Grazie a entrambi per gli interventi! Confermo quanto riportato da
G.M. sulla nostra breve discussione privata, e rispondo di seguito con i miei pareri, distinguendo tra la questione in inglese e quella in italiano.
Partendo dall'inglese:
G.M. ha scritto: ven, 29 apr 2022 21:25 Ipotizzo che anche l'inglese
proximity war, se è effettivamente usato come sinonimo di
proxy war, possa esser nato per una confusione di suono tra gli anglofoni stessi;
Per via di quanto illustrerò tra un momento, ritengo si possa escludere l'ipotesi di confusione per l'uso di
proximity war tra gli anglofoni. In: Groh, T. L. (2019).
Proxy War: the least bad option. Stanford: Stanford University Press,
Groh tratta esplicitamente il
trasferimento di prossimità al conflitto dallo stato delegante a quello delegato in una guerra per procura, e gli effetti che tale trasferimento ha sia sul rapporto tra questi due stati che sui rispettivi approcci alla guerra. Il concetto evidenziato da
proximity war è quindi la «prossimità (al conflitto) trasferita» dal delegante al delegato che è analoga alla «partecipazione (al conflitto) trasferita», sempre tra delegante e delegato, incorporata da
proxy war e
procurement war. Per tutti i dettagli su quanto appena detto, posso consigliare di vedere il libro citato.
Aggiungo una mia riflessione, alla luce della fonte citata: volendo, si può comprendere meglio il concetto guardando all'espressione inglese
proximity war come all'abbreviazione di
transferred-proximity war, o
relocated-proximity war, in italiano
guerra di prossimità trasferita. Potremmo certamente tacciare i parlanti anglofoni di eccesso di sintesi.
Riguardo alla numerosità delle espressioni in inglese:
G.M. ha scritto: ven, 29 apr 2022 21:25 Oltre alla proprietà e improprietà teorica dell'espressione, conta anche (inevitabilmente) il fatto dell'uso.
Per quanto la numerosità sia certo indicativa — pur se qui giustamente limitata alla ricerca in linea, non potendo consultare sempre anche il cartaceo per ogni filone che apriamo

— e i falsi positivi correttamente segnalati,
proximity war è effettivamente usata. Concordo quindi che si stia parlando di un'espressione meno usata di
proxy war, ma faccio gentilmente presente che stiamo parlando dell'uso di entrambe le espressioni inglesi, non dell'esclusione di una a favore dell'altra. Guardando poi alla tipologia, aggiungo che anche
proximity war è usata anche in documenti di ricerca, che ne attestano un (certamente ridotto, ma presente) uso specialistico tra gli anglofoni.
Passando all'italiano:
G.M. ha scritto: ven, 29 apr 2022 21:25 Cercando invece le stringhe guerra di prossimità e guerra per procura, i risultati (sempre nelle Notizie) sono 2470 e 26.900. Una sproporzione molto minore, ma comunque notevole. Cercando nei Libri, abbiamo 3 risultati per guerra di prossimità contro 1770 per guerra per procura (di nuovo, i numeri reali sono probabilmente minori).
Come riportato da G.M., mentre Google Libri attesta uno scarsissimo uso di
guerra di prossimità, Google Notizie attesta un rapporto sì asimmetrico, ma anche un largo uso di
guerra di prossimità. Aggiungo che, per una maggiore chiarezza, andrebbero considerate anche
Google Scholar e la ricerca generale di Google, perché ci sono riviste e libri (specializzati e divulgativi) non inclusi in Google Notizie e Google Libri. Non considerarli rischierebbe di dare un quadro incompleto della situazione. Tra i 3 libri che compaiono in
Google Scholar cercando
guerra di prossimità virgolettato cito: Giordana, E. (a cura di, 2019).
La grande illusione : l'Afghanistan in guerra dal 1979. Torino: Rosenberg & Sellier. Circa 2.800 sono invece i risultati che si ottengono cercando: «Limes "guerra di prossimità"» nella ricerca generale di Google (N.B.
Limes è uno dei primi periodici italiani di geopolitica per storia e diffusione). Anche approssimando di molto per difetto, per considerare falsi positivi e doppioni, si tratta di migliaia di testimonianze di uso reale dell'espressione da parte di differenti autori pubblicati dalla rivista, liberi nelle loro scelte terminologiche. La ricerca generale di Google, senza includere esplictamente Limes, restituisce invece circa 25.700 risultati: qui certamente l'approssimazione per difetto è più cospicua e sensata, ma al di là della numerosità ritengo che ancora una volta testimoni l'uso corrente dell'espressione — tra cui diverse fonti specializzate sul tema, come ISPI, il Ministero della Difesa, e altre (alcune tra quelle che ho letto personalmente sono citate nel mio primo intervento). Anche in questo caso faccio gentilmente presente che nell'aprire il filone parlo dell'uso di entrambe le espressioni — qui delle due italiane — non dell'esclusione di una a favore dell'altra.
G.M. ha scritto: ven, 29 apr 2022 21:25 Dimenticavo: nella IATE c'è
proxy war, che per l'italiano ha
guerra per procura,
guerra delegata e
terrorismo sponsorizzato dallo stato, con quest'ultima che però non sembra del tutto equivalente (come avverte una nota in inglese, tale espressione è usata con significati diversi). Le locuzioni inglesi sono —oltre a
proxy war—
warfare by proxy,
war by proxy,
surrogate war e state-sponsored terrorism.
Le banche dati sono certamente una fonte preziosa di terminologia, ed evidenziano in questo caso un largo uso di
guerra di prossimità, ma ritengo non esauriscano il panorama delle espressioni usate dalla lingua in generale, e neanche quello delle fonti autorevoli per competenza in materia. A lato, nello specifico caso della
IATE, essa afferisce alla terminologia usata dall'Unione Europea, più che a quella impiegata in ambito geopolitico e dai mèdia che a questo fanno riferimento (oltre ad accogliere in italiano un certo numero di anglicismi quali
link il che, confesso, mi lascia un po' perplesso).
Ferdinand Bardamu ha scritto: ven, 29 apr 2022 21:25Concordo con te.
Prossimità esprime in maniera inequivocabile la vicinanza di un certo avvenimento o di un certo oggetto. Perciò
guerra di prossimità si può riferire solo a una guerra combattuta immediatamente di là dai confini nazionali, con uno Stato finitimo.
Guerra per procura, invece, evoca l’immagine di un conflitto combattuto da Stati che agiscono per conto, in rappresentanza di altri, conformemente al significato esteso della locuzione
per procura (in origine d’àmbito civilistico).
Per tutti i motivi di cui sopra, risponderei all'intervento di
Ferdinand Bardamu come segue: concordo senza dubbio sul significato di
prossimità, che viene peraltro mantenuto dall'espressione
guerra di prossimità. Quest'ultima si riferisce a una guerra combattuta da stati finitimi, la cui
prossimità al conflitto è stata loro trasferita da dagli stati deleganti. Si tratta quindi di una visione dello stesso fenomeno e relazione espressi da
guerra per procura, ma che intende la questione con una sfumatura leggermente diversa, ponendo l'accento sul trasferimento della prossimità al conflitto, anziché della procura del conflitto (poi, certo, entrambe le espressioni possono essere usate in modo più o meno corretto, nel dettaglio).
Concludendo:
G.M. ha scritto: ven, 29 apr 2022 21:25 La mia preoccupazione, in realtà, era dovuta più che altro al fatto che
guerra di prossimità mi sembra poco trasparente e un doppione inutile, potendoci appunto servire ottimamente di
guerra per procura. Infatti, se io non conoscessi quest'espressione con un'accezione particolare, e mi dicessero per esempio che «Gli Stati Uniti sono impegnati in una guerra di prossimità contro la Russia», penserei innanzitutto a una prossimità fisica, geografica (e quindi magari a uno scontro nei dintorni dello stretto di Bering); mentre il significato che vogliamo veicolare sarebbe mostrato molto più chiaramente usando
guerra per procura. Ben diverso il caso di
paradiso fiscale, che invece fa intuire chiaramente il significato.
Per tutti i suddetti motivi ritengo sia da escludere l'inutilità, essendo
guerra di prossimità un'espressione sinonimo di
guerra per procura che può, all'occorrenza, essere usata per evidenziare una diversa sfumatura o prospettiva dello stesso fenomeno.
Posso invece concordare sulla minore trasparenza di
guerra di prossimità rispetto a
guerra per procura, che giustifica peraltro la preferenza nell'uso della prima rispetto alla seconda. Si tratta di un meccanismo comune nell'approcciarsi a espressioni di discipline poco familiari, che declinano termini di uso comune in modi parzialmente diversi rispetto al loro significato più generale. Nell'esempio degli Stati Uniti contro la Russia, se fosse la prima volta che ci si approccia, l'espressione potrebbe certamente far pensare a uno scontro tradizionale di
prossimità diretta tra i due stati, ma la lettura di un articolo o la visione di un video (anche divulgativi) trattanti il tema chiarirebbe al lettore che si tratta di un conflitto per
prossimità delegata a terzi (analogamente a quanto suggerito più immediatamente da
guerra per procura), e l'equivoco sarebbe presto chiarito anche per le volte successive. Tuttavia, per quanto addotto sopra, riterrei scorretto vedere in
guerra di prossimità un concorrente da scartare di
guerra per procura.
Infine, nel caso non si concordi comunque con l'uso di
guerra di prossimità, da appassionato lettore di geopolitica suggerirei di non sconsigliare esplicitamente l'espressione. Questo perché, oltre a essere intesa come traducente di
proximity war (al pari di
guerra per procura per
proxy war), l'espressione viene usata sia in àmbito specialistico che divulgativo da fonti specializzate nell'ambito di riferimento (geopolitica). Mettendomi (nel mio caso, rimettendomi) nei panni di un lettore di scritti divulgativi di geopolitica, se avessi da un lato
guerra di prossimità usato da fonti specializzate in materia, e dall'altro una fonte di tipo linguistico che me sconsiglia l'uso, dopo qualche verifica avrei pochi dubbi nel dare fiducia alle prime. E rischierei di vedere la seconda come poco competente, almeno nel caso specifico.
Questo il mio parere con le relative argomentazioni e fonti. Vi ringrazio davvero per i vostri interventi, è sempre costruttivo discutere su Cruscate.

«[…] ma quella lingua si chiama d'una patria, la quale converte i vocaboli ch'ella ha accattati da altri, nell'uso suo, ed è sì potente, che i vocaboli accattati non la disordinano ma la disordina loro […].» Niccolo Machiavelli (1525, p. 126)