Subordinate rette dalla protasi del periodo ipotetico: congiuntivo o indicativo?
Moderatore: Cruscanti
Subordinate rette dalla protasi del periodo ipotetico: congiuntivo o indicativo?
Salve, ho dei dubbi su queste frasi: qual è, nella protasi, la relativa corretta per esprimere contemporaneità?
Se avessi saputo che ti servisse/serviva, te lo avrei regalato.
Se avessi visto che si irrigidisse/irrigidiva, mi sarei fermato.
Se vedessi qualcosa che facesse/fa al caso suo, gliela comprerei.
Se avessi saputo che ti servisse/serviva, te lo avrei regalato.
Se avessi visto che si irrigidisse/irrigidiva, mi sarei fermato.
Se vedessi qualcosa che facesse/fa al caso suo, gliela comprerei.
Ultima modifica di Ferdinand Bardamu in data ven, 21 giu 2019 23:53, modificato 1 volta in totale.
Motivazione: Reso piú chiaro l’oggetto del filone
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Re: Subordinate rette dalla protasi del periodo ipotetico: congiuntivo o indicativo?
Prima di tutto, delle tre frasi proposte, solo l’ultima contiene una frase relativa.
Nel periodo ipotetico non credo che si possa parlare di contemporaneità: la protasi esprime una condizione e l’apodosi la sua conseguenza. Una conseguenza è necessariamente posteriore, sia pure di un secondo.
Riprendendo gli esempi del Treccani sotto protasi e apodosi: se piove, apri l’ombrello; se lavoro troppo, mi stanco, si vede bene che prima deve cominciare a piovere per aprire l’ombrello, e che prima devo aver lavorato troppo per stancarmi.
E lo stesso vale per le tre frasi sopra riportate: prima devo sapere/vedere, poi posso regalare/comprare/fermarmi. E questo non cambia con la scelta del tempo.
Nel periodo ipotetico non credo che si possa parlare di contemporaneità: la protasi esprime una condizione e l’apodosi la sua conseguenza. Una conseguenza è necessariamente posteriore, sia pure di un secondo.
Riprendendo gli esempi del Treccani sotto protasi e apodosi: se piove, apri l’ombrello; se lavoro troppo, mi stanco, si vede bene che prima deve cominciare a piovere per aprire l’ombrello, e che prima devo aver lavorato troppo per stancarmi.
E lo stesso vale per le tre frasi sopra riportate: prima devo sapere/vedere, poi posso regalare/comprare/fermarmi. E questo non cambia con la scelta del tempo.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Re: Subordinate rette dalla protasi del periodo ipotetico: congiuntivo o indicativo?
Intendevo la scelta del modo adatto per esprimere contemporaneità tra la protasi e la sua subordinata introdotta da che. La scelta, nelle frasi in questione, ricade tra le due opzioni (indicativo/congiuntivo): non riesco a capire quale sia preferibile, se dipenda dalla facoltà di reggere l'uno o l'altro del verbo principale, dal contesto formale o meno ecc. Riporto un altro esempio:
"Se avessi detto che volevano/volessero venire, li avrei invitati"
"Se dicessi che vogliono/volessero venire, li inviterei"
"Se avessi detto che volevano/volessero venire, li avrei invitati"
"Se dicessi che vogliono/volessero venire, li inviterei"
Re: Subordinate rette dalla protasi del periodo ipotetico: congiuntivo o indicativo?
Con avessi detto si esprime anteriorità. Con dicessi, contemporaneità, sia che si usi l’imperfetto del congiuntivo o dell’indicativo, sia che si usi l’indicativo presente nella subordinata.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Re: Subordinate rette dalla protasi del periodo ipotetico: congiuntivo o indicativo?
Quindi non c'è differenza nella scelta tra questi tempi nella subordinata di una protasi di un periodo ipotetico?
Re: Subordinate rette dalla protasi del periodo ipotetico: congiuntivo o indicativo?
Non per quanto riguarda i rapporti temporali (contemporaneità, ecc.).
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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