
«Dopo che»: indicativo o congiuntivo?
Moderatore: Cruscanti
Questione per me interessante, che non ho avuto la fortuna di incrociare. Qualcuno è in grado di segnalarmi il luogo preciso in cui se ne è dibattuto? Grazie!marco1971 ha scritto:Verga ha scritto:
...ed egli mi narrò le parti principali di quella storia di cui noi avevamo assistito alla triste catastrofe...
Qui, Verga o non Verga, c’è un errore; egli doveva scrivere: di quella storia alla triste catastrofe della quale noi avevamo assistito. Se n’era parlato da qualche parte, tempo fa.
Ho ritrovato: qui.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Re: «Dopo che»: indicativo o congiuntivo?
Buonasera,
perdonate se rilancio il filone: nella frase "dopo che papà [riaccompagnare] possiamo/potremmo andare in profumeria", il predicato della subordinata può essere coniugato al passato prossimo? Oppure è necessario il congiuntivo passato, trattandosi di evento non ancora occorso? O, ancora, la forma corretta è "ci avrà riaccompagnati"?
perdonate se rilancio il filone: nella frase "dopo che papà [riaccompagnare] possiamo/potremmo andare in profumeria", il predicato della subordinata può essere coniugato al passato prossimo? Oppure è necessario il congiuntivo passato, trattandosi di evento non ancora occorso? O, ancora, la forma corretta è "ci avrà riaccompagnati"?
- Francesco94
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Re: «Dopo che»: indicativo o congiuntivo?
Buonasera, Noctisdomina,
la subordinata temporale esplicita ammette tutt'e tre i tempi verbali.
Il congiuntivo passato viene preferito al passato prossimo nella subordinata temporale quando essa è introdotta da congiunzioni o locuzioni congiuntive come "dopo che"; tuttavia, la principale dev'essere costituita dalle forme verbali come credere, pensare, sperare e supporre (coniugate all'indicativo presente).
Dunque, ritengo che la subordinata della frase in questione debba avere il predicato coniugato al futuro anteriore.
«Dopo che papà ci avrà riaccompagnati, potremo andare in profumeria».
Cordialmente.
la subordinata temporale esplicita ammette tutt'e tre i tempi verbali.
Il congiuntivo passato viene preferito al passato prossimo nella subordinata temporale quando essa è introdotta da congiunzioni o locuzioni congiuntive come "dopo che"; tuttavia, la principale dev'essere costituita dalle forme verbali come credere, pensare, sperare e supporre (coniugate all'indicativo presente).
Dunque, ritengo che la subordinata della frase in questione debba avere il predicato coniugato al futuro anteriore.
«Dopo che papà ci avrà riaccompagnati, potremo andare in profumeria».
Cordialmente.
Re: «Dopo che»: indicativo o congiuntivo?
Questo non è vero: credere, pensare ecc. non hanno alcun influsso sul tempo della subordinata introdotta da dopo che. L’uso dell’indicativo e del congiuntivo con questa congiunzione è spiegato all’inizio di questo filone.Francesco94 ha scritto: ven, 15 mag 2020 0:31 Il congiuntivo passato viene preferito al passato prossimo nella subordinata temporale quando essa è introdotta da congiunzioni o locuzioni congiuntive come "dopo che"; tuttavia, la principale dev'essere costituita dalle forme verbali come credere, pensare, sperare e supporre (coniugate all'indicativo presente).

Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Re: «Dopo che»: indicativo o congiuntivo?
Buonasera Sig. Francesco e Sig. Marco,
Vi ringrazio per l'attenzione.
L'interrogativo sorge dalla sfumatura di proposta che soffonde la reggente, che l'indicativo della lingua scritta forse non riesce a manifestare.
Se sostituissi l'indicativo con il condizionale, ed effettuassi un'inversione logica, quale sarebbe la costruzione adeguata?
1) Potremmo andare in profumeria dopo che papà ci avrà riaccompagnati.
2) Potremmo andare in profumeria dopo che papà ci abbia riaccompagnati.
Durante una conversazione telefonica ho istintivamente pronunciato:
Dopo che papà ci ha riaccompagnati, possiamo andare in profumeria (sottinteso: sei d'accordo?).
Vi ringrazio per l'attenzione.
L'interrogativo sorge dalla sfumatura di proposta che soffonde la reggente, che l'indicativo della lingua scritta forse non riesce a manifestare.
Se sostituissi l'indicativo con il condizionale, ed effettuassi un'inversione logica, quale sarebbe la costruzione adeguata?
1) Potremmo andare in profumeria dopo che papà ci avrà riaccompagnati.
2) Potremmo andare in profumeria dopo che papà ci abbia riaccompagnati.
Durante una conversazione telefonica ho istintivamente pronunciato:
Dopo che papà ci ha riaccompagnati, possiamo andare in profumeria (sottinteso: sei d'accordo?).
Re: «Dopo che»: indicativo o congiuntivo?
La frase 1 appartiene all’italiano dell’uso medio; la 2 è dell’italiano scritto e sostenuto (e contiene in sé l’incertezza del riaccompagnamento da parte di papà); l’ultima frase è propria del parlato spontaneo (non per nulla lei l’ha pronunciata cosí). In conclusione, sono corrette tutte e tre, ma ciascuna trova il suo miglior impiego in contesti comunicativi diversi.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Re: «Dopo che»: indicativo o congiuntivo?
Ancora grazie.
Re: «Dopo che»: indicativo o congiuntivo?
Mi permetto, Marco, di dissentire parzialmente.
A mio parere, la differenza tra le frasi 1 e 2, più che di registro, è di carattere semantico.
Nella frase 1 il riaccompagnamento è percepito come un fatto certo (perché, ad es., papà me l’ha promesso, perché sta per arrivare, perché abitualmente, quando usciamo da scuola, ci riaccompagna a casa, ecc.); nella frase 2, invece, come un fatto eventuale (perché non è sicuro che papà ci riaccompagni).
A mio parere, la differenza tra le frasi 1 e 2, più che di registro, è di carattere semantico.
Nella frase 1 il riaccompagnamento è percepito come un fatto certo (perché, ad es., papà me l’ha promesso, perché sta per arrivare, perché abitualmente, quando usciamo da scuola, ci riaccompagna a casa, ecc.); nella frase 2, invece, come un fatto eventuale (perché non è sicuro che papà ci riaccompagni).
Re: «Dopo che»: indicativo o congiuntivo?
E che cosa ho scritto io sopra tra parentesi riguardo alla frase 2? 

Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Re: «Dopo che»: indicativo o congiuntivo?
Le preciso, anzitutto, che ho usato il termine «parzialmente».
Ma il punto non è l’uso del congiuntivo nella frase 2 (o dell’indicativo nella frase 1): è l’analisi.
Lei ha scritto che «La frase 1 appartiene all’italiano dell’uso medio; la 2 è dell’italiano scritto e sostenuto (e contiene in sé l’incertezza del riaccompagnamento da parte di papà)».
Vale a dire: l’indicativo appartiene all’«italiano dell’uso medio» e il congiuntivo all’«italiano scritto e sostenuto».
Ebbene, non comprendo questa dicotomia (che comprenderei, invece, se Noctisdomina avesse detto che il riaccompagnamento non era certo: in tal caso sì, l’uso dell’indicativo sarebbe da evitare nell’«italiano scritto e sostenuto»).
A mio parere, in mancanza di indicazioni da parte di Noctisdomina circa il modo in cui è percepito l’evento, la frase 1 non è relegabile aprioristicamente all’«italiano dell’uso medio», perché se (per ipotesi) il riaccompagnamento è avvertito come un fatto certo, allora la scelta dell’indicativo mi sembra quella più appropriata.
Detto altrimenti: se l’evento è percepito come certo, perché non si dovrebbe usare l’indicativo nell’«italiano scritto e sostenuto»?
Ecco perché, nel mio precedente intervento, ho affermato – contrariamente a quanto da Lei scritto – che la differenza tra le due frasi in esame, così come proposte, sta non tanto nel registro, quanto piuttosto nella valenza semantica (posto che – giova ribadirlo – Noctisdomina non ha specificato come l’evento sia percepito).
Non mi sembra che abbiamo detto la stessa cosa...

Ma il punto non è l’uso del congiuntivo nella frase 2 (o dell’indicativo nella frase 1): è l’analisi.
Lei ha scritto che «La frase 1 appartiene all’italiano dell’uso medio; la 2 è dell’italiano scritto e sostenuto (e contiene in sé l’incertezza del riaccompagnamento da parte di papà)».
Vale a dire: l’indicativo appartiene all’«italiano dell’uso medio» e il congiuntivo all’«italiano scritto e sostenuto».
Ebbene, non comprendo questa dicotomia (che comprenderei, invece, se Noctisdomina avesse detto che il riaccompagnamento non era certo: in tal caso sì, l’uso dell’indicativo sarebbe da evitare nell’«italiano scritto e sostenuto»).
A mio parere, in mancanza di indicazioni da parte di Noctisdomina circa il modo in cui è percepito l’evento, la frase 1 non è relegabile aprioristicamente all’«italiano dell’uso medio», perché se (per ipotesi) il riaccompagnamento è avvertito come un fatto certo, allora la scelta dell’indicativo mi sembra quella più appropriata.
Detto altrimenti: se l’evento è percepito come certo, perché non si dovrebbe usare l’indicativo nell’«italiano scritto e sostenuto»?
Ecco perché, nel mio precedente intervento, ho affermato – contrariamente a quanto da Lei scritto – che la differenza tra le due frasi in esame, così come proposte, sta non tanto nel registro, quanto piuttosto nella valenza semantica (posto che – giova ribadirlo – Noctisdomina non ha specificato come l’evento sia percepito).
Non mi sembra che abbiamo detto la stessa cosa...

Re: «Dopo che»: indicativo o congiuntivo?
Lei fa delle illazioni e interpreta liberamente quello che non ho scritto. Non ho detto da nessuna parte che l’indicativo sarebbe da evitare nello scritto. La differenza tra le due frasi sta tanto nel registro quanto nella sfumatura semantica (che avevo precisato).
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Re: «Dopo che»: indicativo o congiuntivo?
Lei nega l'evidenza. 

Re: «Dopo che»: indicativo o congiuntivo?
No, la deduzione è solo sua, io ho parlato di quelle particolari frasi, non in generale, perché in quella frase il congiuntivo non è usuale nella lingua parlata. E lei ne deduce che ho detto che l’indicativo non si può usare nella lingua sostenuta? Di qui il travisamento di tutto quel che segue.Dario G ha scritto: ven, 15 mag 2020 21:19 Lei ha scritto che «La frase 1 appartiene all’italiano dell’uso medio; la 2 è dell’italiano scritto e sostenuto (e contiene in sé l’incertezza del riaccompagnamento da parte di papà)».
Vale a dire: l’indicativo appartiene all’«italiano dell’uso medio» e il congiuntivo all’«italiano scritto e sostenuto».
La storia della certezza e dell’incertezza è molto relativa, soprattutto trattandosi del futuro, che già di per sé esprime incertezza. E comunque no, l’uso dell’indicativo per esprimere incertezza può anche essere dell’italiano scritto e sostenuto in certi casi.Dario G ha scritto: ven, 15 mag 2020 21:19 Vale a dire: l’indicativo appartiene all’«italiano dell’uso medio» e il congiuntivo all’«italiano scritto e sostenuto».
Ebbene, non comprendo questa dicotomia (che comprenderei, invece, se Noctisdomina avesse detto che il riaccompagnamento non era certo: in tal caso sì, l’uso dell’indicativo sarebbe da evitare nell’«italiano scritto e sostenuto»).
Insomma, a me sembra che Noctisdomina avesse perfettamente capito la mia risposta, altrimenti avrebbe chiesto chiarimenti.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Chi c’è in linea
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