Ancora su «bloggo»
Moderatore: Cruscanti
Ancora su «bloggo»
Si potrebbe dire anche diario (in rete/telematico), certo. Ma bloggo ha in sé (italianizzato, sennò non sa di nulla) un aspetto nuovo come quello della realtà che designa: il diario è, di solito, privato e scritto da un’unica persona; il bloggo, in rete, è pubblico e consente la partecipazione dei navigatori (o internauti o internettisti). E la parola offre facili possibilità derivative, quali bloggare, blogghista, blogghistico. Anche l’inglese, pur uso alla risemantizzazione, ha sentito la necessità d’un termine nuovo: blog è infatti l’abbreviazione di web log, e log(book) designa il giornale/diario di bordo.
La forma blogo, con una g sola, se sarebbe al limite accettabile, non risponde alla fonotassi piú genuina: si pensi a blocco, dal francese bloc, a sua volta dall’olandese blok (e non se ne fece *bloco); o a placca dal francese plaque (e non, in questo senso, *placa).
La forma blogo, con una g sola, se sarebbe al limite accettabile, non risponde alla fonotassi piú genuina: si pensi a blocco, dal francese bloc, a sua volta dall’olandese blok (e non se ne fece *bloco); o a placca dal francese plaque (e non, in questo senso, *placa).
Mi auguro che lei abbia ragione. Intanto, io non ho visto in rete nessun bloggo chiamato diario: tutti quelli nei quali mi sono imbattuto sono blog. Come dice l’Altieri Biagi, non si deve avversare certi termini monoreferenziali; come dicono Nencioni e Sabatini, l’adattamento talvolta è felice; e come dice Leopardi, non sarebbe ragionevole tagliarsi fuori dalle innovazioni (con tutte le precisazioni di quel pensiero, che va riletto, con calma e ad alta voce, mille volte). E quindi, se diario non s’imporrà in questo specifico senso, meglio un bloggo che non un blog.
Quindi, caro Marco, avverseresti anche un neologismo calco di (we)b log (book)? Da te, che sei maestro in materia, sinceramente mi aspettavo un qualche ardito calco (come il fantastico chiastierare), che non un semplice adattamento!Marco1971 ha scritto:Mi auguro che lei abbia ragione. Intanto, io non ho visto in rete nessun bloggo chiamato diario: tutti quelli nei quali mi sono imbattuto sono blog. Come dice l’Altieri Biagi, non si deve avversare certi termini monoreferenziali; come dicono Nencioni e Sabatini, l’adattamento talvolta è felice; e come dice Leopardi, non sarebbe ragionevole tagliarsi fuori dalle innovazioni (con tutte le precisazioni di quel pensiero, che va riletto, con calma e ad alta voce, mille volte). E quindi, se diario non s’imporrà in questo specifico senso, meglio un bloggo che non un blog.

Un gran peccato...
Si danno casi, caro Decimo (le ricordo che qui ci si dà del tu solo previo mutuo consenso
), in cui voler tradurre a tutti i costi equivale a isolarsi dal mondo; si potrebbe anche trovare una fantasiosa coniazione per web log (non ricordo ora se ho proposto qualcosa), ma esiste già diario. Se diario sgominerà blog non sussisterà piú motivo alcuno per adoperare bloggo; ma finché blog regnerà incontrastato negli spazi stessi che designa, non si potrà fare altro che dire bloggo. (I monosillabi, in particolare, si prestano a un adattamento facile.)
Aggiungo, infine, che il termine bloggo è sostenuto dall’uso ben attestato in rete del verbo bloggare, anche e soprattutto nella prima persona singolare del presente indicativo, io bloggo. L’adattamento non dev’essere mai gratuito: dev’essere il frutto di ponderate valutazioni formali e semantiche.

Aggiungo, infine, che il termine bloggo è sostenuto dall’uso ben attestato in rete del verbo bloggare, anche e soprattutto nella prima persona singolare del presente indicativo, io bloggo. L’adattamento non dev’essere mai gratuito: dev’essere il frutto di ponderate valutazioni formali e semantiche.
La gran maggioranza dei sostantivi sono declinabili, e hanno almeno due forme, una singolare e una plurale (i sostantivi invariabili sono la minoranza). La coniugazione del verbo, per quanto piú ricca di forme, è grammaticalmente e logicamente sullo stesso piano della declinazione del nome: si tratta, in ambo i casi, di flessioni.
I sostantivi invariabili sono una minoranza, ma non sono tanto straordinari, e del resto è ovvio: invece della coniugazione del verbo non si può fare a meno.
Questo non significa affatto che l'adattamento dei sostantivi sia inutile, ma soltanto che non c'è da sorprendersi che sia meno frequente dell'adattamento dei verbi, di questi tempi: non è una follia o una contraddizione.
Questo non significa affatto che l'adattamento dei sostantivi sia inutile, ma soltanto che non c'è da sorprendersi che sia meno frequente dell'adattamento dei verbi, di questi tempi: non è una follia o una contraddizione.
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