«sc» scempia

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«sc» scempia

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Il fonema minoritario /ʃ/ che si riscontra in vari dialetti toscani (Carsciana oggi Crasciana, rinverscio, soverscio) soprattutto a Lucca e Arezzo, ma anche in umbro (Marsciano) e in qualche località pistoiese, come si può trascrivere? ? Caso differente sono i cognomi di origine albanese come Borsci e Gramsci o cultismi come conscio, che però, secondo la pronuncia normativa dovrebbero pronunciarsi con /ʃ/ scempia; per noi toscani «normali» questo è innaturale e quindi lo sostituiamo con /Cʃ-ʃ/ eterosillabico.
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Millermann
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Re: «sc» scempia

Intervento di Millermann »

Il suo dubbio riguarda dunque la grafia? Mi ricordo che, in uno dei miei primi interventi in quesa piazza (e si vede :P), mi ero avvalso per comodità della s con pipa, come nelle lingue slave.

Oggi, piú baldanzosamente, opterei anch'io per la cediglia, ma «attaccata» alla esse. ;)

La mia proposta sarebbe quella d'introdurre in italiano due grafemi con cediglia:
"ç", a rappresentate l'affricata postalveolare sorda /tʃ/ (come già avviene in albanese, azero, friulano, curdo, tataro, turco e turkmeno);
"ş", che rappresenti invece la fricativa postalveolare sorda /ʃ/ (come in azero, curdo, tartaro, turco, turkmeno).

In questo modo sarebbe possibile risolvere diverse difficoltà di trascrizione (ad esempio dai dialetti) senza stravolgere eccessivamente le regole dell'italiano. O forse sí, dato che una parola come Marsciano potrebbe scriversi... Marşano! :shock:

Che ne pensa?
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Re: «sc» scempia

Intervento di Carnby »

Millermann ha scritto: dom, 23 lug 2023 12:25 Che ne pensa?
Questa soluzione non mi è nuova, ma ha lo svantaggio di apparire troppo «turca»; del resto anche lo che avevo proposto io ha lo svantaggio di scontrarsi con la tradizione ortografica italiana che ab antiquo usava ç per /ts/ (non mi avventuro nel trascrivere in modo più preciso, perché ho paura di scrivere stupidaggini): terça per terza.
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Millermann
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Re: «sc» scempia

Intervento di Millermann »

Anche la sua proposta non mi è nuova, nel senso che anch'io l'avevo presa in considerazione, lasciandola da parte perché apparentemente piú complicata di quella... alla turca. Le espongo le mie perplessità: in effetti, introdurre un unico grafema con cediglia è piú semplice (la ç la conosciamo dai tempi delle macchine da scrivere!), ma poi il problema è come usarlo.

Se la ç rappresenta l'affricata postalveolare sorda /tʃ/ (magari davanti a qualsiasi vocale o consonante, e perfino in coda di parola), in teoria basterebbe farla precedere da una s (a imitazione del digramma sc) per ottenere automaticamente la fricativa postalveolare sorda /ʃ/. Ma quanto sarebbe lecito agire cosí? Non occorrerebbe introdurre una regola esplicita secondo la quale il suono /ʃ/ si scrive col nuovo digramma ?

Allora, anziché introdurre un grafema singolo (ç) e uno doppio (), tanto varrebbe introdurre direttamente un secondo grafema singolo come ş, con una definizione univoca, e che all'occorrenza si potrebbe anche raddoppiare, come qualsiasi altra consonante.

Trovo poi che, pur se imita una grafia nota, quella col grafema non sarebbe di cosí immediata comprensione. Mi spiego meglio: un toponimo come Marsciano si dovrebbe scrivere «Marsçiano» o «Marsçano»?

Nel primo caso (con la i) il nuovo grafema non permetterebbe comunque di scrivere, ad esempio, l'esclamazione «marsç!», a meno d'introdurre altre regole ed eccezioni. Nel secondo (senza la i), mi verrebbe quasi spontaneo leggere /mar'tsano/ (come i pomodori)!

Mi scuso se sono stato prolisso, ma il fatto è che avevo in mente da tempo queste idee, e aver trovato qualcuno che si ponesse lo stesso problema mi ha dato modo di esprimere i miei dubbi sull'argomento, e di poter sentire le opinioni d'un esperto. ;)

P.S.: Escludendo i diacritici, e volendo introdurre un digramma, non dimentichiamo che noi disponiamo d'una lettera "milleusi" come l'acca; nulla ci vieterebbe (a imitazione di altre lingue) di associarla ad altre lettere per esprimere fonemi (scempi) facilmente indovinabili: lei come leggerebbe, spontaneamente, "sh", "lh", "nh", "zh"? :)
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Re: «sc» scempia

Intervento di Infarinato »

Carnby ha scritto: dom, 23 lug 2023 10:40 Il fonema minoritario /ʃ/ che si riscontra in vari dialetti toscani (Carsciana oggi Crasciana, rinverscio, soverscio) soprattutto a Lucca e Arezzo, ma anche in umbro (Marsciano) e in qualche località pistoiese, come si può trascrivere? ?
Confesso di non aver ben inteso il suo intervento, caro Carnby, e, se l’ho inteso, allora non lo condivido punto.

Innanzitutto, [ʃ] non è un «fonema minoritario [?]», né dell’italiano né del fiorentino/toscano odierno. Anche in una visione difonematica (meglio che «bifonematica») della fonologia Italiana (che, per intenderci, distingue un fonema doppio come /tt/ dal corrispondente scempio /t/ e che non ha mai trovato il favore della maggioranza dei linguisti), [ʃ] appartiene al fonema doppio /ʃʃ/, che si realizza come [ʃ(ː)ʃ] intervocalicamente e come [ʃ] altrove. Com’è noto, in fiorentino/toscano moderno, quest’ultimo è anche la realizzazione intervocalica di /ʧ/.

Fonema vero e proprio era invece in italiano antico (cioè, nel fiorentino dugentesco), dove non si era ancora verificata la spirantizzazione di /ʧ/ in posizione intervocalica, che è attestata solo a partire dalla seconda metà del Trecento, per cui Dante non fa mai rimare baci /‑ʃ‑/ con taci /‑ʧ‑/, né cuce /‑ʃ‑/ con luce /‑ʧ‑/. Coppia unidivergente /ʃ ~ ʧ/ sarebbe teoricamente bacino («piccolo bacio») ~ bacino («recipiente per l’acqua»), sennonché la prima parola «non solo non è attestata ma non era nemmeno possibile, visto che il suffisso ‑ino non viene adoperato da solo in it. ant. per formare diminutivi da nomi inanimati» (Larson, Fonologia).
Carnby ha scritto: dom, 23 lug 2023 10:40 Caso differente sono i cognomi di origine albanese come Borsci e Gramsci o cultismi come conscio, che però, secondo la pronuncia normativa dovrebbero pronunciarsi con /ʃ/ scempia; per noi toscani «normali» questo è innaturale e quindi lo sostituiamo con /Cʃ-ʃ/ eterosillabico.
Qui proprio non la seguo: una sequenza del tipo /Cʃ-ʃ/ :shock: direi che impossibile nel toscano di ogni tempo e luogo, ma può darsi che non abbia inteso il significato della sua trascrizione… :? Borsci è regolarmente [‑ŗːʃ‑], mentre Gramsci tende a essere un assimilato [‑ņːʃ‑] piuttosto che il normativo/teorico [‑mːʃ‑], e a ritmo allegro in un registro trascurato si può arrivare semmai a [‑ʃːʃ‑] in entrambi i casi.

In ragione di tutto ciò, il problema non è come rappresentare graficamente [ʃ], sibbene [ʃ(ː)ʃ], per il quale recupererei l’[assai piú logica ancorché non sistematicamente applicata] ortografia medievale ssc, che ha l’ulteriore vantaggio di facilitare l’andare a capo (sia graficamente sia in termini di preparazione degli organi fonatori). Quindi, scena, conscio, ma lasscio e —volendo— la sscena. (E analogamente recupererei anche lgli e ngn;))

Quanto allo [ʃ] del toscano moderno, non avendo esso statuto fonematico, non v’è ragione di rappresentarlo diversamente da c, ma una grafia sc può essere senz’altro utile per rappresentare il fono in un contesto italiano, ed è —direi— indispensabile per rappresentare il corrispondente fonema dell’italiano antico.
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Re: «sc» scempia

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Millermann ha scritto: dom, 23 lug 2023 12:25 La mia proposta sarebbe quella d'introdurre in italiano due grafemi con cediglia [...]
Millermann ha scritto: dom, 23 lug 2023 15:46 P.S.: Escludendo i diacritici, e volendo introdurre un digramma, non dimentichiamo che noi disponiamo d'una lettera "milleusi" come l'acca; nulla ci vieterebbe (a imitazione di altre lingue) di associarla ad altre lettere per esprimere fonemi (scempi) facilmente indovinabili: lei come leggerebbe, spontaneamente, "sh", "lh", "nh", "zh"? :)
Sono entrambe soluzioni più logiche del nostro sistema attuale, ma hanno una pecca importante: colpiscono la chiarezza delle relazioni etimologiche delle parole italiane col latino e le lingue sorelle, che in molti casi sarebbero meno visibili.
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Re: «sc» scempia

Intervento di Carnby »

Infarinato ha scritto: dom, 23 lug 2023 16:08 Innanzitutto, [ʃ] non è un «fonema minoritario [?]», né dell’italiano né del fiorentino/toscano odierno.
Non del «toscano», di quei dialetti che ho segnalato.
Infarinato ha scritto: dom, 23 lug 2023 16:08 Anche in una visione difonematica (meglio che «bifonematica») della fonologia Italiana (che, per intenderci, distingue un fonema doppio come /tt/ dal corrispondente scempio /t/ e che non ha mai trovato il favore della maggioranza dei linguisti), [ʃ] appartiene al fonema doppio /ʃʃ/, che si realizza come [ʃ(ː)ʃ] intervocalicamente e come [ʃ] altrove.
...tranne l’«eccentrico» Temistocle Franceschi (segnalato anche dal Muljačić).
Infarinato ha scritto: dom, 23 lug 2023 16:08 Fonema vero e proprio era invece in italiano antico (cioè, nel fiorentino dugentesco), dove non si era ancora verificata la spirantizzazione di /ʧ/ in posizione intervocalica, che è attestata solo a partire dalla seconda metà del Trecento, per cui Dante non fa mai rimare baci /‑ʃ‑/ con taci /‑ʧ‑/, né cuce /‑ʃ‑/ con luce /‑ʧ‑/. Coppia unidivergente /ʃ ~ ʧ/ sarebbe teoricamente bacino («piccolo bacio») ~ bacino («recipiente per l’acqua»), sennonché la prima parola «non solo non è attestata ma non era nemmeno possibile, visto che il suffisso ‑ino non viene adoperato da solo in it. ant. per formare diminutivi da nomi inanimati» (Larson, Fonologia).
Qui siamo d’accordo.
Infarinato ha scritto: dom, 23 lug 2023 16:08 Qui proprio non la seguo: una sequenza del tipo /Cʃ-ʃ/  direi che impossibile nel toscano di ogni tempo e luogo, ma può darsi che non abbia inteso il significato della sua trascrizione…  Borsci è regolarmente [‑ŗːʃ‑], mentre Gramsci tende a essere un assimilato [‑ņːʃ‑] piuttosto che il normativo/teorico [‑mːʃ‑], e a ritmo allegro in un registro trascurato si può arrivare semmai a [‑ʃːʃ‑] in entrambi i casi.
Qui non siamo più d’accodo: a mio avviso conscio e consta sono fonotatticamente analoghi e la prima sillaba è «complicata», cioè finisce in consonante doppia (/kɔns-/ e /kɔnʃ-/). Inoltre io sento realizzato come «intenso» il fonema /ʃ-/ iniziale (e non solo quello), per quale forse userei una trascrizione [ʃˈʃɛːna], in analogia con [sˈtaːɾe], à la Canepari. E analogamente in Spagna mi pare come in scena (/ins-/ ~ /inʃ-/).
Infarinato ha scritto: dom, 23 lug 2023 16:08 In ragione di tutto ciò, il problema non è come rappresentare graficamente [ʃ], sibbene [ʃ(ː)ʃ], per il quale recupererei l’[assai piú logica ancorché non sistematicamente applicata] ortografia medievale ssc, che ha l’ulteriore vantaggio di facilitare l’andare a capo (sia graficamente sia in termini di preparazione degli organi fonatori). Quindi, scena, conscio, ma lasscio e —volendo— la sscena. (E analogamente recupererei anche lgli e ngn. )
Si può fare. Quindi cosscia e bacio?
Infarinato ha scritto: dom, 23 lug 2023 16:08 Quanto allo [ʃ] del toscano moderno, non avendo esso statuto fonematico [...]
Nei dialetti in questione sì, ma dipende dalle analisi fonologiche.
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Re: «sc» scempia

Intervento di Infarinato »

Carnby ha scritto: mer, 26 lug 2023 7:50
Infarinato ha scritto: dom, 23 lug 2023 16:08 Quanto allo [ʃ] del toscano moderno, non avendo esso statuto fonematico [...]
Nei dialetti in questione sì, ma dipende dalle analisi fonologiche.
D’accordo, ma allora non avevo tutt’i torti io a non intendere ciò che voleva dire. ;) Bisognerebbe chiarire esattamente di quali dialetti si sta parlando, ma soprattutto a quali analisi fonologiche ci si riferisca.

In ogni caso, quale grafia si dovrà usare è presto detto: per le analisi fonologiche si ricorrerà all’AFI (a meno che non si viva ancora nell’Ottocento :roll:), e per la grafia corrente si continuerà a seguire l’ortografia della lingua italiana, per quanto imprecisa possa risultare in alcuni casi.
Carnby ha scritto: mer, 26 lug 2023 7:50 Quindi cosscia e bacio?
Se vogliamo sognare, sí. :D …E come sarebbe bello poter andare a capo cosí: ran-gno, mol-glie, cos-scia!
Carnby ha scritto: mer, 26 lug 2023 7:50 [A] mio avviso conscio e consta sono fonotatticamente analoghi e la prima sillaba è «complicata», cioè finisce in consonante doppia (/kɔns-/ e /kɔnʃ-/).
Codesta è una posizione alquanto ardita :mrgreen:, e neanche il Canepari penso la seguirebbe su conscio (infatti trascrive insceno come /inˈʃɛno/ appetto a instabile /insˈtabile/). In ogni caso, la sillabazione è un tratto secondario e spesso indecidibile: anche in italiano, dove è relativamente semplice, diventa un questione assai meno banale nel caso di complicata e quando, come qui, si esce dai confini della fonotassi tradizionale.
Carnby ha scritto: mer, 26 lug 2023 7:50 [I]o sento realizzato come «intenso» il fonema /ʃ-/ iniziale (e non solo quello), per quale forse userei una trascrizione [ʃˈʃɛːna], in analogia con [sˈtaːɾe], à la Canepari.
Questo, invece, è normale. Castellani arriva a distinguere addirittura quattro gradi consonantici: anche la prima [t] di tata è piú intensa della seconda. ;) Ma «[s]ul piano fonologico ha rilevanza la sola opposizione (in posizione intervocalica o tra vocale e liquida) tra consonanti di grado tenue (scempie) e di grado forte (doppie)» (Larson, Fonologia, loc. cit.). Del resto, «[t]here can be little doubt that every aspect of linguistic sounds is ultimately amenable to phonetic continua, and that one major aim of phonology—understood both as component of language and as an analytical discipline—is to individuate discrete categories on such phonetic continua» (M. Loporcaro, On the analysis of geminates in Standard Italian and Italian dialects, in «Natural Phonology: The State of the Art», pp. 153–88, Berlino 1996, «Mouton de Gruyter»).

Tornando a bomba, non sarebbe comunque possibile distinguere —per le varietà che contemplino tale opposizione— tra /ʃ/ e /ʃʃ/ in un contesto diverso da quello intervocalico, ché in ogni altra posizione sarebbero comunque similmente rafforzate.
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