Non strabuzzate gli occhi, cortesi amici lettori, avete letto bene: capa. Sí, sembra che alcuni linguisti e lessicografi si siano "convertiti" e abbiano accettato l'idea di femminilizzare il sostantivo capo: la capa, con il rispettivo plurale cape (il lemma in oggetto ha perso, infatti, quella carica ironica o dispregiativa che aveva nel passato). I sostantivi maschili in "-o", del resto, nella forma femminile mutano la desinenza "-o" in "-a": il sarto/la sarta; l'amico/l'amica; il cuoco/la cuoca. Per quale illogico motivo capo non dovrebbe sottostare alla legge grammaticale e rimanere invariato al femminile?
A questo punto sorge, però, il problema dei nomi composti con capo. Quale sarà il plurale di capaufficio? Capeufficio. Si applicherà, dunque, la medesima regola del maschile. Quando capo indica la persona che ha un ruolo di guida (di "comandante") prende la desinenza del plurale e resta invariato il sostantivo che segue: il caposervizio/i capisevizio; il capostazione/i capistazione.
Questa medesima regola per il femminile: la capaservizio/le capeservizio; la capastazione/le capestazione. Se capo, invece, sta per "primo", "principale", resta invariato e si pluralizza il nome che segue: il capocuoco ("primo cuoco")/i capocuochi; il capolavoro/i capolavori. Secondo tale regola, quindi, il plurale di capacuoca sarà capacuoche. La capa e le cape "suonano" male? Come "sonavano" (sic!) la sindaca e le sindache, la ministra e le ministre, la prefetta e le prefette, la soldata e le soldate, la carabiniera e le carabiniere, la notaia e le notaie, l'assessora e le assessore? Basta abituare l'orecchio.
«La capa»
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«La capa»
«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
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Re: «La capa»
Se ne parlò già qui. 

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Re: «La capa»
Mi spiace per la "ripetizione". Nel filone precedente non si fa cenno, comunque, al femminile di capo nelle parole composte

«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
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