«Chalk»

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G. M.
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Re: «Chalk»

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Fuori tema
domna charola ha scritto: lun, 30 dic 2024 21:20 Il punto di fondo però è: in totale, la narrazione leggendaria risulterebbe alla fine sospesa in un luogo diciamo di fantasia non meglio definito e ubicato, oppure simantiene strettamente legata alla geografia dei luoghi, e si svolge in quei territori?
Perché se è un luogo mitico, allora la questione delle argille e dei clacari interessa poco, alla fine, l'importante è che risalti l'idea di bianco.
Se invece siamo effettivamente in luoghi geografici in cui è accertato l'affiorare della roccia calcarea detta "chalk", trasformarla in un'altra roccia di fatto altera i luoghi, oppure introduce un elemento di inverosimiglianza.
Tutto dipende insomma da quanto i luoghi debbano mantenere la loro identità o meno.
Il poema è una narrazione volutamente non «realistica»: come spiega l'autore nella prefazione, lo scopo è raccogliere le leggende più che la storia documentata, badando più allo spirito dei racconti popolari che all'esattezza degli studi storici. L'autore inventa liberamente i dettagli della vicenda, introduce manifesti elementi sovrannaturali, ci mette «esagerazioni» varie normali in un poema di stile epico, eccetera. Allo stesso tempo, indubbiamente gli elementi fantastici si congiungono e mescolano a quelli concreti dell'esperienza dell'uomo moderno: anche se romanzata, la narrazione racconta fatti storici reali; i luoghi sono veri, coi loro nomi ben identificabili (a parte qualche toponimo minore), la geografia «generale» dell'ambientazione è vera, com'è vero, visibile e visitabile il Cavallo Bianco.
Millermann ha scritto: lun, 30 dic 2024 22:06 A questo punto vorrei proporre anch'io un nome di fantasia che, per quanto è stato detto finora, potrebbe avere una sua giustificazione.

Partiamo dal fatto che si sta cercando un termine che sia allo stesso tempo poetico e anche scientificamente preciso (non importa se privo di attestazioni). Ho pensato quindi a "bianco calcare", scritto univerbato: *biancocalcare, o addirittura a un composto aplologico: *biancalcare. Che ne dite? :D

Per me, suona abbastanza poetico, e lo trovo anche credibile come ipotetica creazione popolare, giacché mi ricorda il biancomangiare, nome legato a diverse preparazioni culinarie, sia italiane sia francesi, conosciutissime. :)
È un'idea interessante anche questa. 🤔 Non sono sicurissimo circa l'aplologia; anche se, certo, per il versificatore viene comoda… :P
domna charola
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Re: «Chalk»

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G. M. ha scritto: mar, 31 dic 2024 22:56
Fuori tema
[I] luoghi sono veri, coi loro nomi ben identificabili (a parte qualche toponimo minore), la geografia «generale» dell'ambientazione è vera, com'è vero, visibile e visitabile il Cavallo Bianco.
In effetti mi pareva anche a me di ricordare così. L'ho cercato, il Cavallo Bianco con google Map, e finalmente ero riuscita a apire cosa si intendeva. È per quello che mi viene da pensare che cambiargli la roccia sotto non funzioni. Un lettore può in qualsiasi momento ritrovarlo nell'immagine da satellite, e a quel punto i conti non tornano più.
Avevo anche pensato che da noi una litologia simile è il Biancone, nome appenninico della Maiolica- che più a sud diviene Lattimusa - ma si tratta di un'unità litostratifgrafica non equivalente al Chalk, essendo nettamente più antica. Però in effetti Biancalcare potrebbe ben essere un nome arcaico, popolare, per una roccia simile, calcarea e bianca.
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12xu
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Re: «Chalk»

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G. M. ha scritto: lun, 30 dic 2024 15:47 Può darci qualche informazione in più? (Mi torna in mente la questione di /ɛj/, toccata qua e là).
Non vi è una fine cogitazione dietro. :mrgreen:
Banalmente, ambo le lingue lombarda e piemontese sono gallo-romanze come la francese; e siccome la parola latina creta ha dato craie in francese, essa ha dato creia in lombardo e piemontese. Anche in questo caso terra-creia indica l'argilla, ma reputo che su questo si può fare ben poco: se la lingua francese ha un tal termine è a causa della presenza di tale roccia nel territorio nazionale.
Sinceramente non ho pensato alla sottigliezza fonotattica giacché conoscevo il comune di Treia e dunque mi pareva una parola includibile nel lessico italiano. :mrgreen:
In alternativa si potrebbe prendere in prestito il provenzale croia, che ha anche la bontà d'indicare davvero la craie (anche se non ho idea se la croia del Garlaban sia uguale alla craie parigina e al chalk britannico, ma è comunque una roccia calcarea).

Si noti che il GDLI come significato particolare di creta proprio la roccia in questione, anche se nella pagina successiva è esplicato che si tratta di una traduzione errata del francese craie.
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Re: «Chalk»

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G. M. ha scritto: mar, 31 dic 2024 22:56
Millermann ha scritto: lun, 30 dic 2024 22:06 Partiamo dal fatto che si sta cercando un termine che sia allo stesso tempo poetico e anche scientificamente preciso (non importa se privo di attestazioni). Ho pensato quindi […] addirittura a un composto aplologico: *biancalcare.
È un'idea interessante anche questa. 🤔 Non sono sicurissimo circa l'aplologia; anche se, certo, per il versificatore viene comoda… :P
Si potrebbero invertire gli elementi, evitando l'aplologia ma senza aumentare il numero di sillabe: calcarbianco, calcaralbo. Si perde il riferimento al biancomangiare, ma si rientra nella serie dei «qualcosa + albo» o «qualcosa + bianco» (culbianco, prumbianco, nasobianco…).
domna charola
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Re: «Chalk»

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G. M. ha scritto: sab, 01 feb 2025 17:43 Si potrebbero invertire gli elementi, evitando l'aplologia ma senza aumentare il numero di sillabe: calcarbianco, calcaralbo. Si perde il riferimento al biancomangiare, ma si rientra nella serie dei «qualcosa + albo» o «qualcosa + bianco» (culbianco, prumbianco, nasobianco…).
Anche queste potrebbero essere delle buone proposte. Meglio sicuramente di un termine che ha già un senso diverso in italiano, e che quindi risulterebbe errato se applicato ai terreni del Cavallo.
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Re: «Chalk»

Intervento di G. M. »

Ancora indeciso*, ho provato a fare un giro linguistico più ampio oltre inglese e francese, e ho visto che nella maggior parte della lingue europee e limitrofe il nostro materiale è chiamato proprio con un termine derivato dal latino creta, in modo generalmente abbastanza riconoscibile: afrolandese (kryt), basco (klera), bielorusso (крэйда krejda), bulgaro (креда kreda), catalano (creta), cornico (krey), ceco (křída), danese (kridt), estone (kriit), francese (craie), lettone (krīts), lituano (kreida), norvegese (kritt [bokmål], krit [neonorvegese]), olandese (krijtgesteente), polacco (kreda), rumeno (cretă), slovacco (krieda), sloveno (kreda), spagnolo (creta), svedese (krita), tedesco (Kreide), ucraino (крейда krejda), ungherese (kréta), più altre minori. Il che mi ha riportato alla mente quanto scritto qui:
G. M. ha scritto: lun, 30 dic 2024 11:19 Un'ultima possibilità potrebb'essere risemantizzare una variante antica di creta […]: il TLIO ha crea, creda, crita.
Scartato crea, resterebbero creda e crita. Mi sa che andrò con una di queste due. E se poi cambiassi ancora idea… per fortuna esistono le seconde edizioni. :P

[*Ormai vi starete giustamente rompendo le scatole. Prometto che mi sforzerò di diradare i miei interventi sul tema. È che mi dispiace non tenervi aggiornati. :lol:]
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Re: [FT] «Andare con»

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G. M. ha scritto: sab, 08 feb 2025 19:25 Mi sa che andrò con una di queste due.
Inglesismo! 😜
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Re: [FT] «Andare con»

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Chiedo scusa! :oops: Riprovo: «mi sa che mi farò andar bene una di queste due». :)
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Re: «Chalk»

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G. M. ha scritto: sab, 08 feb 2025 19:25 Ancora indeciso*, ho provato a fare un giro linguistico più ampio oltre inglese e francese, e ho visto che nella maggior parte della lingue europee e limitrofe il nostro materiale è chiamato proprio con un termine derivato dal latino creta, in modo generalmente abbastanza riconoscibile: afrolandese (kryt), basco (klera), bielorusso (крэйда krejda), bulgaro (креда kreda), catalano (creta), cornico (krey), ceco (křída), danese (kridt), estone (kriit), francese (craie), lettone (krīts), lituano (kreida), norvegese (kritt [bokmål], krit [neonorvegese]), olandese (krijtgesteente), polacco (kreda), rumeno (cretă), slovacco (krieda), sloveno (kreda), spagnolo (creta), svedese (krita), tedesco (Kreide), ucraino (крейда krejda), ungherese (kréta), più altre minori. I
Il punto è che le traduzioni nelle varie lingue non sono traduzioni "litologiche", ma fanno riferimento a un generico aspetto di queste rocce senza tenere conto della effettiva composizione chimica. Il concetto è essenzialmente di roccia leggera e farinosa di colore bianco, in pratica dal gesso alle argille chiare sino ai calcari del cretaceo dell'area a cavallo della Manica. Ma sono cose molto differenti fra loro, per cui, tecnicamente, non si possono nemmeno considerare dei traducenti l'uno dell'altro, se non in un registro molto corrente e popolare, che guarda alla sostanza dell'uso. Insomma, un po' come la nostra traduzione di "chalk" come gesso, perché da noi si usa il gesso e non i calcari cretacei per scrivere.
Le rocce calcaree cretacee della costa e area retrostante dell'Inghilterra non possono essere definite in alcun modo "creta", anche se dall'altra parte della Manica i francesi le chiamano "craie", con un termine antico e di origine contadina, ma errato. Questo errore ce lo trasciniamo dietro nella scala geocronologica, col Cretaceo, e lì non possiamo farci nulla, ma resta comunque un - comprensibile - errore, generato da vecchi nomi tradizionali che si sono voluti mantenere per comodità d'uso.

Fra l'altro, anche per un lettore non geologo, si sfalsano tutti i riferimenti, perché la creta è comunque una roccia farinosa che si disfa facilmente con l'acqua e viene erosa, creando paesaggi calanchivi, e difficilmenmte si può immaginare che su di essa sia inciso o scolpito qualcosa che si possa conservare, sia pure per tempi non geologici. Il Cavallo Bianco su una creta passerebbe giù nel giro di pochi decenni, e ne rimarrebbe forse solo la memoria, o forse nemmeno quella…
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Re: «Chalk»

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Faccio notare (rigorosamente «in zona Cesarini») che γύψος (da cui il nostro gesso attraverso il latino gypsum) in greco antico significava sia «gesso» sia «calcare» (e anche «stucco» e «mastice»), che, com’è stato del resto già ricordato, il gessetto per la lavagna in inglese si chiama chalk perché una volta era di chalk, ma ora è di gesso come da noi (e cionnonostante continua a chiamarsi chalk), e che quando noi gessiamo il terreno, gli anglofoni chalk the ground.

Insomma, come licenza poetica (corredata di opportuno chiarimento geologico in nota), gesso mi pare del tutto accettabile in un poema epico (e questa è anche la scelta della Teggi). E il gesso richiama immediatamente alla mente del lettore medio non geologicamente avvertito l’idea di biancore e di friabilità (certo, friabilità oggettivamente eccessiva) del nostro cavallo…

Stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus.
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Re: «Chalk»

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Spesso il lettore medio non geologicamente avvertito ha visitato durante le vacanze le scogliere della Normandia o le dirimpettaie inglesi, e ha ben presente una roccia bianca e solida, che non gli evoca per nulla il gesso… Ormai il mondo è aperto e alla portata di tutti, quindi non sottovaluterei nemmeno il "lettore medio".
Per ripiegare su un banale "gesso", allora si può tenere alla stessa maniera anche "calcare", che almeno è corretto.
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Re: «Chalk»

Intervento di Infarinato »

domna charola ha scritto: lun, 10 feb 2025 0:49 Spesso il lettore medio non geologicamente avvertito ha visitato durante le vacanze le scogliere della Normandia o le dirimpettaie inglesi, e ha ben presente una roccia bianca e solida, che non gli evoca per nulla il gesso… Ormai il mondo è aperto e alla portata di tutti, quindi non sottovaluterei nemmeno il "lettore medio".
Ma siamo sicuri che il lettore medio sappia che quella roccia lí non è gesso, che non si può/deve chiamare gesso e magari non creda invece che sia un «tipo [piú duro] di gesso»? Onestamente, io non ci metterei la mano sul fuoco. D’altra parte, lo ignoravano gli antichi greci (che detengono pur sempre i «diritti d’autore» sulla parola), e anche gli anglofoni di oggi non si peritano di fondere —in alcuni contesti— i due significati in un unico significante.
domna charola ha scritto: lun, 10 feb 2025 0:49 Per ripiegare su un banale "gesso", allora si può tenere alla stessa maniera anche "calcare", che almeno è corretto.
Sí, ma calcare è meno poetico di gesso😁 (Al limite, si potrebbe pensare di ricorrere a calce.)

Comunque, sia chiaro: comprendo il discorso scientifico (e di tutta la questione diciamo che m’importa «il giusto» 😅), ma non vorrei che ci stessimo perdendo in un bicchier d’acqua, quando anche gli esegeti italofoni di Chesterton (certo geologicamente incompetenti) parlano da sempre solo di «gesso» (e gli anglofoni confondono talora i due concetti): nel contesto dato, è davvero il caso di esser piú realisti del re? 🤷🏻‍♂️
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Re: «Chalk»

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Sono incerto, perché vedo molta sensatezza da varie parti, e com'è vera una cosa così è vero anche il contraltare, e vera anche la terza via e la quarta… È difficile scegliere, argh:mrgreen:

In questo momento non ho altro d'aggiungere* ma intervengo comunque perché voglio ringraziarvi, Domna Charola e Infarinato ma anche tutti gli altri partecipanti, per il grande aiuto che mi date e per la cura e l'attenzione che mettete nel discutere i vari aspetti del problema (terminologicamente non solo mio, ma ora contingentemente molto mio). Vi sono davvero molto grato.

[*Solo un'osservazione su un dettaglio laterale: ritornando un momento a creda contro crita, fra i due per ora mi sembra meglio il secondo.]
domna charola
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Re: «Chalk»

Intervento di domna charola »

Infarinato ha scritto: lun, 10 feb 2025 3:11 Ma siamo sicuri che il lettore medio sappia che quella roccia lí non è gesso, che non si può/deve chiamare gesso e magari non creda invece che sia un «tipo [piú duro] di gesso»? Onestamente, io non ci metterei la mano sul fuoco. D’altra parte, lo ignoravano gli antichi greci (che detengono pur sempre i «diritti d’autore» sulla parola), e anche gli anglofoni di oggi non si peritano di fondere —in alcuni contesti— i due significati in un unico significante.
Lavoro da decenni a scrivere testi divulgativi anche terra terra, e lo faccio anche come collaborazioni gratuite a musei e siti locali nel tempo libero, e se c'è una cosa che mi sembra contraria a qualsiasi etica professionale - dal punto di vista di questa attività - e che mi manda in bestia quando è qualche collega a dirlo, è l'idea che "tanto chi legge non ne sa molto, e nemmeno se ne accorge", che più o meno significa "chi se ne importa se tiro dentro quel che viene senza pormi problemi?". Insomma, non è un ragionamento che riesco ad accettare.
Quanto agli inglesi che non hanno chiare le idee, alla voce "chalk" in effetti il Dizionario Ossoniense recita: "White soft earthy limestone used for burning into lime, and for writing and drawing; coloured preparation of like texture for writing and drawing". Non c'è alcuna accezione che lo associ al gesso, e anche il richiamo allo scrivere e disegnare non è perché abbiano confusione in testa, ma perché sino all'altro ieri quelli che da noi sono "gessetti" erano fatti - molto più economicamente per loro - da impasti derivati da questi calcari. Il nome si è trasferito a qualsiasi preparato sintetico che svolga il medesimo uso, ma nessuno in Albione credo abbia mai pensato che il termine si riferiva a qualcosa legato al solfato di calcio. Anche l'etimologia del termine del resto viene, attraverso tutta una serie di passaggi, dal latino calx, con riferimento alla calce, che si è sempre prodotta dal calcare.
Il fatto che noi invece per scrivere alla lavagna usiamo il gesso, non cambia le carte in tavola, perché i due termini non sono sinonimi.
Infarinato ha scritto: lun, 10 feb 2025 3:11 Sí, ma calcare è meno poetico di gesso😁 (Al limite, si potrebbe pensare di ricorrere a calce.)
"Poetico" è una valutazione estremamente soggettiva. A me, l'immagine del Cavallo ancestrale scolpito nel gesso sinceramente fa un po' ridere, mi sembra così terra terra e quotidiano… forse perché nell'esperienza comune, il "gesso" non è una roccia, ma un materiale edilizio o per usi artistici… insomma, l'immagine che mi venne in mente quando lessi la prima volta di questo cavallo, fu di una scultura preparatoria per una fusione in bronzo, insomma il falso da cui ricavare poi l'oggetto d'arte…
Infarinato ha scritto: lun, 10 feb 2025 3:11nel contesto dato, è davvero il caso di esser piú realisti del re? 🤷🏻‍♂️
Boh… dato tutto il contesto mi sembra una caduta di gusto e di stile. Non mi sembra un testo che attiri troppe persone "incolte", mi dà più l'idea di rivolgersi a un pubblico colto e preparato, e considerato che si tratterebbe di uno svarione evitabile, non vedo perché cacciar dentro a forza e volutamente un errore di traduzione che snatura l'oggetto centrale del poema.
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Re: «Chalk»

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domna charola ha scritto: lun, 10 feb 2025 16:26 Lavoro da decenni a scrivere testi divulgativi anche terra terra, e lo faccio anche come collaborazioni gratuite a musei e siti locali nel tempo libero, e se c'è una cosa che mi sembra contraria a qualsiasi etica professionale - dal punto di vista di questa attività - e che mi manda in bestia quando è qualche collega a dirlo, è l'idea che "tanto chi legge non ne sa molto, e nemmeno se ne accorge", che più o meno significa "chi se ne importa se tiro dentro quel che viene senza pormi problemi?". Insomma, non è un ragionamento che riesco ad accettare.
Ammiro davvero l’ottimismo: Chesterton, La Ballata del Cavallo Bianco (le «colline di gesso»!! 🤣).

Sul resto mi sono già pronunciato e non ritengo di dover ribadire quanto detto. 😊
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