Nell'accezione propria, il Treccani lo definisce in modo assai specifico, ma molto spesso il termine è usato in modo più generico, come anche l'equivalente pagliaccio:clown ‹klàun› s. ingl. [voce di origine scandinava, che significa propr. «campagnolo; rozzo»] (pl. clowns ‹klàun∫›), usato in ital. al masch., raram. al femm. – 1. Pagliaccio dei circhi equestri, caratterizzato dal cappello a pan di zucchero, dalla faccia infarinata, dalle calze bianche e dall’abito sbuffante di seta: opera di solito in coppia con un compagno più ridicolo nell’abbigliamento e nel trucco, che prende il nome di augusto o Augusto (v. augusto2), e con un numero più o meno folto di altri pagliacci dal costume grottesco, che si esibiscono in salti e capriole. 2. fig. Persona che si comporta in modo ridicolo, con assoluta mancanza di serietà, di dignità, di coerenza, e sulla quale non si può fare alcun affidamento: non c’è da fidarsi di lui, è un clown!
Leggo oggi su Facebook che «da parecchio clown è prevalente [rispetto a pagliaccio]», e uno sguardo a Ngram Viewer sembra confermare: la parola inglese ha sorpassato quella italiana già nel 1960. Ma c'è anche qualche segno ottimistico: sembra che l'italiano stia recuperando.2. a. Attore comico che, vestito in modo buffo, con giacca e pantaloni troppo larghi e scarpe smisurate, truccato in modo vistoso o grottesco, si esibisce nei circhi e nei teatri, recitando scenette ridicole o farsesche; al pagliaccio (o clown) fa da spalla l’augusto (v. augusto2).
