Dativo etico vs. pronome riflessivo
Moderatore: Cruscanti
- Francesco94
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Bene, lasciate da parte frasi latine e paroloni difficili, il filone è ritornato attivo e, cosa più importante, alla portata delle mie modeste capacità.
Rifaccio quindi capolino chiedendomi il perché dell'assenza in questo filone della definizione benefattivo.
Io distinguo perlomeno quattro tipi di frasi riflessive:
1) Mi mangio la mela. Benefattivo
2) Mi lavo le mani. Possessivo
3) Mi vesto. Riflessivo
4) Quel benedetto ragazzo mi si mette sempre nei guai. Dativo etico
Non ho incluso nella lista i verbi propriamente detti pronominali: vergognarsi, ecc.
Naturalmente in questo forum si discute sulla lingua italiana, ed io non faccio eccezione. Ne viene che quanto scritto sopra è una mia idea, un ragionamento. Dunque, ben vengano ragguagliamenti, sicuramente ben oculati, vista la competenza degli utenti tutti.
Faccio, anzi farei, visto che non sono a casa mia, invito a rimanere centrati sul tema, cioè la distinzione tra dativo benefattivo e dativo etico.
Per il resto, fate conto di non essere ad un seminario per esperti, ma in un forum il quale lettorato è composto sia da utenti ferrati in materia, sia da altri, come me, meno bravi. Insomma, si agisca, se possibile, cum grano salis.
Rifaccio quindi capolino chiedendomi il perché dell'assenza in questo filone della definizione benefattivo.
Io distinguo perlomeno quattro tipi di frasi riflessive:
1) Mi mangio la mela. Benefattivo
2) Mi lavo le mani. Possessivo
3) Mi vesto. Riflessivo
4) Quel benedetto ragazzo mi si mette sempre nei guai. Dativo etico
Non ho incluso nella lista i verbi propriamente detti pronominali: vergognarsi, ecc.
Naturalmente in questo forum si discute sulla lingua italiana, ed io non faccio eccezione. Ne viene che quanto scritto sopra è una mia idea, un ragionamento. Dunque, ben vengano ragguagliamenti, sicuramente ben oculati, vista la competenza degli utenti tutti.
Faccio, anzi farei, visto che non sono a casa mia, invito a rimanere centrati sul tema, cioè la distinzione tra dativo benefattivo e dativo etico.
Per il resto, fate conto di non essere ad un seminario per esperti, ma in un forum il quale lettorato è composto sia da utenti ferrati in materia, sia da altri, come me, meno bravi. Insomma, si agisca, se possibile, cum grano salis.
Arriveremo al giorno in cui, per chiamare "pietre" le pietre bisognerà sguainare la spada. La mia mano stringe l'impugnatura.
- Animo Grato
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Come si evince dalle risposte dell'Infarinato e dall'articolo di Massimo Bellina già citato, la categoria "benefattivo", la cui assenza tanto la strugge ( ), corrisponde a quell'«uso pronominale intensivo» (così il Bellina) che dà a verbi transitivi (quindi coniugati senza l'aggiunta di un pronome riferito al soggetto) lo stesso aspetto dei verbi intransitivi pronominali (come pentirsi) e delle forme riflessive.
In questo caso rientra la sua frase 1 (Mi mangio la mela). Se vuole chiamarlo benefattivo (termine che personalmente non avevo mai sentito), buon per lei. Comunque, per capire come funziona basta leggere l'articolo del Bellina; l'ansia di incasellarlo in una rigida classificazione è un esempio di quella «tassonomia esasperata» di cui parla Serianni, ed è un approccio che rischia di farci assomigliare più all'anatomopatologo che seziona i morti che non al medico che studia i vivi: dipende dallo stato di salute che attribuiamo alla nostra lingua...
Quello che lei chiama possessivo (frase 2) è generalmente noto come "riflessivo apparente".
Il 3 è il riflessivo vero e proprio.
Infine il dativo etico. Questo invece non si può confondere con nessun riflessivo (reale o apparente), né coi verbi pronominali, né (morfologicamente) col "benefattivo" (anche se, come ricordava sempre l'Infarinato, svolge un'analoga funzione affettivo-intensiva). Ma ciò che lo identifica chiaramente è che il pronome non può riferirsi al soggetto. È vero che nel suo esempio compare un riflessivo (si mette sempre nei guai), ma il dativo etico è nel mi si mette, non nel si mette!
Quindi almeno questo lo deve espungere dal suo elenco dei «quattro tipi di frasi riflessive».
In questo caso rientra la sua frase 1 (Mi mangio la mela). Se vuole chiamarlo benefattivo (termine che personalmente non avevo mai sentito), buon per lei. Comunque, per capire come funziona basta leggere l'articolo del Bellina; l'ansia di incasellarlo in una rigida classificazione è un esempio di quella «tassonomia esasperata» di cui parla Serianni, ed è un approccio che rischia di farci assomigliare più all'anatomopatologo che seziona i morti che non al medico che studia i vivi: dipende dallo stato di salute che attribuiamo alla nostra lingua...
Quello che lei chiama possessivo (frase 2) è generalmente noto come "riflessivo apparente".
Il 3 è il riflessivo vero e proprio.
Infine il dativo etico. Questo invece non si può confondere con nessun riflessivo (reale o apparente), né coi verbi pronominali, né (morfologicamente) col "benefattivo" (anche se, come ricordava sempre l'Infarinato, svolge un'analoga funzione affettivo-intensiva). Ma ciò che lo identifica chiaramente è che il pronome non può riferirsi al soggetto. È vero che nel suo esempio compare un riflessivo (si mette sempre nei guai), ma il dativo etico è nel mi si mette, non nel si mette!
Quindi almeno questo lo deve espungere dal suo elenco dei «quattro tipi di frasi riflessive».
«Ed elli avea del cool fatto trombetta». Anonimo del Trecento su Miles Davis
«E non piegherò certo il mio italiano a mere (e francamente discutibili) convenienze sociali». Infarinato
«Prima l'italiano!»
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Ecco! Non l'aveva mai sentito. Più chiaro di così! Evviva la sincerità! E si becca un bel Bravo! per avermi corretto riguardo alla definizione di frasi riflessive.Animo Grato ha scritto:Come si evince (...) Se vuole chiamarlo benefattivo (termine che personalmente non avevo mai sentito), buon per lei.
Cercando in rete lo trova. Il De Mauro scrive: Benefattivo 2. s.m. TS gramm. => dativo di vantaggio
Sì, credo che il problema risieda nella terminologia, anche se non sono del tutto convinto. Sempre in rete avrei trovato questo:
Simone (1993: 97) nota infine come alcune di queste espressioni siamo estremamente ambigue. Una frase come (20), ad esempio, può avere i tre significati sotto elencati:
(20) Mi fai una telefonata?
a. ‘Fai una telefonata a me’ CLITICO OGGETTO INDIRETTO
b. ‘Fai una telefonata al posto mio’ RIFERIMENTO PERSONALE
c. ‘Fai una telefonata a mio vantaggio’ RIFERIMENTO PERSONALE
L’ambiguità di queste forme è notata anche da Salvi (2001), che, nell’analizzare il complemento indiretto, distingue diverse funzioni che ci interessano da vicino: “possessore”, “benefattivo” e “dativo etico”.
Orbene, ammetto che non sono la persona più adatta per criticare quanto sopra. Resta inconfutabile la presenza della parola benefattivo.
Sempre dello stesso sito è questo stralcio:
La differenza tra benefattivo vero e proprio e dativo etico è rilevata anche da Lo Cascio (1970), che, nel discutere le funzioni dei “sostituenti d’ordine” (ovvero i pronomi atoni, clitici), si sofferma su quelli che sostituiscono il funzionale per (1970: 74) (26), e nota come in alcuni casi la costruzione preposizionale corrispondente non sia possibile (27).
(26) Saremmo andati a prenderle il latte vs. Saremmo andati a prendere il latte per lei (27) Ingegnere dove mi hai messo il bagno! vs. *Ingegnere dove hai messo il bagno per me!
Alla fin fine mi chiedevo, coerentemente con il mio precedente intervento, il perché di questa assenza. E il suo ben articolato intervento ha anche portato la risposta. Benefattivo è parola sconosciuta per alcuni e conosciuta per altri. Tutto qui. Senza tanti struggimenti. Il fatto che io, casualmente, la conoscessi è da imputare all'età, sicuramente superiore alla sua. Non certo ad una maggiore istruzione linguistica. Popolanamente direi che si è trattato di un colpo di culo.
Arriveremo al giorno in cui, per chiamare "pietre" le pietre bisognerà sguainare la spada. La mia mano stringe l'impugnatura.
- Francesco94
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Caro Animo Grato,
La ringrazio per aver spiegato in maniera chiara e concisa la differenza tra i riflessivi derivati, dativo etico e riflessivo vero e proprio.
Chiedo ancora una volta gentilmente perché il verbo di questa frase si dice che abbia un valore mediale.
"Leggiti bene questo libro" (dal Treccani)
Perché il Treccani afferma che è un verbo con funzione mediale mentre in un altro filone Infarinato afferma che è un dativo etico?
Se "mangiati la mela" è un dativo etico, perché non lo è "mi mango una mela"?
Nell'esempio "Mi mangio la mela" inizialmente pensavo fosse un dativo etico mentre ora mi rendo conto che non è così. Quindi, il verbo ha valore mediale?
Se dico "Mangio la mela" oppure "Leggi bene questo libro", non è la stessa cosa? Non sono perciò dativi etici?
Sinceramente ho ancora qualche dubbio sull'articolo del Bellina e sulla differenza tra un verbo con funzione mediale ed un dativo etico.
La ringrazio per aver spiegato in maniera chiara e concisa la differenza tra i riflessivi derivati, dativo etico e riflessivo vero e proprio.
Chiedo ancora una volta gentilmente perché il verbo di questa frase si dice che abbia un valore mediale.
"Leggiti bene questo libro" (dal Treccani)
Perché il Treccani afferma che è un verbo con funzione mediale mentre in un altro filone Infarinato afferma che è un dativo etico?
Se "mangiati la mela" è un dativo etico, perché non lo è "mi mango una mela"?
Nell'esempio "Mi mangio la mela" inizialmente pensavo fosse un dativo etico mentre ora mi rendo conto che non è così. Quindi, il verbo ha valore mediale?
Se dico "Mangio la mela" oppure "Leggi bene questo libro", non è la stessa cosa? Non sono perciò dativi etici?
Sinceramente ho ancora qualche dubbio sull'articolo del Bellina e sulla differenza tra un verbo con funzione mediale ed un dativo etico.
- Animo Grato
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Non sono l'interprete dei pensieri dell'Infarinato, ma presumo che in quell'occasione abbia parlato di dativo etico perché, come ha detto nella pagina precedente, «assolve[ndo] alla medesima funzione affettivo-intensiva», si può considerare, «[l]ato sensu» (corsivo suo, sottolineatura mia), una forma di dativo etico. E, qualunque cosa siano, «mangiati una mela» e «mi mangio una mela» sono, da questo punto di vista, la stessa cosa (possiamo cioè tirare in ballo un dativo etico "allargato" o quel valore mediale/benefattivo/dativo di vantaggio che è causa di tanti crucci).Francesco94 ha scritto:Chiedo ancora una volta gentilmente perché il verbo di questa frase si dice che abbia un valore mediale.
"Leggiti bene questo libro" (dal Treccani)
Perché il Treccani afferma che è un verbo con funzione mediale mentre in un altro filone Infarinato afferma che è un dativo etico?
Se "mangiati la mela" è un dativo etico, perché non lo è "mi mango una mela"?
Un dativo etico in senso stretto si troverebbe nella frase di un'ipotetica mamma che, di fronte alla bocca ostinatamente serrata del pargolo deciso a non ingurgitare l'omogeneizzato, esclamasse: «Benedetta creatura, perché non mi mangi la pappa?». Mentre il clitico mediale/benefattivo/ecc. coincide col soggetto (e quindi può, in teoria, confondersi con la coniugazione riflessiva), nel dativo etico "stretto" soggetto e clitico non coincidono mai. Questo, in compenso, rende possibile una certa ambiguità con altri casi, come in quest'altro esempio casalingo: un piccolo despota "ruba" la fetta di torta dal piatto del fratellino, che piangendo grida: «Mamma, Caino [nomen omen] mi ha mangiato la torta». Qui si tratta di un complemento di termine impiegato, in quel modo tipico dell'italiano, per indicare il possessore della cosa a cui ci si riferisce («gli ho rotto gli occhiali», «gli hanno spezzato un braccio»).
Dal che si intuisce che i casi di dativo etico D.O.P. sono relativamente rari, perché quando c'è coincidenza tra soggetto e clitico dovremmo parlare, più propriamente, di "uso pronominale intensivo-affettivo", e quando non c'è è assai più probabile che si tratti di un normale complemento di termine.
A questo proposito, prenderei in considerazione l'esempio riferito da Maestro Italiano: «Mi fai una telefonata?». Mi sembra assai infelice:
1) per la dizione «clitico oggetto indiretto»: quel clitico è un complemento di termine (infatti viene poi svolto come «a te»), non un oggetto; tant'è che se ci fosse un'altra persona, la frase diventerebbe «gli fai una telefonata», non *«lo fai una telefonata» (e il clitico oggetto è solamente lo, non gli). "Oggetto indiretto" mi sembra una terminologia mutuata dall'inglese, per costruzioni come give him a call;
2) la distinzione tra b e c è più materia per Tommaso d'Aquino che per noi comuni mortali;
3) sfido chiunque ad immaginare come primo significato quello dei punti b o c. E, siccome lo scopo del linguaggio è comunicare, se si formula una frase del genere la colpa del [probabilissimo] fraintendimento ricade interamente su chi l'ha pronunciata (e sui suoi discendenti, fino alla settima generazione).
Se è interpretabile come complemento di termine, è un complemento di termine; se volevi dire qualcos'altro, ti sei espresso male.
«Ed elli avea del cool fatto trombetta». Anonimo del Trecento su Miles Davis
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Animo Grato ha già risposto piú che adeguatamente. Mi limiterò qui a brevi osservazioni su pochi punti, e in particolare sul perché io abbia in un primo tempo parlato di «dativo etico» (in senso lato), per poi correggere lievemente il tiro…
Sarebbe infatti bastato andare a consultare in biblioteca (sí, anche in Giappone, caro il mio sempreverde maestro ) quanto scrive il Simone poche righe prima, per farsi un’opinione leggermente diversa sulla questione…
Sincronicamente parlando, invece, è bene tenere distinti [in italiano] i due concetti di «dativo etico» (in senso stretto) e di «dativo benefattivo».
Riassumo qui di séguito le principali funzioni del complemento indiretto italiano (cioè del buon vecchio «complemento di termine») seguendo la Grande grammatica italiana di consultazione, vol. I, §I.3.3.3, da cui traggo tutti gli esempi (mi vorrete perdonare se non ricopio integralmente il paragrafo, che è davvero troppo lungo):
E ora basta, grazie.
Ecco, questo è il problema di oggi: la Rete, strumento stupendo se usato oculatamente, ma che non può sostituirsi a un liceo classico, a un corso di studi in italianistica o anche solo ai relativi libri di testo (…e nemmeno a una laurea in medicina o a una specializzazione in immunologia, ma sto andando «fuori fòro»).Maestro Italiano ha scritto:[I]n rete avrei trovato questo:
Simone (1993: 97) nota infine come alcune di queste espressioni siamo estremamente ambigue.
Sarebbe infatti bastato andare a consultare in biblioteca (sí, anche in Giappone, caro il mio sempreverde maestro ) quanto scrive il Simone poche righe prima, per farsi un’opinione leggermente diversa sulla questione…
Ecco perché ho inizialmente parlato di «dativo etico» (in senso lato). Infatti, sul piano diacronico, questi dativi di (s)vantaggio / benefattivi non possono certo derivare da voci verbali medie, che in latino non esistevano [piú] e che comunque erano forme sintetiche senz’alcun clitico, ma si configurano invece come estensioni e specializzazioni di quella funzione affettivo-intensiva propria del dativo etico latino.Simone (1993) a p. 96 (sott. mie) ha scritto:7.2 Verbi con riferimento personale
Una proprietà tipica dell’italiano dal punto di vista lessicale è la possibilità di associare, praticamente a qualsiasi verbo transitivo, un pronome clitico personale indicante la persona rispetto alla quale l’azione descritta viene vista. Questo uso è percepito come tipico del parlato informale, ma è facile trovarne esempi anche in registri piú accurati. Illustrare questo meccanismo non è facile; è meglio farne qualche esempio:
Negli esempi citati, il riferimento personale ha un significato evidente, che è quello di indicare la persona a vantaggio o a svantaggio della quale l’azione descritta viene compiuta. In questo senso, le forme di verbo con riferimento personale sono probabilmente un’eredità del cosiddetto «dativo etico» latino, che aveva approssimativamente la stessa funzione.
FORMA SENZA RIFERIMENTO PERSONALE FORMA CON RIFERIMENTO PERSONALE Ho bevuto una birra Mi sono bevuto una birra Ho fatto un lungo viaggio Mi sono fatto un lungo viaggio Abbiamo visto un bel film Ci siamo vist[i] un bel film
Sincronicamente parlando, invece, è bene tenere distinti [in italiano] i due concetti di «dativo etico» (in senso stretto) e di «dativo benefattivo».
Riassumo qui di séguito le principali funzioni del complemento indiretto italiano (cioè del buon vecchio «complemento di termine») seguendo la Grande grammatica italiana di consultazione, vol. I, §I.3.3.3, da cui traggo tutti gli esempi (mi vorrete perdonare se non ricopio integralmente il paragrafo, che è davvero troppo lungo):
- Esperiente: A Piero ne capitano di tutti i colori.
- Dativo: Ho dato il libro a Piero. / Gli ho dato il libro.
- Oggetto (in frasi con «verbo supporto»): Ho dato una lavata alla macchina (= «ho lavato la macchina»).
- Possessore (con le restrizioni che sappiamo):
- Ho lavato le mani a Piero.
- Mi ha fatto uno strappo sulla giacca.
- Il pensiero gli corse subito a Maria.
- (rifl.) Mi sono lavato le mani.
- (rifl.) Si è fatto uno strappo sulla giacca.
- Luogo (in dipendenza da certe preposizioni polisillabiche): Piero corre dietro a Maria / Piero le corre dietro.
- Benefattivo (cioè «di vantaggio/svantaggio»):
- Ha comprato una casa per/a Giovanni / Gli ha comprato una casa.
- (rifl.) Si è mangiato la minestra.
- (rifl.) Mi sono letto il libro in due giorni.
- Dativo etico: Ed ecco che ti danno uno schiaffo a Maria.
E ora basta, grazie.
Ultima modifica di Infarinato in data mer, 17 apr 2019 16:04, modificato 2 volte in totale.
Motivazione: Ripristinate faccine
Motivazione: Ripristinate faccine
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- Iscritto in data: mar, 07 ago 2018 12:37
Caro il mio Infarinato, vedo che è ritornato per "appulcrare".
La ringrazio per la risposta. Visto che in rete, ma non solo, si trova un po' di tutto. Cruscate non fa eccezione. Ma va bene lo stesso perché c'è sempre qualcosa da imparare. Poi starà alle singole persone decidere, in base alle proprie competenze, se stare da questa o da quella parte. Giusto?
Ed ora passiamo al superfluo. Alle cose personali. Eh sì, in Giappone ci vengo per visitare mio figlio e il tempo di visitare biblioteche non ne ho. Per tale ragione trovo utile fare una visitina qui, tra connazionali.
Se avrà l'occasione, e se sarò in Giappone, e l'invito è esteso a tutti i connazionali, mi venga pure a trovare! Vedrà che il mondo è più grande e vario di quanto possiamo immaginare.
La ringrazio per la risposta. Visto che in rete, ma non solo, si trova un po' di tutto. Cruscate non fa eccezione. Ma va bene lo stesso perché c'è sempre qualcosa da imparare. Poi starà alle singole persone decidere, in base alle proprie competenze, se stare da questa o da quella parte. Giusto?
Ed ora passiamo al superfluo. Alle cose personali. Eh sì, in Giappone ci vengo per visitare mio figlio e il tempo di visitare biblioteche non ne ho. Per tale ragione trovo utile fare una visitina qui, tra connazionali.
Se avrà l'occasione, e se sarò in Giappone, e l'invito è esteso a tutti i connazionali, mi venga pure a trovare! Vedrà che il mondo è più grande e vario di quanto possiamo immaginare.
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- Infarinato
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- Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 10:40
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Proprio cosí. È per questo che bisogna disporre del necessario spirito critico e di testi seri cui poter fare riferimento in caso di necessità.Maestro Italiano ha scritto:Visto che in rete, ma non solo, si trova un po' di tutto. Cruscate non fa eccezione.
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Infatti! Che poi alla base di tutto c'era quel disconoscimento (per lo meno io l'ho interpretata così) della parola benefattivo. Quando ho chiesto che cosa volesse dire dativo debole non ho ricevuto risposta. Poi in seguito siamo andati a rifinire a Umberto Eco. In pace sia. Poi il vento è ritornato in poppa ed eccoci qui.Infarinato ha scritto:Sincronicamente parlando, invece, è bene tenere distinti [in italiano] i due concetti di «dativo etico» (in senso stretto) e di «dativo benefattivo».
Se avesse scritto subito la sua frase:
Sincronicamente parlando, invece, è bene tenere distinti [in italiano] i due concetti di «dativo etico» (in senso stretto) e di «dativo benefattivo» io mi sarei messo il cuore in pace.
Ora l'equivoco è chiarito. Alla fine era un problema di terminologia e di male interpretazione. Ora mi vado a visitare i collegamenti che mi ha indicato, poi mi chiederò dove sia stata resa giustizia e dove no, cercherò di capire se questo dizionario è fatto come quelli di una volta, insomma, come suggeritomi da lei, mi muoverò con fare critico, occhiuto.
Riguardo poi a Sempervirens, risponda che quando c'era c'ero.
Arriveremo al giorno in cui, per chiamare "pietre" le pietre bisognerà sguainare la spada. La mia mano stringe l'impugnatura.
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