Gentilissimi Millermann e Sixie,
Vi ringrazio per la vostra risposta e la correzione al refuso da me riportato nella citazione del Fornaciari.
Pur col Vostro aiuto, purtroppo, permangono i miei suddetti dubbi.
Posso aggiungere la seguente citazione dalla
Grammatica italiana ad uso delle scuole; con nozioni di metrica, esercizi e suggerimenti didattici, 2^ Edizione, di Pier Gabriele Goidanich,
Nicola Zanichelli Editore, Bologna, 1918 (con minime modifiche mie, per chiarezza):
§ 313 B. Ma le differenze tra lingua letteraria e familiare sono abbastanza notevoli; e perché non sempre vi si bada e i dialetti inducono in errore converrà insistervi un po' per far evitare o errori o maniere affettate e stilisticamente improprie. Le differenze sono di tre specie. 1. La lingua letteraria può usare «Se gli» o «Se le» per «Gli si» o «Le si», sola forma usabile nella lingua familiare; es. rifless. «Se gli dimostra favorevole», passivo «Se gli abbrucia dinanzi della stoppa» [viene abbruciata a lui dinanzi]*. 2. La lingua familiare tende (1) a sostituire «Ci» ad altre particelle: «Ne» avv., «Vi», «Gli» (preferisce talora «Ci» la lingua letteraria stessa), e (2) ad evitare in certi casi l'aggruppamento: (a) «Ne». La lingua letteraria dice: «Ne lo levai» e «Ce lo levai» [Crusca] (p. es. «dall'imbarazzo») e simm.; la familiare solo: «Ce lo levai»; (b) «Vi». La lingua letteraria dice: «Vi ti porterò» e «Ci ti porterò» (preferito), «Vi si sta bene» e «Ci si sta bene»; la fam. usa solo «Ti ci porterò», «Ci si sta bene»; (c) Gli. La lingua letter. dice: «Me gli son raccomandato», «Te gli» e «Ve gli raccomanderemo» [«Me» o «Te» o «Voi a lui»]; la fam. tende a sostituire il settentrionale «Ci»: «Mi ci, Ti ci, Vi ci raccomanderò»; la fam. ha anche accanto a «Gli si è raccomandato» [=Si è raccomandato a lui], «Ci s'è raccomandato.»", "*: Falso, pertanto, che «se gli» sia solo [Fornaciari] riflessivo [Perché, poi?]; in entrambi i casi si tratta solo di una differenza cronologico-stilistica (v. § 6.).
Pare meglio specificato ma, in verità, non mi è ben chiara la distinzione fatta nel primo rigo tra lingua letteraria e familiare dato che al sesto paragrafo della stessa viene indicato quanto segue:
§ 6. [...] 1. La lingua letteraria familiare, cioè di carattere o stile familiare; 2. la lingua letteraria comune, cioè di carattere o stile comune; 3. la lingua letteraria aulica o solenne, cioè di carattere o stile solenne.
[...] Possiamo dire che son proprie a dare ad un discorso o ad una scrittura un carattere o stile familiare le forme o le espressioni o i costrutti di età recente, e carattere solenne le forme antiche, arcaiche. Con tale criterio cronologico si risolve si può dire ogni questione particolare di lingua.
[...] Conviene anche determinare il concetto e accennare i limiti della lingua letteraria familiare. Intendiamo per lingua letteraria familiare quella che ha il suo fondamento nella parlata delle persone colte e ben parlanti in Toscana, modello insigne della quale ci fu lasciato dal Manzoni in alcuni luoghi dei Promessi Sposi. Essa comprende non tutte le innovazioni della parlata moderna, [...].
[...] Bisogna ancora dire che degli arcaismi si può fare un diverso uso stilistico; si possono vale a dire usare in scritture o concioni solenni, quando cioè si voglia, per la reverenza che l'antico sempre ci ispira, volutamente ottenere cogli arcaismi un effetto di maestosa dignità, oppure in scritti d'ambiente antico nei quali l'arcaismo serve a dare il colorito del luogo e del tempo, [...].
Sixie ha scritto:Ecco, di questo passaggio, non capisco proprio il " ne lo ristorava ". Il
ne si riferisce all'acqua?
Secondo me, no. Credo si riferisca a "[del]la sua capannetta".
Comunque è proprio questo il mio dubbio principale: può essere che il costrutto in questione sia decaduto per possibili fraintendimenti alla comprensione del testo? Se no, perché non è ancora oggi adoperato nello
standard?