Ho citato mille volte il Gabrielli, qui e nel foro della Crusca, perché il piú delle volte fa chiarezza con molto buon senso. Ma come non vedere nel suo rifiuto dell’onde finale l’influenza d’un purismo difficilmente giustificabile? Certo, è di stile alto, e quindi va usato con parsimonia e in maniera stilisticamente adeguata; però è in sé un uso legittimo, supportato dai migliori scrittori. M’allineerei alle sagge parole di Giacomo Leopardi – dalle quali sempre s’arguisce molto della mia personale fede linguistica.Aldo Gabrielli, in [i]Il museo degli errori[/i], ha scritto:E mi spiace davvero di non essere d’accordo, in questa mia convinzione linguistica, col Leopardi; sí, proprio col poeta recanatese. Perché quella faccenda del cartello affisso dal Puoti alla parete non finí lí. Ché un giorno, infatti (ce lo racconta Francesco De Sanctis che fu allievo del Puoti), capitò nella scuola del letterato napoletano il Leopardi appunto, e si parlò, si capisce, di letteratura e di linguaggio; e venne in discussione anche quell’onde. Incredibile a dirsi: mentre il De Sanctis ne condannava fieramente l’uso, e il Puoti compiaciuto approvava, il poeta tranquillamente disse che quell’onde «non gli pareva un peccato mortale, a gran maraviglia e scandalo di tutti noi»; e aggiunse che «nelle cose di lingua si vuole andare molto a rilento..., e dire con certezza che di questa o quella parola o costrutto non è alcun esempio negli scrittori, gli è cosa poco facile».
Di quell’«onde» inviso ai puristi
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Di quell’«onde» inviso ai puristi
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Re: Di quell’«onde» inviso ai puristi
Non necessariamente è purismo; il giudizio può anche essere motivato stilisticamente. Così infatti fa Giacomo Devoto (che certo non può essere accusato di purismo) che nel suo dizionario scrive:Marco1971 ha scritto:Ho citato mille volte il Gabrielli, qui e nel foro della Crusca, perché il piú delle volte fa chiarezza con molto buon senso. Ma come non vedere nel suo rifiuto dell’onde finale l’influenza d’un purismo difficilmente giustificabile? Certo, è di stile alto, e quindi va usato con parsimonia e in maniera stilisticamente adeguata; però è in sé un uso legittimo, supportato dai migliori scrittori. M’allineerei alle sagge parole di Giacomo Leopardi – dalle quali sempre s’arguisce molto della mia personale fede linguistica.Aldo Gabrielli, in [i]Il museo degli errori[/i], ha scritto:E mi spiace davvero di non essere d’accordo, in questa mia convinzione linguistica, col Leopardi; sí, proprio col poeta recanatese. Perché quella faccenda del cartello affisso dal Puoti alla parete non finí lí. Ché un giorno, infatti (ce lo racconta Francesco De Sanctis che fu allievo del Puoti), capitò nella scuola del letterato napoletano il Leopardi appunto, e si parlò, si capisce, di letteratura e di linguaggio; e venne in discussione anche quell’onde. Incredibile a dirsi: mentre il De Sanctis ne condannava fieramente l’uso, e il Puoti compiaciuto approvava, il poeta tranquillamente disse che quell’onde «non gli pareva un peccato mortale, a gran maraviglia e scandalo di tutti noi»; e aggiunse che «nelle cose di lingua si vuole andare molto a rilento..., e dire con certezza che di questa o quella parola o costrutto non è alcun esempio negli scrittori, gli è cosa poco facile».
Sviluppi estremi di onde sono: [...] come cong. l'uso (non molto elegante) con l'infinito che la riduce quasi a preposizione: o. evitare altri guai si aggravarono le sanzioni, per evitare…
Per ora lascio qui un esempio del Foscolo.
Aggiungo ancora – perdonatemi! – un esempio dantesco ma nella costruzione esplicita:
quos ultra citraque nequit consistere rectum. (Orazio)
Il burocratese è il peggio italiano, e abusa d’arcaismi e di forme mai esistite; non si deve però equiparare un onde ben piazzato a un linguaggio bolso e sciapo come quello amministrativo.Moltissimi de’ nostri... presumono che le nazioni straniere vengano per amore dell’equità a trucidarsi scambievolmente su’ nostri campi onde liberare l’Italia.
Aggiungo ancora – perdonatemi! – un esempio dantesco ma nella costruzione esplicita:
Est modus in rebus: sunt certi denique fines,...Piú pensava Maria onde
fosser le nozze orrevoli ed intere,
ch’a la sua bocca... (Purg. 22-142)
quos ultra citraque nequit consistere rectum. (Orazio)
Non penso che Satta si riferisse alla costruzione in generale, quanto piuttosto al suo (ab)uso odierno: bisognerebbe però rileggere il passo in cui ne parla.Marco1971 ha scritto:Il burocratese è il peggio italiano, e abusa d’arcaismi e di forme mai esistite; non si deve però equiparare un onde ben piazzato a un linguaggio bolso e sciapo come quello amministrativo.
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