A partire da zero, sì, anch'io avrei scelto la
e (e magari senza raddoppiare la
d,
còvide); solo, qui mi pareva forse più facile usare l'unico adattamento (finora) che abbia avuto una certa notorietà presso il pubblico generale. ("Normalizzato" in
i dalla grafia, perché mi sembra che la signora non usi una [
i] ma circa una [ɪ] la prima volta che pronuncia la parola, e addirittura un [ə] la seconda).
Oggi, naturalmente, non mi aspetto che un adattamento simile sia accolto facilmente dalla comunità scientifica italofona; ma già oggi, invece, potrei vederlo usato e usarlo io stesso negli spazi sociali dell'Interrete, dove certe voci nate come colloquiali o gergali possono diffondersi tanto da perdere o almeno ridurre notevolmente la loro iniziale connotazione non neutra. Il che è uno dei pochi meccanismi che possiamo sfruttare oggigiorno, in cui —a parte casi rarissimi, tipo
drone— sappiamo che in italiano tutti gli adattamenti nuovi sono considerati sociolinguisticamente inaccettabili in un registro neutro.
O con questo appunto intendevi dire che consideri
coviddi da scartare del tutto?
Quesito connesso: come chiameremmo i malati?
Coviddosi?
Covìddici?