Non pensavo che il mio dubbio meritasse addirittura un filone a sé (specie se si tratta d'una semplice svista...)

Tra l'altro, non mi sarebbe neppure venuto in mente di porre la domanda, se non mi avesse ricordato quel famoso aneddoto, che vado a raccontare.
Ah, e visto che ho un intero filone a mia disposizione, lo racconterò con dovizia di particolari, in modo che, se chi lo leggerà ricorda quei tempi, possano tornargli alla mente quelle ambientazioni e quelle consuetudini.

Allora... Centro di calcolo dell'Università della Calabria, verso la fine degli anni '80. Saletta dei videoterminali VAX, in cui lavoravano alcuni tesisti e dottorandi. Questi, come d'abitudine, erano soliti inviare le stampe dai terminali presenti nella saletta verso l'elaboratore centrale, il VAX appunto, che le dirottava a una stampante presente in un'altra sala. Da qui, un addetto del Centro consegnava a mano i "tabulati" (le pile di fogli stampati sul modulo continuo) presso la saletta.
Naturalmente, la consegna non era sempre istantanea. Se le stampe erano corpose o se venivano fatte partire a tarda sera, poco prima dell'orario di chiusura, potevano essere ritirate solo il mattino successivo. Accadeva talvolta che l'addetto posizionasse dei tabulati su uno dei tavoli della saletta, ma che il personale delle pulizie li "intercettasse" prima che fossero ritirati dal legittimo proprietario, avviandoli indecorosamente al cesto(ne) della carta da riciclare.
Così, un giorno apparve, sulla porta della saletta, un messaggio scritto a mano in stampatello proprio su uno di quei fogli della stampante, che recitava così:
«Per le signore delle pulizie - Dei tabulati nel cestino della carta straccia non me ne faccio di niente!»
Io stesso, leggendo quel messaggio, lo reputai piuttosto sgrammaticato a causa di quel "di": fino a quel momento ero convinto che fosse superfluo! Qualcun altro, che evidentemente la pensava allo stesso modo, si mostrò ancora più intraprendente: qualche tempo dopo, infatti, apparve sotto la scritta una specie di "risposta" che diceva:
«Animale! La grammatica!»
Al che l'autore del messaggio, persona di certo polemica e battagliera, replicò a sua volta scrivendo pressappoco così:
«Primo, non confondere un errore di grammatica con un idiotismo. E, se non conosci il significato di questa parola, guarda sul vocabolario e non farti fuorviare dalle apparenze!»

Caspita, che bella risposta! Non solo mise subito a tacere quelli che ritenevano che la frase fosse scorretta ma, come nel mio caso, li convinse che era perfino meglio dell'altra! E infatti - a distanza di tanti anni - non solo ricordo questo aneddoto quasi parola per parola, ma mi accorgo che ho fatto mia quell'espressione (per favore non ditemi che è sbagliata, adesso...

