Accenti tonici «sbagliati»
Moderatore: Cruscanti
Accenti tonici «sbagliati»
A che punto siamo? Dobbiamo ormai ritenere accettabili e corretti gli «accenti sbagliati»? Un piccolo campione (segno l’accento corretto): anòdino, (io mi) arrògo, bocciòlo, (io) centellíno, cosmopolíta, cucúlo, (io) devío, diàtriba, edíle, guaína, incàvo, infído, leccornía, mollíca, (io) ovvío, persuadére, pudíco, rubríca, salúbre, scandinàvo, seròtino, zaffíro...
Quali di questi pronunciate diversamente da come indicato?
Quali di questi pronunciate diversamente da come indicato?
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Riguardo al verbo centellinare, sono rimasti in pochi i dizionari che segnalano la pronuncia esatta: De Mauro e Devoto-Oli ultima edizione danno solo centèllino (:shock:), mentre il Sabatini-Coletti continua ad ammonire:
Questo lassismo lessicografico non è buon segno: la mancata indicazione della retta pronuncia, sia pure minoritaria nell’uso, non lascia a chi consulta la possibilità di fare la propria scelta con cognizione di causa.
Il DOP dice addirittura errata tale pronuncia sdrucciola.centellíno ecc., evit. centèllino ecc.
Questo lassismo lessicografico non è buon segno: la mancata indicazione della retta pronuncia, sia pure minoritaria nell’uso, non lascia a chi consulta la possibilità di fare la propria scelta con cognizione di causa.

Questo è vero. I vocabolari non dovrebbero nascondere la realtà facendo finta che certi errori non esistano, ma neanche registrarla passivamente.
Anche perché spesso si fanno passare per corrette le pronunce sbagliate (sempre per la questione della lectio difficilior). Ora, se i vocabolari non indicano quali sono quelle giuste c'è anche il rischio che qualcuno le disimpari per abituarsi a quelle sedicenti corrette...
Anche perché spesso si fanno passare per corrette le pronunce sbagliate (sempre per la questione della lectio difficilior). Ora, se i vocabolari non indicano quali sono quelle giuste c'è anche il rischio che qualcuno le disimpari per abituarsi a quelle sedicenti corrette...
È proprio questa «filosofia» dei nostri lessicografi che non riesco a capire. Faccio il solito confronto con la Francia: non solo il dizionario dell’Académie (consultabile in linea) guida l’utente all’uso piú proprio della lingua, ma anche certe indicazioni d’un diffusissimo vocabolario come Le Petit Robert (equiparabile, per diffusione, ai nostri Zingarelli e Garzanti); per esempio, après que (dopo che) in francese classico vuole, come in italiano, l’indicativo, ma la gente usa il congiuntivo (per analogia con avant que [prima che]); il Robert avverte:
Di che abbiamo paura? D’esser bollati di fascismo? Anche con una semplice indicazione, lasciando la libertà al parlante? Cela me dépasse...MOD. (emploi critiqué) Après que suivi du subj. par anal. avec avant que.

Be', adesso non esageriamo. La paura del fascismo si manifesta nell'allergia al patriottismo, oltre che, come giusto, al nazionalismo, identificato però con qualunque cosa sia contraria allo straniero.
Qui si tratta proprio di un diverso atteggiamento, una diversa concezione del lavoro del linguista: studiare la lingua senza interferire.
È difficile capire precisamente i motivi: uno potrebbe essere che siccome il monarca assoluto della lingua è S.A.R. Uso spetta solo a lui decidere; oppure, che siccome l'uso è determinato dalla maggioranza, e dato che la maggioranza sono i piú, allora solo i piú (cioè i non linguisti, o meglio gli ignoranti) stabiliscono il futuro della lingua; o ancora potrebbe essere pura e semplice rassegnazione: «non possiamo farci nulla, non ci darebbero ascolto – ma tanto noi continueremo a parlare correttamente» (atteggiamento elitario oltre che rinunciatario, o meglio rinunciatario perché elitario)...
Se a questo si aggiunge (attenzione: rischio banalità) un pizzico di dogmi pedagogici post-sessantottini del genere "bisogna che i bambini si esprimano, non è importante la grammatica", e perdipiú la convinzione della classe dirigente italiana di non poter mai fare nulla, che non si possa fare nulla senza un Capo padre-padrone...
Ma forse sto dipingendo le cose piú complicate di quanto non siano (lo spero!)...
Qui si tratta proprio di un diverso atteggiamento, una diversa concezione del lavoro del linguista: studiare la lingua senza interferire.
È difficile capire precisamente i motivi: uno potrebbe essere che siccome il monarca assoluto della lingua è S.A.R. Uso spetta solo a lui decidere; oppure, che siccome l'uso è determinato dalla maggioranza, e dato che la maggioranza sono i piú, allora solo i piú (cioè i non linguisti, o meglio gli ignoranti) stabiliscono il futuro della lingua; o ancora potrebbe essere pura e semplice rassegnazione: «non possiamo farci nulla, non ci darebbero ascolto – ma tanto noi continueremo a parlare correttamente» (atteggiamento elitario oltre che rinunciatario, o meglio rinunciatario perché elitario)...
Se a questo si aggiunge (attenzione: rischio banalità) un pizzico di dogmi pedagogici post-sessantottini del genere "bisogna che i bambini si esprimano, non è importante la grammatica", e perdipiú la convinzione della classe dirigente italiana di non poter mai fare nulla, che non si possa fare nulla senza un Capo padre-padrone...
Ma forse sto dipingendo le cose piú complicate di quanto non siano (lo spero!)...

Ma non sembra anche a lei che la gente consulti il dizionario per sapere cosa è giusto e cosa è sbagliato, piuttosto che per avere uno specchio fedele della realtà linguistica che già conosce? Se io dico centèllino e apro il vocabolario, non lo faccio per leggere che questa è la pronuncia corrente (cosa che già so), ma per sapere se è la pronuncia corretta; se il dizionario non mi dice che si dovrebbe dire centellíno, viene meno al proprio compito, rendendo vana la mia ricerca o dandomi informazioni forvianti (perché io, se non lo sapessi, potrei credere che centèllino è l’unica pronuncia corretta). Trovandomi invece davanti all’informazione, forse continuerò a dire come ho sempre detto, o forse, nei contesti appropriati, sapendo, userò l’accentazione giusta.
In fondo non s’interferisce sull’evoluzione: si rende edòtto il consultatore, che deciderà da sé come regolarsi.
Dare informazioni monche è anche una forma di manipolazione...
In fondo non s’interferisce sull’evoluzione: si rende edòtto il consultatore, che deciderà da sé come regolarsi.
Dare informazioni monche è anche una forma di manipolazione...
Marco, hai ragione.
Noto spesso che molti si accostano al dizionario (cosa già di per sé rara) in maniera sbagliata, fanno fatica a leggerlo nella « giusta » maniera. Se poi ci si mette anche il dizionario a filtrare le informazioni, allora siamo a posto.
Riguardo alla lista che propovevi, io opererei una suddistinzione:
1) pronunciare male le seguenti parole sono per me errori gravi: cosmopolita, edile, rubrica;
2) poi ci sono gli indicatori di buona conoscenza per chi imbrocca gli accenti di: anodino, arrogo, bocciolo, centellino, cuculo, devio, guaina, incavo, infido, leccornia, mollica, persuadere, pudico, salubre, scandinavo;
3) infine, serotino e ovvio sono per i veri letterati.
Per zaffiro e diatriba, io credo che ci possa essere tolleranza.
Noto spesso che molti si accostano al dizionario (cosa già di per sé rara) in maniera sbagliata, fanno fatica a leggerlo nella « giusta » maniera. Se poi ci si mette anche il dizionario a filtrare le informazioni, allora siamo a posto.
Riguardo alla lista che propovevi, io opererei una suddistinzione:
1) pronunciare male le seguenti parole sono per me errori gravi: cosmopolita, edile, rubrica;
2) poi ci sono gli indicatori di buona conoscenza per chi imbrocca gli accenti di: anodino, arrogo, bocciolo, centellino, cuculo, devio, guaina, incavo, infido, leccornia, mollica, persuadere, pudico, salubre, scandinavo;
3) infine, serotino e ovvio sono per i veri letterati.
Per zaffiro e diatriba, io credo che ci possa essere tolleranza.
Non solo si consulta il vocabolario a questo scopo, ma si ritiene comunemente che ciò che è riportato dal vocabolario è giusto.Marco1971 ha scritto:Ma non sembra anche a lei che la gente consulti il dizionario per sapere cosa è giusto e cosa è sbagliato, piuttosto che per avere uno specchio fedele della realtà linguistica che già conosce?
Ad esempio, ho fatto notare recentemente a qualcuno che si scrive soprattutto e non sopratutto: dizionario alla mano, mi ha risposto che «si può scrivere inentrambi i modi», solo perché il vocabolario afferma acriticamente «anche/oppure/meno comune sopratutto».
E poi, se una parola non c'è nel vocabolario "non esiste". E via dicendo... Alle elementari dovrebbero insegnare a usare il vocabolario.
Concordo sulla letterarietà di seròtino, ma il verbo ovviare è marcato comune nel GRADIT…
Sebbene il 99% della popolazione dica diatríba, e questo per probabile influsso del francese (cfr DELI), tal accento è supplizio a’ timpani miei!
Provate a dir zàffiro
(anche nella variante latineggiante saffiro) in questi versi:
Dolce color d’orïental zaffiro... (Dante)
O Gorgóna color dello zaffiro... (Pascoli)
Bonaccia, e nel saffiro non è nube... (D’Annunzio)
...e i versi nell’imo lóto sprofondano...

Sebbene il 99% della popolazione dica diatríba, e questo per probabile influsso del francese (cfr DELI), tal accento è supplizio a’ timpani miei!

Provate a dir zàffiro

Dolce color d’orïental zaffiro... (Dante)
O Gorgóna color dello zaffiro... (Pascoli)
Bonaccia, e nel saffiro non è nube... (D’Annunzio)
...e i versi nell’imo lóto sprofondano...

Sacrosante parole!Federico ha scritto:Alle elementari dovrebbero insegnare a usare il vocabolario.

È vero che ovviare è di largo uso, ma nessuno ne conosce l'accentazione esatta; per questo quelli che la conoscono emergono sugli altri.
Sulle questioni di metrica, non metto il becco: io pensavo, invece, alle diverse accentazioni derivateci dalla doppia tradizione greca/latina, di cui parla anche Serianni.
Sulle questioni di metrica, non metto il becco: io pensavo, invece, alle diverse accentazioni derivateci dalla doppia tradizione greca/latina, di cui parla anche Serianni.
Sí, è vero. Per zaffíro è tuttavia sorprendente e significativo a un tempo che il DOP, il Gabrielli e l’ottimo DeAgostini (già Sàndron) siano cosí categorici: «err. zàffiro». Sabatini-Coletti e Devoto-Oli sconsigliano la pronuncia sdrucciola: «evit. zàffiro»«meno correttamente zàffiro». Eppure, in greco era sdrucciolo...Incarcato ha scritto:...io pensavo, invece, alle diverse accentazioni derivateci dalla doppia tradizione greca/latina, di cui parla anche Serianni.

A me l'hanno insegnato, ad esempio, però in effetti non si può pretendere che a un bambino si dica che il vocabolario "non dice sempre la verità", cioè che riporta anche degli errori.Marco1971 ha scritto:Sacrosante parole!Federico ha scritto:Alle elementari dovrebbero insegnare a usare il vocabolario.

P.s.: mi stavo chiedendo quanto ancora avrebbero tardato le citazioni poetiche!
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