Visto che le lingue sorelle e anche altre si sono generalmente limitate a minimi adattamenti, io farei volentieri lo stesso, magari usando proprio il (o la) còviddi del tormentone di due anni fa. Che, popolare e popolaresco quanto si voglia, è comunque un esempio di adattamento spontaneo come dovrebbe essere "banale" e non lo è più, e quindi ben venga.Canape lasco ctonio ha scritto: ↑dom, 12 dic 2021 10:03 E qui nessuno che caldeggi (credendo poco nel successo, beninteso) PCV (Patologia da CoronaVirus) o affini?
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Re: «COVID»
O meglio, còvidde, visto che la vocale epitetica in toscano è /e/.G. M. ha scritto: ↑mar, 04 gen 2022 23:14 Visto che le lingue sorelle e anche altre si sono generalmente limitate a minimi adattamenti, io farei volentieri lo stesso, magari usando proprio il (o la) còviddi del tormentone di due anni fa. Che, popolare e popolaresco quanto si voglia, è comunque un esempio di adattamento spontaneo come dovrebbe essere "banale" e non lo è più, e quindi ben venga.
Re: «COVID»
A partire da zero, sì, anch'io avrei scelto la e (e magari senza raddoppiare la d, còvide); solo, qui mi pareva forse più facile usare l'unico adattamento (finora) che abbia avuto una certa notorietà presso il pubblico generale. ("Normalizzato" in i dalla grafia, perché mi sembra che la signora non usi una [i] ma circa una [ɪ] la prima volta che pronuncia la parola, e addirittura un [ə] la seconda).Ferdinand Bardamu ha scritto: ↑mer, 05 gen 2022 0:20 O meglio, còvidde, visto che la vocale epitetica in toscano è /e/.
Oggi, naturalmente, non mi aspetto che un adattamento simile sia accolto facilmente dalla comunità scientifica italofona; ma già oggi, invece, potrei vederlo usato e usarlo io stesso negli spazi sociali dell'Interrete, dove certe voci nate come colloquiali o gergali possono diffondersi tanto da perdere o almeno ridurre notevolmente la loro iniziale connotazione non neutra. Il che è uno dei pochi meccanismi che possiamo sfruttare oggigiorno, in cui —a parte casi rarissimi, tipo drone— sappiamo che in italiano tutti gli adattamenti nuovi sono considerati sociolinguisticamente inaccettabili in un registro neutro.
O con questo appunto intendevi dire che consideri coviddi da scartare del tutto?
Quesito connesso: come chiameremmo i malati? Coviddosi? Covìddici?
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Re: «COVID»
A ciò che ha già detto Infarinato, aggiungo solo una cosa: ritengo che si possa e si debba sfruttare ogni risorsa che giochi a nostro favore. I dialetti, come in questo caso, possono venirci in aiuto. Se gergalmente o colloquialmente s’impone còviddi, a me sta benissimo: non è un adattamento fatto secondo le regole del toscano (e quindi dell’italiano), ma in sé è una parola italiana. (È vero che l’ultima sillaba è chiusa, e dunque l’accentazione sdrucciola la rende meno conforme alle nostre strutture, ma è altrettanto vero che esistono adattamenti toscanissimi come vèrmutte o làpisse *).G. M. ha scritto: ↑mer, 05 gen 2022 13:35[M]a già oggi, invece, potrei vederlo usato e usarlo io stesso negli spazi sociali dell'Interrete, dove certe voci nate come colloquiali o gergali possono diffondersi tanto da perdere o almeno ridurre notevolmente la loro iniziale connotazione non neutra. Il che è uno dei pochi meccanismi che possiamo sfruttare oggigiorno, in cui —a parte casi rarissimi, tipo drone— sappiamo che in italiano tutti gli adattamenti nuovi sono considerati sociolinguisticamente inaccettabili in un registro neutro.
O con questo appunto intendevi dire che consideri coviddi da scartare del tutto?
Io propongo covidisti o covidiani (sul modello di alzheimeriani). Sarebbero piú corretti coviddisti e coviddiani, ma potrebbero apparire adattamenti troppo spinti, quasi popolareschi, per la sensibilità dei parlanti odierni.
Fuori tema
* A tale riguardo, mi rimane il dubbio: perché adattamenti spontanei come questi tollerano l’accentazione sdrucciola, se pòlizza e Òtranto tradiscono la loro origine non linguisticamente indigena?
Re: «COVID»
Grazie: era questo che non mi era del tutto chiaro, anche dalla risposta d'Infarinato: temevo che —indipendentemente dal fatto che non sia possibile come esito naturale d'un adattamento spontaneo di covid in toscano/italiano— ci fosse qualche ragione fonotattica a vietarlo "in sé".Ferdinand Bardamu ha scritto: ↑mer, 05 gen 2022 15:35 [...] còviddi [...] non è un adattamento fatto secondo le regole del toscano (e quindi dell’italiano), ma in sé è una parola italiana. [...]
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Re: «COVID»
Ho l'impressione che il caso in esame - pur rappresentando un raro esempio di quegli adattamenti spontanei che una volta erano la norma - si sia già briciato da sé. Covìddi ormai è diventato una citazione da barzelletta, e fa riferimento a tutto un universo ideologico e culturale.
Nell'usarlo, mi viene da pensare già a un ambiente popolaresco e illetterato che deforma in maniera dialettale parole che nemmeno comprende, che pensa che si tratti dell'ennesimo latinorum per ingannarlo e vessarlo, il tutto condito da una nota di campanilismo nord-sud... insomma, già si usa come citazione per prendere in giro gli amici. Difficile sdoganarlo come traducente italiano.
Mi piace parecchio invece la proposta iniziale di G.M., còvide, che ha un sapore tecnico e non stonerebbe in un'articolo scientifico. Ecco, anche un primario di ospedale potrebbe con dignità chiamarlo così, mentre dubito che si farebbe sentire dai colleghi a dire "il covìdde/i".
Nell'usarlo, mi viene da pensare già a un ambiente popolaresco e illetterato che deforma in maniera dialettale parole che nemmeno comprende, che pensa che si tratti dell'ennesimo latinorum per ingannarlo e vessarlo, il tutto condito da una nota di campanilismo nord-sud... insomma, già si usa come citazione per prendere in giro gli amici. Difficile sdoganarlo come traducente italiano.
Mi piace parecchio invece la proposta iniziale di G.M., còvide, che ha un sapore tecnico e non stonerebbe in un'articolo scientifico. Ecco, anche un primario di ospedale potrebbe con dignità chiamarlo così, mentre dubito che si farebbe sentire dai colleghi a dire "il covìdde/i".
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Re: «COVID»
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Ferdinand Bardamu ha scritto: ↑mer, 05 gen 2022 0:20 O meglio, còvidde, visto che la vocale epitetica in toscano è /e/.
Occorrerebbe segnalare il refuso.Luciano Romíto ha scritto: [N]ell’Italia centrale tram sarà [ˈtramːe], con epitesi di [ə].
È cosí piana e naturale e lontana da ogni ombra di affettazione, che i Toscani mi pare, pel pochissimo che ho potuto osservare parlando con alcuni, che favellino molto piú affettato, e i Romani senza paragone.
Re: «COVID»
Covimorbo? Coronite?
Re: «COVID»
Per i malati, vedo che in francese ha una certa circolazione covidé (scritto ancora spesso fra virgolette nei giornali), che in italiano sarebbe pressappoco covid(d)ato.
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Re: «COVID»
C’è anche chi lo chiama semplicemente (il) corona.
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Re: «COVID»
Col contesto.
Re: «COVID»
«La letalità del corona è indubbiamente inferiore a quella della SARS e della MERS.»
Se lo scrivo ora probabilmente dal contesto evinco, se lo scrivo tra 40 anni?
Mi obietterà che ho scritto solo "SARS", pur essendo due, ma indubbiamente qui sì che il contesto aiuta: la SARS-CoV1 è la prima occorsa ed è sempre stata chiamata così, mentre ben pochi ricordano che il CoViD-19 dà una forma di SARS.
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Re: «COVID»
Ovviamente, codesto è il contesto sbagliato in cui usare una tale semplificazione.Canape lasco ctonio ha scritto: ↑mar, 25 gen 2022 11:11 «La letalità del corona è indubbiamente inferiore a quella della SARS e della MERS.»
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