Un’altra considerazione minore ma interessante è che usando questa logica seconda, oltre a risolvere «alla radice i problemi legati alle eccezioni», si potrebbe mostrare senz’alcuna difficoltà il raddoppiamento fonosintattico con le sue particolarità nel caso in cui intervengono fatti metalinguistici, cosa che nella prima logica non si può fare (o almeno non in modo semplice). È un dettaglio minore, si dirà, ma a me piace curare anche i dettagli. (E visto che scrivo e scriviamo di linguistica, per me e per noi non è così minore...

).
Traendo di nuovo dal testo di Fiorelli (p. 123), sono i casi seguenti:
- tutti i monosillabi uscenti in vocale accentata, se citati metalinguisticamente (cioè sostantivati), fanno il raddoppiamento, anche se non lo fanno usati come parole normali del discorso: «Quindi si pronunzia: […] me lo dici? [,me lo ′di:tʃi?]; tuttavia: il ‘me’ particella [il ′me pparti′tʃεlla]»*;
- al contrario, i polisillabi che raddoppiano eccezionalmente (qualche, come, sopra, ecc.) non raddoppiano se citati metalinguisticamente (cioè sostantivati).
«E così, per assurdo che possa parere, si pronunzia senza raddoppiamento una frase come
‘qualche’ raddoppia [′kwalke rad′doppja], e invece col raddoppiamento una frase come
‘di’ non raddoppia [′di nnon rad′doppja]».
Una cosa correlata che non mi è chiara: se un termine raddoppiante precede una parola citata metalinguisticamente, si ha l’RF oppure no? Per esempio, nella frase: «Si dice
diàtriba o
diatrìba?», la
d iniziale dell’ultima parola è raddoppiata?
Se sì, allora la soluzione (della logica 2) «circonflesso [o altro simbolo] iniziale» ha gli stessi problemi che la soluzione (della logica 1) «circonflesso [o altro simbolo] finale» ha per i casi appena visti, mentre il problema si può eludere con la soluzione (della logica 2) «doppia iniziale scritta», usando adeguatamente il corsivo o le virgolette:
- ⟨Si dice diàtriba o ddiatrìba?⟩
- ⟨Si dice «diàtriba» o d«diatrìba»?⟩
Se invece non lo fa, il problema non si pone nemmeno.
[*Mi sembra che Fiorelli usi un primo (questo: ⟨′⟩; si chiama primo in italiano?) per indicare l’accento primario, e un primo ribaltato e posto all’altezza delle virgole per indicare l’accento secondario; non trovando questo secondo simbolo lo rendo qui con una semplice virgola.]