venerabilejorge ha scritto: ven, 23 lug 2021 18:50
Passando poi al "tutt*". So perfettamente che il genere inclusivo è il maschile, ma frequento un altro forum linguistico le cui utenti si risentono se qualcuno usa il maschile, dunque è ormai prassi ricorrere all'asterisco o addirittura allo schwa.
Ma prassi di chi? Spero proprio non dei traduttori editoriali...
venerabilejorge ha scritto: sab, 24 lug 2021 4:36[T]emo (e sottolineo "temo") che in futuro ci obbligheranno a usare una delle due forme.
Un eventuale «obbligo» si baserebbe su una prassi consolidata. Ecco, se evitiamo di consolidarla, non ci troveremo asterischi in libri, giornali e riviste.
venerabilejorge ha scritto: sab, 24 lug 2021 4:36
Ovviamente no. Ma temo (e sottolineo "temo") che in futuro ci obbligheranno a usare una delle due forme.
Tanto per curiosità: nel forum cui faceva riferimento, vige già qualche regola in tal senso oppure ci si limita a storcere il naso?
Carnby ha scritto: sab, 24 lug 2021 8:43
Lei ci scherza: quando lavoravo in editoria, sa che fatica (spesso inutile) per non far pubblicare l’«e non» olofrastico...
G.B. ha scritto: sab, 24 lug 2021 9:47
Tanto per curiosità: nel forum cui faceva riferimento, vige già qualche regola in tal senso oppure ci si limita a storcere il naso?
In questo caso non intendete applicare lo stesso principio di rispetto tetragono della volontà altrui, che adottate nella traduzione di gay pride, per cui orgoglio deve rientrare necessariamente nel traducente italiano, e accettare senza ironie un'innovazione linguistica che compensa una evidente (almeno per i promotori) lacuna della lingua italiana, che potrebbe anche divenire norma in futuro?
Canape lasco ctonio ha scritto: gio, 29 lug 2021 19:06
In questo caso non intendete applicare lo stesso principio di rispetto tetragono della volontà altrui, che adottate nella traduzione di gay pride, per cui orgoglio deve rientrare necessariamente nel traducente italiano, e accettare senza ironie un'innovazione linguistica che compensa una evidente (almeno per i promotori) lacuna della lingua italiana, che potrebbe anche divenire norma in futuro?
Senza polemica: per quanto mi riguarda, ho sempre messo la lingua italiana al primo posto, come credo si convenga in un fòro linguistico.
Nell'asterisco o nello scevà il tema non è linguistico. Lo sarebbe se il plurale maschile non fosse inclusivo, ma lo è. Così come non è linguistico il tema di rendere letteralmente "pride", ma anch'esso ideologico (non ferire una specifica sensibilità altrui). È solo differente la consapevolezza di ciò, perché la stravaganza dell'asterisco o dello scevà è assai più recente dei caroselli di uomini travestiti o denudati con borchie e guinzagli (una parte affatto irrilevante di coloro che partecipano alle parate dell'orgoglio omosessualista, che è volutamente provocatoria).
Pur non avendo «alcun potere di indirizzo politico, diversamente dall’Académie Française e dalla Real Academia Española, che hanno un ruolo ben diverso sul piano istituzionale», l'Accademia della Crusca si è espressa contro asterischi e scevà, attraverso l'articolo di Paolo d'Achille. (Cosí fece, tra l'altro, anche S. C. Sgroi sul sito di Fausto Raso un anno fa, commentato dalla Gheno.)
G.B. ha scritto: ven, 01 ott 2021 14:02
Pur non avendo «alcun potere di indirizzo politico, diversamente dall’Académie Française e dalla Real Academia Española, che hanno un ruolo ben diverso sul piano istituzionale»
Questo è un problema, anche se motivato storicamente. In ogni caso, c’è una contraddizione: nel loro articolo si dice che la lingua «evolve in base all’uso della comunità dei parlanti» e poi si dice che gli «inclusivisti» sbagliano a proporre scevà e asterischi: gli «inclusivisti» non sono parlanti quindi? La verità è che una lingua letteraria non la creano esclusivamente i parlanti, altrimenti ci troveremmo oggi a parlare dialetti e gerghi anziché una lingua nazionale.
Carnby ha scritto: dom, 03 ott 2021 8:44c’è una contraddizione: nel loro articolo si dice che la lingua «evolve in base all’uso della comunità dei parlanti» e poi si dice che gli «inclusivisti» sbagliano a proporre scevà e asterischi: gli «inclusivisti» non sono parlanti quindi?
Sfido io a trovare un «inclusivista» che pronunci (senza prima o dopo chiarire il senso della sua bizzarria) lo scevà o lʼasterisco nel parlato. È puro artificio linguistico, anche nellʼipotesi peregrina della /u/.