«Azzimútto, zènito/zènitte, nadírre»
Moderatore: Cruscanti
«Azzimútto, zènito/zènitte, nadírre»
Solo per il gusto della lingua piú genuina...
D’Annunzio: L’uomo tirrenio...
...che misura
senza fallire con l’occhio l’azzimutto.
Fallamonica: Quel [qual?] epiciclo è retto, e qual va indietro; le linee li zeniti e le stazioni
e cose pur assai tedisse al metro
ne son de l’opra mia l’intenzioni.
Galileo: Quel punto del cielo, che perpendicolarmente ci è sopra la testa, e quello che è a lui contrapposto, vengono ad esser come poli del nostro orizzonte, e chiamasi l’un punto verticale, ovvero zenitte, e l’altro opposto, nadhir.
Tesauro: ‘Polo’ o punto immobile della sfera, ‘zenitte’, ‘nadirre’.
Veramente preferisco zènito a zènitte...
D’Annunzio: L’uomo tirrenio...
...che misura
senza fallire con l’occhio l’azzimutto.
Fallamonica: Quel [qual?] epiciclo è retto, e qual va indietro; le linee li zeniti e le stazioni
e cose pur assai tedisse al metro
ne son de l’opra mia l’intenzioni.
Galileo: Quel punto del cielo, che perpendicolarmente ci è sopra la testa, e quello che è a lui contrapposto, vengono ad esser come poli del nostro orizzonte, e chiamasi l’un punto verticale, ovvero zenitte, e l’altro opposto, nadhir.
Tesauro: ‘Polo’ o punto immobile della sfera, ‘zenitte’, ‘nadirre’.
Veramente preferisco zènito a zènitte...
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
La sua mi sembra un’impressione alquanto epidermica. Popolaresche queste parole non sonavan né a D’Annunzio né a Galileo, che di certo erano sensibilissimi alla lingua. Naturalmente non discuto di gusti (ma siamo alle solite: l’assuefazione rompe la stranezza o il disgusto iniziali).
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Sì, può darsi che sia una semplice questione di abitudine. Però non sono parole così strane, a parte la consonante finale, e certamente sono molto più consone al sistema fonologico italiano di molti anglicismi recenti.Marco1971 ha scritto:La sua mi sembra un’impressione alquanto epidermica. Popolaresche queste parole non sonavan né a D’Annunzio né a Galileo, che di certo erano sensibilissimi alla lingua. Naturalmente non discuto di gusti (ma siamo alle solite: l’assuefazione rompe la stranezza o il disgusto iniziali).
Sul sistema fonologico dell’italiano s’è discusso moltissimo qui. E lei certamente avrà letto tutto per sapere la posizione mia, quella d’Infarinato e quella di Freelancer (nonché quella di Migliorini e Castellani).
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Concordo. Non direi impossibile, ma sicuramente un po' forzata o artificiosa.Brazilian dude ha scritto:Mi sembra praticamente impossibile mantenere nella pronuncia quella t raddoppiata di zenitte. Io al meno non ci riesco. Non mi sovvengono altre sdrucciole con l'ultima raddoppiata. Anche perciò preferisco zènito.Veramente preferisco zènito a zènitte...![]()
Brazilian dude
E poi zenito è tanto bello...

Torno a insistere – poiché ancor circolano all’intorno su questo ingiustificati preconcetti – sulla «normalità» strutturale della forma azzimutto, illustrando il mio proposito con altre parole d’origine araba; e credo che non ci sia barba d’uomo che riterrebbe «popolaresche» tali voci (metto tra parentesi la forma araba, con quei diacritici di cui dispongo):
alambicco (al-anbīq), albicocca (al-barqūq), almanacco (al-manāx), azzurro (lāžurd), bernusse (bernūs), bizzeffe (bizzēf), califfo (xalīfa), caracca (harrāqa), dabbuddà (dabdaba), dragomanno (tarğumān), farfarello (farfār), fusciarra (faššar), gazzarra (ġazāra), gazzella (gazēl), giraffa (zerāfa), giubba (jubba), giulebbe (julēb), magaleppo (mahlab), magaluffo (mahlūf), mammalucco (mamlūk), mantarro (mamtar), materasso (matrah), ragazzo (raqqāz), rubbo (rub‘), salamelecco (salām ‘alayk), sandracca (sandarūs), sceriffo (šarīf), sciabecco (šabbāk), sommacco (summāq), tariffa (tarīfa), zecca (sikka[h]), zibibbo (zibīb), ecc.
Perché non ci suonano popolareschi questi vocaboli? Perché (per la maggior parte) li usiamo da sempre, senza sapere che non sono parole italiane indigene. Non dovremmo quindi stupirci né di azzimutto (as-sumūt), né, tanto per fare un esempio, di ginsi (jeans) o di scicche/scicco (chic). Ma sembra che le uniche novità che si accettino oggidí siano sequenze di lettere di cui non si ricorda l’ordine e di cui s’ignora la pronuncia.
alambicco (al-anbīq), albicocca (al-barqūq), almanacco (al-manāx), azzurro (lāžurd), bernusse (bernūs), bizzeffe (bizzēf), califfo (xalīfa), caracca (harrāqa), dabbuddà (dabdaba), dragomanno (tarğumān), farfarello (farfār), fusciarra (faššar), gazzarra (ġazāra), gazzella (gazēl), giraffa (zerāfa), giubba (jubba), giulebbe (julēb), magaleppo (mahlab), magaluffo (mahlūf), mammalucco (mamlūk), mantarro (mamtar), materasso (matrah), ragazzo (raqqāz), rubbo (rub‘), salamelecco (salām ‘alayk), sandracca (sandarūs), sceriffo (šarīf), sciabecco (šabbāk), sommacco (summāq), tariffa (tarīfa), zecca (sikka[h]), zibibbo (zibīb), ecc.
Perché non ci suonano popolareschi questi vocaboli? Perché (per la maggior parte) li usiamo da sempre, senza sapere che non sono parole italiane indigene. Non dovremmo quindi stupirci né di azzimutto (as-sumūt), né, tanto per fare un esempio, di ginsi (jeans) o di scicche/scicco (chic). Ma sembra che le uniche novità che si accettino oggidí siano sequenze di lettere di cui non si ricorda l’ordine e di cui s’ignora la pronuncia.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Perdonatemi: riesumo un filone dopo più di dieci anni...
Ho consultato il Battaglia pochi giorni fa e zenito e zenitte vi sono registrati, ma senza il segnaccento: il che, come da indicazioni del dizionario, equivale a un'accentazione piana: dunque zenìto e zenìtte.
Da che cosa si deduceva, dunque, l'accentazione sdrucciola?

Ho consultato il Battaglia pochi giorni fa e zenito e zenitte vi sono registrati, ma senza il segnaccento: il che, come da indicazioni del dizionario, equivale a un'accentazione piana: dunque zenìto e zenìtte.
Da che cosa si deduceva, dunque, l'accentazione sdrucciola?
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- Interventi: 1413
- Iscritto in data: ven, 19 ott 2012 20:40
- Località: Marradi (FI)
Ma, seppur più rara, c'è anche la pronuncia tronca zenìt: DOP, Treccani, DiPI.valerio_vanni ha scritto:Dalla pronuncia di zènit.
Chi c’è in linea
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