Registrato nei supplementi del GDLI come dhow (pronuncia sempre dàu), e solo nella prima accezione.dau s. m. [adattam. dell’ingl. dhow o dow 〈dàu〉, che a sua volta è dal maratto ḍāw, arabo dāw o dhaw]. – 1. Tipo di veliero, un tempo molto in uso nel Mar Rosso e nel Mare Arabico, con alberatura a vele latine e con poppa e prora slanciate. 2. Legname rossiccio ricavato in Asia da alcune specie del genere dipterocarpo, e impiegato nelle costruzioni edilizie e navali.
Non so più o meno niente di cose marinaresche, quindi non so se sia già diffuso un nome italiano corrispondente.
Ho trovato alcune attestazioni di daù in un libro ottocentesco, ove bizzarramente il termine è maschile nel testo ma femminile nella nota esplicativa a piè di pagina:
Noleggiati poi due daù2, c'imbarcammo colle casse e i colli, gli uomini e le bestie; e la domenica 2 febbraio 1873, passando in mezzo alla squadra, a bandiera spiegata, volgemmo la prua verso Bagamoyo, dove giungemmo nel pomeriggio.
2 La daù è una barca araba, coperta soltanto alla poppa, ch'è altissima, mentre basissima [sic] è la prua. È la più piccola delle imbarcazioni marittime di quei paraggi; nondimeno serve a fare, non solo la traversata da Mascate a Zanzibar e a Madagascar, ma da Zanzibar nell'India.
(V. H. Cameron. Attraverso l'Africa. Viaggio da Zanzibar a Benguela, vol. I, Fratelli Treves, Milano 1879)
In un altro volume più antico (Viaggi di Ali Bey El-Abbassi in Africa ed in Asia dall'anno 1803 a tutto il 1807, traduzione di S. Ticozzi, tomo III, Sonzogno e Comp., Milano 1817) ho trovato dao, trattato come forestierismo (messo in corsivo, e spesso colla maiuscola) invariabile. Anche dao con plurale dai potrebbe andare...