Grazie d'aver aperto questo filone, è un argomento a cui ho sempre pensato anch'io. Nel mio dialetto il
tre è l'unico numero (a parte l'
uno, nell'uso come articolo indeterminativo) che si presenta in due forme: una «forte» e una «debole» (non saprei come altro definirle).
Fuori tema
Un altro modo di definire le due forme potrebbe essere «tonica» e «atona», ma sono perplesso: la forma che io chiamo «forte» è quella che può essere atona, mentre quella «debole» è sempre tonica. È ammissibile?

Un caso analogo, in italiano, è quello delle preposizioni
tra e
fra, che sono considerati
monosillabi forti (perché geminanti) pur essendo, evidentemente, atone.
La prima è *
trí* e, al pari di altri «monosillabi forti» dialettali (come *
chí* ‹che cosa›, *
chjú* ‹piú›, *
cà* ‹qua› e *
là* ‹là›) è contemporaneamente pregeminante e geminante.
Invece la forma debole,
tría (penso derivata direttamente dal neutro latino), non è geminante e non pregemina (a meno che non sia preceduta da una parola geminante). Questa particolarità del numero tre è una cosa che ho notato e che mi ha incuriosito fin da bambino.
La forma forte si usa quando il numerale è preposto al sostantivo che quantifica (
haju vistu ttrí ggatti ‹ho visto tre gatti›,
vúogliu ttrí ppaníni ‹voglio tre panini›, ecc.);
quella debole, invece, nell'uso pronominale o sostantivato (
ni vúogliu tría ‹ne voglio tre›,
chilli tría ca vúogliu ‹quei tre che voglio›,
sú lli tría ‹sono le tre›,
simu tría ‹siamo [in] tre›).
Come accennavo, una cosa simile avviene anche col numero
uno, che in forma d'articolo (prima del nome) è
nu, mentre negli altri casi è
gúnu (
haju vistu nu cani ‹ho visto un cane›,
n'haju vistu gunu ‹ne ho visto uno›).
Nel mio italiano regionale, per influenza del dialetto, la tendenza è di usare il rafforzamento dopo il tre che corrisponde alla forma forte, e di non usarlo nell'altro caso. In pratica, il risultato è identico a quello descritto da Lorenzo per il frusinate. Nello scandire un numero (di telefono o altro) in dialetto si userebbe la forma debole, e quindi in italiano non si raddoppia.
In questo, perciò, i nostri italiani regionali si differenziano da quello «senz'aggettivi», che vuole il
tre sempre geminante (come confermano il
DiPI e il
DOP).
