Cari utenti di Cruscate, una domanda che vi apparirà forse banale, ma a cui, facendo alcune veloci ricerche sia cartacee sia interreziali, non sono riuscito a dare risposta.
Il troncamento dei sostantivi (nel linguaggio poetico) è lecito solo se questi sono singolari maschili, oppure si può fare anche per plurali e femminili?
Si può dire "un fior", "l'amor"; ma si può dire "una coron"? Mi suona istintivamente male; mentre, per esempio, "un'impression" non mi disturba particolarmente.
Stesso dubbio per il plurale: si può dire "i ciel"? Suppongo di sì, ricordo il verso dell'Ariosto: «i cavallier, l'arme, gli amori»...
Ma, al femminile, "le person"?
Dubbio sul troncamento
Moderatore: Cruscanti
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- Iscritto in data: mar, 19 set 2006 15:25
Cortese G.M.,
in poesia, solo in poesia, mi sembra, è lecito qualunque troncamento.
in poesia, solo in poesia, mi sembra, è lecito qualunque troncamento.
«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
Dalla Grammatica del professor Serianni (I.82): “… In moltissimi casi l’apocope, pur teoricamente possibile, non avviene […]. In particolare non si ha mai apocope […] in parole quotidiane ma non appartenenti al lessico ereditario fondamentale (*un pomodor maturo, *l’asciugaman di lino).
Se sta combattendo con la metrica tronchi qualcosa di noto, oppure scriva un "ende" straordinario
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Se sta combattendo con la metrica tronchi qualcosa di noto, oppure scriva un "ende" straordinario

Grazie a entrambi per la risposta.

Capisco, dunque non c'è una regola precisa. Da un certo punto di vista ciò mi dispiace, perché la cosa diventa un po' questione di percezioni personali; d'altro canto sono contento perché, all'interno del contesto poetico, ciò mi concede una certa libertà (vale a dire, se ce ne fosse bisogno, la possibilità di fare troncamenti che sicuramente non si userebbero nella prosa o nel parlato).GFR ha scritto:Dalla Grammatica del professor Serianni (I.82): “… In moltissimi casi l’apocope, pur teoricamente possibile, non avviene […]. In particolare non si ha mai apocope […] in parole quotidiane ma non appartenenti al lessico ereditario fondamentale (*un pomodor maturo, *l’asciugaman di lino).
Mi perdoni l'ignoranza, ma che cos'è un "ende"?GFR ha scritto:Se sta combattendo con la metrica tronchi qualcosa di noto, oppure scriva un "ende" straordinario.

Un ende-casillabo. Ma non è ignoranza sua, è la mia disinvoltura a dire con intenti scherzosi (spero di non risultare molesto).
Intendevo ribadire, sulla traccia di Fausto Raso come la poesia dia delle libertà sconosciute alla prosa, soprattutto se si riuscisse a scrivere un verso, magari un solo endecasillabo, ma straordinario.
Un verso che di tanto in tanto mi ripeto: Ma tu continua e perditi, mia vita… (Mario Luzi).
Con il discorso precedente intendevo dire che se un poeta riuscisse a scrivere qualcosa di simile all’ “ende” (senza alcuna apocope) di Mario Luzi, magari ricorrendo anche a un troncamento inusuale, sarebbe felicissimo e il troncamento, magari azzardato, perderebbe il carattere avverso che avrebbe nello scrivere in prosa.
Intendevo ribadire, sulla traccia di Fausto Raso come la poesia dia delle libertà sconosciute alla prosa, soprattutto se si riuscisse a scrivere un verso, magari un solo endecasillabo, ma straordinario.
Un verso che di tanto in tanto mi ripeto: Ma tu continua e perditi, mia vita… (Mario Luzi).
Con il discorso precedente intendevo dire che se un poeta riuscisse a scrivere qualcosa di simile all’ “ende” (senza alcuna apocope) di Mario Luzi, magari ricorrendo anche a un troncamento inusuale, sarebbe felicissimo e il troncamento, magari azzardato, perderebbe il carattere avverso che avrebbe nello scrivere in prosa.
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