una commissione: a. alla posta, dal tabaccaio». (Si notino gli esempî, uguali a quelli del Treccani; non vorrei sbagliarmi, ma credo che molti dei compilatori del Devoto-Oli siano gli stessi del Treccani, data la somiglianza tra le due opere anche in molti altri lemmi.) Dire insomma che arrivare può essere usato come sinonimo di andare mi pare forviante. Lei ha mai usato (o sentito usare) arrivare in questo modo?Millermann ha scritto:Beh, quest'uso è previsto anche dal Treccani, nel significato principale del verbo:Il vocabolario Treccani, s.v. Arrivare ha scritto:Anche, recarsi in un luogo (ma per tornar subito): arrivo alla posta ; devo a . un momento dal
tabaccaio.
Quanto alla questione sulla deitticità di arrivare, giova leggere ciò che si legge nell’edizione in linea del Sabatini Coletti:
- se l'arg[omento] non è espresso, si intende che il luogo di arrivo sia quello in cui si trova chi parla: arriva il treno
Io non sapevo che arrivare avesse anche codesta accezione. Anche a me sembra un uso colloquiale.
La ringrazio d'aver riportato le parole del Sabatini Coletti. Ma, proprio perché il luogo è quello in cui si trova chi parla, non possiamo considerare l'arrivo soltanto come la mera destinazione finale e prescindere dall'avvicinamento. A me sembra che l'arrivare veicoli ambedue i concetti: fine d'un percorso, raggiungimento d'una meta con conseguente avvicinamento a qualcuno o qualcosa.Ferdinand Bardamu ha scritto:[S]e l'arg[omento] non è espresso, si intende che il luogo di arrivo sia quello in cui si trova chi parla: arriva il treno
- Millermann
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Mi sembra che il Sabatini-Coletti semplifichi un po' troppo affermando che «con arg. sottinteso, si intende che il luogo di arrivo sia quello in cui si trova chi parla».Ferdinand Bardamu ha scritto:Dire insomma che arrivare può essere usato come sinonimo di andare mi pare forviante. Lei ha mai usato (o sentito usare) arrivare in questo modo?
Quanto alla questione sulla deitticità di arrivare, giova leggere ciò che si legge nell’edizione in linea del Sabatini Coletti [...]

Io trovo che ciò valga sicuramente solo se la frase è del tipo [verbo-soggetto], e infatti entrambi gli esempi portati dal Sabatini-Coletti lo sono: «arriva il treno» e «è arrivato un pacco».
In frasi [soggetto-verbo], trovo invece che la mancanza di specificazione del luogo di arrivo possa a volte essere supplita dal contesto.
«Hai già spedito quel materiale?» «Sí, e il pacco è arrivato!»
In questo esempio, è evidente dal contesto che il pacco non è arrivato presso chi parla.
Per quanto riguarda la prima domanda, sinceramente sí, talvolta l'ho udito usare, e anche usato. Non immaginavo che le (vi) apparisse un uso insolito: forse fa parte dell'italiano centro-meridionale? (Il Treccani, però, non lo marca come regionale)

Si usa, a mio parere, quando si vuole specificare il "limite" del proprio spostamento: «arrivo [fino] in piazza», «arrivo dal panettiere»: vado esattamente fin lí, non un passo piú avanti, e torno.

Comunque, non ho affermato che arrivare sia sinonimo di andare: ho solo detto che «è talvolta usato perfino» in tal senso.

Si tratta d'un verbo cosí fondamentale da possedere tantissime accezioni, tra cui questa che, ne convengo, è piuttosto marginale e colloquiale.
In Italia, dotta, Foro fatto dai latini
Secondo me, arrivare , nel senso che intende Millermann, è proprio un sinonimo di venire o di giungere, pervenire, recarsi in qualche luogo o presso qualcuno.
Con questo significato viene riportato nel DIR, anche con omissione della finalità dell'azione : Arrivo un momento in città e ritorno.
Si potrebbe anche dire : Vengo un momento in città ( anche senza ritorno), così come io potrei minacciare i miei alunni con un energico Se quei ragazzi non smettono di fare confusione, fra poco arrivo io!, o ... fra poco vengo io!.
Per come lo intendo io, il significato è spostato sul luogo, non tanto sul movimento per raggiungerlo. Non so se mi spiego : alla lettera, "giungere alla riva".
Con questo significato viene riportato nel DIR, anche con omissione della finalità dell'azione : Arrivo un momento in città e ritorno.
Si potrebbe anche dire : Vengo un momento in città ( anche senza ritorno), così come io potrei minacciare i miei alunni con un energico Se quei ragazzi non smettono di fare confusione, fra poco arrivo io!, o ... fra poco vengo io!.

Per come lo intendo io, il significato è spostato sul luogo, non tanto sul movimento per raggiungerlo. Non so se mi spiego : alla lettera, "giungere alla riva".
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Vediamo le cose non come sono, ma come siamo.
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