In certe discipline siamo già in una situazione simile. Se non si scuote un po’ la gente, spronandola a reagire, si finirà col parlare cosí anche nelle piú banali circostanze quotidiane. Per questo vorrei incoraggiare tutte quelle persone che ci seguono e che, come noi, pensano che l’anglomorfizzazione dell’italiano non sia salutare, a sensibilizzare parenti, amici e colleghi di lavoro, magari convincendoli a adottare alcune nostre proposte. Bisogna agire, partendo da noi stessi. Forse allora le coscienze intorpidite riacquisteranno i loro riflessi primigeni.FedericoC ha scritto:A quando l'hammer e i nails per appendere il painting nella room? Magari nella good room quella dove si invitano i guests che dopo three days, si sa, stink...
Discussione sui traducenti di forestierismi
Moderatore: Cruscanti
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Che esagerazioni. Nails, hammers, banali circostanze quotidiane... Ma li sentite parlare gli italiani? Io sì anche se vivo negli Stati Uniti. E quando sono in Italia parlo con le persone in italiano e non mi vola inglese attorno.Marco1971 ha scritto:In certe discipline siamo già in una situazione simile. Se non si scuote un po’ la gente, spronandola a reagire, si finirà col parlare cosí anche nelle piú banali circostanze quotidiane. Per questo vorrei incoraggiare tutte quelle persone che ci seguono e che, come noi, pensano che l’anglomorfizzazione dell’italiano non sia salutare, a sensibilizzare parenti, amici e colleghi di lavoro, magari convincendoli a adottare alcune nostre proposte. Bisogna agire, partendo da noi stessi. Forse allora le coscienze intorpidite riacquisteranno i loro riflessi primigeni.FedericoC ha scritto:A quando l'hammer e i nails per appendere il painting nella room? Magari nella good room quella dove si invitano i guests che dopo three days, si sa, stink...
Ma passando alla lingua più formale, ossia alla documentazione e ai linguaggi tecnici: se apro l'ABC del fai da te - il primo dizionario a schede del bricolage, di cui come ho già detto ho l'edizione del 1996, trovo descrizioni di molti oggetti che tante persone non hanno mai sentito nominare; l'uno o l'altro sarà però noto a chi ama il fai da te. E i loro nomi sono italiani: avvitatore, canalette, coda di rondine, decespugliatore, fascette, fustellatrice, idropulitrice, mecchie, mortasa, sgorbie, termoconvettore, varialuce, zanca.
Non mi sembra il caso di stracciarsi le vesti se i redattori hanno ritenuto di chiamare cutter un particolare tipo di coltello, e se certe persone chiamano cutter quello che altri chiamano taglierino o taglietto.
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Veramente mi è capitato, parlando con mia madre che è per l'appunto ottuagenaria, che mi dicesse questa frase: Ho parlato l'altro giorno con (mia sorella), era OK.Marco1971 ha scritto:Lei parla forse con ottuagenari; parli un po’ con i giovani, e vedrà quanto siamo «esagerati».
Ho anche parlato con mia sorella, sessantenne, che non conosce assoutamente l'inglese, e mi diceva che mia nipote (sua figlia) ha dovuto fare un piccolo intervento day hospital.
Parlo anche con i miei nipoti, sono trentenni, può capitare che usino qualche parola inglese ma tutti i giovani lo fanno.
La gente normale, panettieri, pescivendoli ecc. parla italiano. Magari si trovano di fronte a parole inglesi, ma stia tranquillo che continueranno a fare il pane buono (ha mai assaggiato il rimacinato?) e a venderci pesce fresco del Mediterraneo quando c'è, le piacciono i polpicelli murati?
Non la prenda così sul tragico Marco, l'italiano continuerà a esistere e sussistere, tra cinquant'anni continueremo a parlare italiano.
Temo che lei non abbia inteso: so bene che tra cinquant’anni si continuerà a parlare, in Italia, una lingua; ma la lingua che si parlerà potrebbe non essere piú l’italiano. Non tanto per la sintassi, ma per il lessico, e in particolare i sostantivi, che sono, a occhio e croce, il 99% degli anglicismi presenti in italiano.
Mi conforta la sua rassicurazione; e la sua tranquillità mi rallegra. Ma non penso che esse derivino dall’osservazione oculata di una qualsiasi realtà linguistica. E dopotutto, se lei pensa che dire check-in o boarding pass o cutter non sia di alcun momento, buon per lei. Io invece penso che sia nocivo, oltre che per le ragioni già esposte mille volte, anche per l’impoverimento espressivo che ciò inevitabilmente comporta.
Mi conforta la sua rassicurazione; e la sua tranquillità mi rallegra. Ma non penso che esse derivino dall’osservazione oculata di una qualsiasi realtà linguistica. E dopotutto, se lei pensa che dire check-in o boarding pass o cutter non sia di alcun momento, buon per lei. Io invece penso che sia nocivo, oltre che per le ragioni già esposte mille volte, anche per l’impoverimento espressivo che ciò inevitabilmente comporta.
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Ma sì, ne abbiamo parlato tante volte, e sull'impoverimento espressivo siamo d'accordo. Ma non è che tutti gli italiani dicano boarding pass o cutter, al contrario all'aeroporto sento dire carta d'imbarco, la settimana prossima vado di nuovo in Italia, verificherò di nuovo, per una persona che dice cutter ce n'è magari due che dicono taglietto o taglierino.Marco1971 ha scritto:Temo che lei non abbia inteso: so bene che tra cinquant’anni si continuerà a parlare, in Italia, una lingua; ma la lingua che si parlerà potrebbe non essere piú l’italiano. Non tanto per la sintassi, ma per il lessico, e in particolare i sostantivi, che sono, a occhio e croce, il 99% degli anglicismi presenti in italiano.
Mi conforta la sua rassicurazione; e la sua tranquillità mi rallegra. Ma non penso che esse derivino dall’osservazione oculata di una qualsiasi realtà linguistica. E dopotutto, se lei pensa che dire check-in o boarding pass o cutter non sia di alcun momento, buon per lei. Io invece penso che sia nocivo, oltre che per le ragioni già esposte mille volte, anche per l’impoverimento espressivo che ciò inevitabilmente comporta.
Lei deve distinguere la lingua scritta dalla parlata e il lessico dei vari registri, la realtà è molto più variegata della semplice schematizzazione: tutti usano gli anglismi, l'italiano si sta creolizzando.
Già, concetti a me nòvi!Freelancer ha scritto:Lei deve distinguere la lingua scritta dalla parlata e il lessico dei vari registri, la realtà è molto più variegata della semplice schematizzazione: tutti usano gli anglismi, l'italiano si sta creolizzando.


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E quindi il primo passo è smitizzare l'inglese: la soluzione al problema deve obbligatoriamente includere la migliore conoscenza dell'inglese. A me e a lei, che conosciamo l'inglese, l'anglismo non fa né caldo né freddo, anzi abbiamo il gusto del trovare l'equivalente italiano. Si chieda cosa occorra fare per risvegliare o fare nascere tale gusto negli altri. Non basta presentare una proposta di termine alternativo: occorre spiegare dettagliatamente perché usare il termine inglese è sciocco. La soluzione passa indubbiamente per la scuola, o almeno per un'opera didattica di diffusione capillare. Così la vedo io. E il metodo deve essere calibrato attentamente, senza cadere in eccessi. Ma non voglio ripetermi per l'ennesima volta.Marco1971 ha scritto:Ma il problema è che si considera di registro alto l’anglicismo, che invece è spesso una parola trita e ritrita in inglese. Non dovrebbe essere cosí.
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All'azione lei c'è già passato da tempo, io le sto solo suggerendo di calibrare il suo metodo. Non si limiti a dire a qualcuno: non dire cutter, è meglio dire taglietto, e soprattutto non gli dica: se proprio non ti riesce di dire taglietto, dì cutte. Gli descriva invece per bene cos'è un cutter, chiarendogli perché si chiama così in inglese, gli descriva un taglietto, gli spieghi come e perché eventuali differenze costruttive e d'uso siano di minore importanza, gli mostri vari esempi di uso della parola sia in inglese sia in italiano, insomma non si limiti a presentargli un elenco di traducenti, perché non serve. È difficile lo so, è molto più semplice proporre un traducente e basta.Marco1971 ha scritto:Infatti tutto questo l’abbiamo detto, ridetto, tridetto e quadridetto.
Ora non servono i discorsi, e’ bigna passare all’azione.
Il metodo è buono, e l’ho già adottato. Ma vede, io non posso ovviamente dialogare con milioni di persone e spiegar loro queste cose individualmente. Lo faccio invece quando capita, specie d’estate, al mare. E basta davvero poco perché la gente si convinca. Lo dimostra la mia esperienza. Perché non lo fa anche lei?
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