Il GDLI ha anche i semiadattamenti kascèr e koscèr, con -sc- per -sh-.kāshēr 〈kaašèer〉 (anche kašer 〈kašèr〉 e, nella pron. degli ebrei ashkenaziti, košer o kōshēr 〈kòšer〉) agg., ebr. – Propriam., idoneo, giusto, puro, termine con cui sono qualificati i cibi permessi agli Ebrei perché conformi alle prescrizioni rabbiniche, in contrapp. ai cibi ṭaref (v.), che sono quelli non consentiti: carne, vino k., ecc.; sono considerati kāshēr, per es., i ruminanti a unghia flessa e piede biforcuto, i pesci con pinne e squame (e, all’opposto, ṭaref i molluschi, i crostacei, i piccoli volatili). Il termine è spesso adattato in ital in kashèr; per estens., si parla anche di ristoranti kasher, di macellerie k., e con ulteriore estens. di persona k., osservante delle prescrizioni ebraiche (o, metaforicamente, persona buona).
Il De Mauro fa un passo ulteriore con cascèr.
Tempo fa avevo pensato di adattarlo in cascèro. Che piacere quando ieri, per caso, ho trovato proprio questa forma messa a lemma nel TLIO!
