Nella mia esperienza editoriale ho incontrato varie volte colophon, ma il significato mi sembrava un po' diverso: mi pare che s'intendesse, in edizioni contemporanee (senza connotazione di lusso o pretese artistiche), l'insieme d'indicazioni bibliografiche dell'edizione, di solito scritte con un carattere piccolo e in una pagina dedicata, quasi sempre all'inizio del volume e nella pagina di sinistra.colofóne s. m. [dal lat. tardo colŏphon, gr. κολοϕών «estremità, righe finali»]. – 1. Formula che si trova alla fine dei più antichi libri a stampa (sec. 15°-16°), o anche alla fine di libri moderni che abbiano pretese artistiche, e che contiene il nome dello stampatore e altre indicazioni relative alla stampa (impropriam., indica talora anche la sottoscrizione dello scriba nei manoscritti, spec. medievali). 2. Più in generale, disposizione tipografica delle ultime righe d’un testo, che digradino come un trapezio regolare avente per linea mediana la linea mediana della pagina. ◆ Con l’una e con l’altra accezione, è molto frequente anche la forma lat. colophon.
Più o meno come dice questo sito (uno a caso tra i primi che mi ha proposto Google):
Mi sorprende (in modo piacevole) che il Treccani metta l'italiano al primo posto, ma temo che oggi sia perlopiù percepito come desueto.Il colophon, di solito corrispondente al retro frontespizio, è la pagina in cui vengono indicati il copyright, la Casa Editrice, il codice ISBN e i dati relativi alla stampa del volume.
Nei manoscritti era, invece, [...].

Quest'altro sito (sempre a caso, tra i primi propostimi da Google) definiva colofone «disusato» già nel 2013.
Nel corpo gugoliano, secondo Ngram Viewer, colofone è stato più usato fino circa al 1920, poi le due forme hanno avuto una diffusione simile fino al 1980, allorché colophon ha nettamente "staccato" colofone, che da allora è in decrescita più o meno continua.