Fuori tema
Colgo l'occasione per scusarmi di aver infranto una delle regole del fòro un paio di giorni fa, avevo sbadatamente ignorato il Decalogo dopo essermi iscritto. Ora che ci sono, specifico anche che mi si può dare del «tu» senza problemi.
Chi ha detto che dobbiamo
per forza trovare un adattamento popolare? Alla fine di parole che potremmo definire
irregolari ne abbiamo tante e sono sècoli (e non «sècchî» o «sèccli»

) che la situazione sembra essere stabile.
«Vodka» è, in un certo senso, un «cultismo»: è un termine arrivato in italiano tramite un linguaggio settoriale (quello della ristorazione e degli alcolici), i parlanti l'hanno poi fatto proprio e hanno iniziato a usarlo nelle più svariate forme: c'è chi ha un «vòdca» perfetto (pur non essendo ammesso in italiano), c'è sicuramente chi ha un «vódca», «vótca», o «vuótca» più russeggiante, c'è chi dice «vòddeca» alla romanesca e chi — tra cui io — lo dice in un modo più meridionale, ovvero «vòddëca» o «vòddëchë» (dove ⟨ë⟩ sta per /ə/). Allo stesso modo, «càmera» è un cultismo che chiunque, suppongo, può pronunciare senza problemi, nonostante dalle mie parti (provincia di Frosinone) diventi «càmmëra» (e presumo che verso Roma sia più "càmmera" o "càmmara"). Non penso che abbia troppo senso trattare i forestierismi di oggi come se fossero forestierismi di secoli fa, vista l'alfabetizzazione decisamente maggiore, o in generale non penso che qualcuno oggi si sognerebbe di eliminare «vizio» e «silenzio» in favore di «vézzo» e del non attestato (da quanto so) «selenzo». Addirittura il nome di «Nàpoli»,
patria di quella che definirei la più grande minoranza linguistica non riconosciuta d'Italia, è appunto «Nàpoli» in italiano e «Nàpule», non «Nàppule», in napoletano stesso.
Conosco abbastanza il napoletano da comprenderlo, ma non abbastanza da essere sicuro di questa affermazione. Potrebbero esserci alcune varietà in cui la città si chiama effettivamente «Nàppule» di cui io non sono a conoscenza.
Tra le vostre proposte, «ondina» e «acquétta» sono sicuramente quelle più italiane, ma anche «vòdica» potrebbe funzionare («mòdica» e «sòdica» esistono già come parole, come ha fatto notare Millermann) e avrebbe anche un senso vagamente etimologico (-`-ico potrebbe avere la stessa funzione che ha in «ìdrico», quindi la «vòdica» sarebbe l'«attinente all'acqua», o, più letteralmente, l'«attinente alla
вода», che per il principio «vocale incerta, vocale aperta» si pronuncerebbe «vòda»}.
In generale bisognerebbe trovare quell'adattamento utilizzabile in un testo pensato in italiano neutro, non quello che sia storicamente accurato. È senza dubbio un bell'esercizio per la mente, ma mi sembra difficile applicarlo al parlato (se non in lingue come il latino, che viene usato con l'intento di essere prima scritto e poi orato da secoli). Ogni regione poi avrebbe una sua pronuncia locale, ma il termine italiano sarebbe solo uno e, almeno secondo me, «vòdica» è quello che potrebbe apparire come più neutro nell'italiano di oggi — non che sia di fatto un problema, ci sono parole da tutt'Italia che entrano senza problemi nel lessico comune grazie alla Rete, però dovendo coniare una nuova parola cercherei di renderla il meno regionale possibile.
Sicuramente ci sarà chi dirà «vòddica», ma è davvero così importante considerare ogni pronuncia regionale se stiamo cercando un adattamento possibile in italiano con accento neutro? Scrivere «piè» (per «piede») ha senso a Roma e in Toscana, non nelle Marche, o in Umbria, né nel resto del Lazio, neanche nelle regioni del Meridione (escludendo quelle zone con cinque vocali invece di sette, visto che la "e",
se non sbaglio, sarà preferibilmente /ɛ/, tra cui,
sempre se non sbaglio, la Sicilia e forse la Sardegna) e nemmeno in molte del Settentrione, visto che in tutte queste zone si avrà «piéde» per «piède» e quindi la grafia corretta dovrebbe, se vogliamo prediligere la pronuncia più comune, essere «pié».
Specifico che anche questo è un calcolo molto approssimativo, poiché ci sono molte parlate di cui so poco e niente; come tendenza generale direi che al di fuori della Toscana si dice «piéde», ma non posso esserne del tutto sicuro. Lo stesso discorso, però, si può applicare tranquillamente a tante altre parole, «accellerare» per «accelerare» o «colluttorio» per «collutorio» sono alcune di queste. Fino a che punto vige la norma e quando inizia a prevalere la pronuncia popolare? Dipende da parola a parola, suppongo: alcuni sbagli alcune pronunce o grafie improprie sono più stigmatizzate di altre.
Fuori tema
Ricordo di aver scritto «nè» invece di «né» su un tema alle elementari, visto che di fatto lo pronuncio così, e di essermi sentito pure abbastanza soddisfatto, quasi come se io, un ragazzino di allora sette anni, fossi più intelligente di chi lavora da anni alla casa editrice che stampò i miei libri scolastici.
Ah, e per «bakarska vodica» si può usare semplicemente «baca(r)sca vodizza»: dubito che un ristoratore a cui va bene usare «vòdica» per «vodka» — e sono probabilmente più unici che rari — si faccia troppi problemi a usare «baca(r)sca vodizza».
Troppo lungo; non ho letto.
«Vòdica» mi sembra l'adattamento migliore: è quello meno regionalmente ristretto a livello di suoni, è di facile comprensione e anche di facile pronuncia.