«Pancake»
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«Pancake»
Incigno un novo filone per questo tipo di crespella americana , come l'[av]voca l'Ufficio chebecchese della lingua francese. Volendo inispagnuolirci, panchecchi (qui burlevolmente). Ho già controllato sul Battaglia, non disnidando nessun combaciamento esatto.
Re: «Pancake»
Se ha già compulsato il GDLI perché ha misconosciuto la voce ad hoc supplementare?
https://www.gdli.it/JPG/GDLI23/00627.jpg che propone frittelle dolci o salate.
Sul sito di traduttori proz.com si ricorda però che sia le crespelle, sia le crêpes, sia le frittelle non avrebbero quel pizzico di lievito previsto per i pancakes:
https://www.proz.com/kudoz/english-to-i ... ncake.html
Non ho idea se abbiano ragione o meno.
https://www.gdli.it/JPG/GDLI23/00627.jpg che propone frittelle dolci o salate.
Sul sito di traduttori proz.com si ricorda però che sia le crespelle, sia le crêpes, sia le frittelle non avrebbero quel pizzico di lievito previsto per i pancakes:
https://www.proz.com/kudoz/english-to-i ... ncake.html
Non ho idea se abbiano ragione o meno.
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Re: «Pancake»
Il termine nelle lingue sorelle è stato pressoché adattato, anche se comunque può essere detto in svariati modi. Io farei altrettanto, coniando panchei (e magari che si leggesse panchéi se non è un problema per le regole di pronunzia del nostro bel idioma).
- Millermann
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Re: «Pancake»
Pancake è davvero un caso un po' particolare: potremmo definirlo un «falso amico ben mimetizzato»; s'inserisce, a buon diritto, in una serie di termini che descrivono alimenti attinenti o simili al pane (pangrattato, panbiscotto, pancarré, pancotto, pandolce, pandoro, panettone, panforte, panpepato), talvolta non univerbati (pan d'arancio, pan di zenzero, pan di Spagna) pur avendo un significato completamente diverso.
Ho provato a fare un sondaggio tra alcuni conoscenti, e quasi nessuno ha riconosciuto in quel «pan» la parola inglese per padella!
Non è immediato inserire pancake nella stessa famiglia di cupcake (rispettivamente, «dolce in padella» e «dolce in tazza»): continueremo sempre, inconsciamente, a vederci un «pan-qualcosa». E non a torto: il pancake, a differenza delle crespelle, contiene una piccola quantità di lievito chimico, proprio come un «pane». Inoltre, ha anche un aspetto leggermente diverso: non sottile e allargato, ma piú alto e spugnoso. Insomma, è quasi una via di mezzo tra una crespella e... un piccolo «panino».
Allora, perché non approfittare di questa curiosa coincidenza? Senza tener conto del reale significato inglese, si potrebbe pensare di coniare il termine *pancrespella: una crespella che ha anche qualcosa del pane, e come un panino si può farcire e mangiare prendendola in mano. A mio parere, una paretimologia davvero indovinata!
Ho provato a fare un sondaggio tra alcuni conoscenti, e quasi nessuno ha riconosciuto in quel «pan» la parola inglese per padella!

Non è immediato inserire pancake nella stessa famiglia di cupcake (rispettivamente, «dolce in padella» e «dolce in tazza»): continueremo sempre, inconsciamente, a vederci un «pan-qualcosa». E non a torto: il pancake, a differenza delle crespelle, contiene una piccola quantità di lievito chimico, proprio come un «pane». Inoltre, ha anche un aspetto leggermente diverso: non sottile e allargato, ma piú alto e spugnoso. Insomma, è quasi una via di mezzo tra una crespella e... un piccolo «panino».

Allora, perché non approfittare di questa curiosa coincidenza? Senza tener conto del reale significato inglese, si potrebbe pensare di coniare il termine *pancrespella: una crespella che ha anche qualcosa del pane, e come un panino si può farcire e mangiare prendendola in mano. A mio parere, una paretimologia davvero indovinata!

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Re: «Pancake»
Secondo me il problema è proprio cake, che compare anche in plum-cake. Adattato quello, abbiamo preso due piccioni con una fava. 

- Millermann
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Re: «Pancake»
L'idea sarebbe, per l'appunto, quella di adattare cake come pan, invertendo poi l'ordine: in pratica, si passerebbe da X-cake a pan Y (univerbato o no). Ho scritto X e Y perché la parola da associare a pan non dev'essere necessariamente [la traduzione di] quella associata a cake.

In realtà questo procedimento è già osservabile in diversi casi; si pensi a pan di Spagna ~ sponge cake (in cui è presente una certa assonanza fra sponge e Spagna), o pandoro ~ golden cake. Anche lo stesso plum-cake, come notato altrove, è talvolta adattato in panfrutto o pangiallo.
Nel caso di pancake avremmo, dunque, che X=pan (padella) diventerebbe Y=crespella (ciò che si cucina nella padella), e quindi il risultato sarebbe pancrespella, perfettamente in linea con gli altri adattamenti, nonostante la bizzarra coincidenza.

Di passata, questo sistema, se applicato sistematicamente, faciliterebbe dimolto anche la traduzione di altri nomi di dolci, come cupcake (*pancopp[ett]a?) o cheesecake (*pancacio?).

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Re: «Pancake»
Pampadella forse è troppo lontano da pan + padella, sembra più una piccola *pampada, magari pancrespo si avvicinerebbe di più anche a orecchio a pancake. Magari si potrebbe pensare anche un pampiatto, ma la mia preferenza va a pancrespo.
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Re: «Pancake»
Ma i nostri doppiatori, che perlomeno fino alla metà degli anni ’10 (sí, di questo secolo) traducevano senza problemi pancakes con «frittelle», erano cosí fuori strada? 
Il punto è sempre lo stesso: se si richiede l’assoluta precisione gastronomico-filologica (cioè, praticamente mai), pancake si traduce con… pancake, muffin con muffin, panettone con panettone etc. Sennò, per pancake andrà benissimo frittella e via dicendo.

Il punto è sempre lo stesso: se si richiede l’assoluta precisione gastronomico-filologica (cioè, praticamente mai), pancake si traduce con… pancake, muffin con muffin, panettone con panettone etc. Sennò, per pancake andrà benissimo frittella e via dicendo.
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Re: «Pancake»
Non capisco perché si debba forzare a tutti i costi il vocabolario gastronomico scavalcando i confine delle tecniche di produzione.
In genere le frittelle sono cotte immerse in grasso bollente, mentre le crespelle sono cotte su una padella appena unta. Ambedue possono essere lievitate o no. I bliny, ad esempio, sono lievitati e vengono definiti crespelle, oltre a essere abbastanza simili ai pan-cake di cui si discute qui. Il punto nelle classificazioni parte dal mezzo di cottura, mentre la lievitazione è una suddivisione successiva. Quando torno alla mia biblioteca cerco i testi di riferimento, mi viene in mente il lavoro di Sabban e Serventi sulla pasta, ma ci sono anche articoli più specifici dello stesso autore...
In genere le frittelle sono cotte immerse in grasso bollente, mentre le crespelle sono cotte su una padella appena unta. Ambedue possono essere lievitate o no. I bliny, ad esempio, sono lievitati e vengono definiti crespelle, oltre a essere abbastanza simili ai pan-cake di cui si discute qui. Il punto nelle classificazioni parte dal mezzo di cottura, mentre la lievitazione è una suddivisione successiva. Quando torno alla mia biblioteca cerco i testi di riferimento, mi viene in mente il lavoro di Sabban e Serventi sulla pasta, ma ci sono anche articoli più specifici dello stesso autore...
- Infarinato
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Re: «Pancake»
Perché nemmeno in italiano il significato di frittella è univoco, come non erano univocamente definiti nemmeno gl’ingredienti della carbonara, anche se oggi i [sedicenti] «puristi» della medesima si scandalizzano al solo pensiero che un tempo potesse non prevedere il pecorino o il guanciale.domna charola ha scritto: lun, 19 feb 2024 15:54 Non capisco perché si debba forzare a tutti i costi il vocabolario gastronomico scavalcando i confine delle tecniche di produzione.
Esiste una ricetta ufficiale delle frittelle depositata alla Camera di commercio di una qualche città italiana? Benissimo, ad essa si dovranno attenere tutt’i pubblici esercizi che intendano offrirle ai loro clienti con tale nome. Per noi altri rimarranno sempre qualcosa di familiare, ma dai confini abbastanza vaghi, cui poter assimilare all’occorrenza anche i pancakes americani o britannici (comunque non identici fra loro, e di diversi tipi anch’essi).
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Re: «Pancake»
No, non esiste una ricetta ufficiale, perché le "frittelle" non sono "una ricetta", cioè una singola preparazione, bensì una categoria di preparazioni, basata essenzialmente sul metodo di cottura del preparato, cosi come i brasati, gli stufati, le crostate etc.
Negli impasti si suddivide fra cotto in mezzo umido e cotto in mezzo secco, un modo molto grossolano per indicare che nel primo caso il calore è veicolato da un qualcosa di liquido mentre nel secondo è trasmesso unicamente dall'aria che circonda l'alimento. Se si amplia il campo si aggiunge la categoria cotto a contatto, in cui il calore passa direttamente dal recipiente all'alimento. Fra i mezzi liquidi poi si distingue l'acqua dai grassi, per cui si hanno le grandi categorie dei fritti* e quelle degli stufati, bolliti etc. Ovviamente, come tutte le classificazioni, è abbastanza grossolana, e saltano sempre fuori eccezioni e preparazioni al limite.
C'è una certa concordanza nel considerare frittella gli impasti fritti. Tutto qui. Già nei primi ricettari nostri conservati - l'Anonimo Veneziano ad esempio - che risalgono al '300, il termine frittelle è usato abbastanza univocamente per impasti di varia composizione fritti in olio. Esiste anche un quasi sinonimo, che sono i tortelli - sempre nell'Anonimo Veneziano - che però in un caso vengono definiti fritti a modo di frittelle. Si friggono anche preparazioni ripiene, e anche queste a volte sono definite tortelli, però il riferimento sulla cottura porta sempre alla frittella.
La questione della carbonara invece è molto diversa. Qui c'è una preparazione di pasta condita con uovo e "altre cose". L'elemento caratterizzante che la distingue essendo solo suo proprio è l'uovo. Poi da qualche parte, in epoca recente, qualcuno - più di uno indipendentemente dagli altri - ha codificato e cristallizzato una presunta "vera ricetta". Chi sia il primo, o il primo ad essere diventato noto, è questione tanto specialistica quanto ininfluente in termini storici.
Il prototipo da cui discendono queste preparazioni lo si trova già nel gruppo dell'Anonimo Angioino, la cui prima copia è dei primi anni del '300: là compare una pasta - la tria - condita con cipolle stufate e formaggio grattuggiato, in cui l'autore suggerisce "se vuoi aggiungo anche carne - che all'epoca era spesso carne conservata e dissalata - e se vuoi anche uova", con un'elasticità dettata dai gusti personali, dagli usi locali e dalle disponibilità effettive di mercato.
Ovvio che oggi abbiamo pretese diverse, e ci sia la necessità anche legale di codificare la "vera" carbonara, per motivi di allergie e conoscenza degli ingredienti conseguente. Però resta una convenzione, a fronte di una miriade di diverse sfumature di interpretazione fra i vari cuochi. I disciplinari di produzione, rigidi e inderogabili, in fondo nascono solo in età contemporanea.
* La friggitrice ad aria tanto di moda non frigge, è solo una pietosa consolazione per chi è dieta.
Negli impasti si suddivide fra cotto in mezzo umido e cotto in mezzo secco, un modo molto grossolano per indicare che nel primo caso il calore è veicolato da un qualcosa di liquido mentre nel secondo è trasmesso unicamente dall'aria che circonda l'alimento. Se si amplia il campo si aggiunge la categoria cotto a contatto, in cui il calore passa direttamente dal recipiente all'alimento. Fra i mezzi liquidi poi si distingue l'acqua dai grassi, per cui si hanno le grandi categorie dei fritti* e quelle degli stufati, bolliti etc. Ovviamente, come tutte le classificazioni, è abbastanza grossolana, e saltano sempre fuori eccezioni e preparazioni al limite.
C'è una certa concordanza nel considerare frittella gli impasti fritti. Tutto qui. Già nei primi ricettari nostri conservati - l'Anonimo Veneziano ad esempio - che risalgono al '300, il termine frittelle è usato abbastanza univocamente per impasti di varia composizione fritti in olio. Esiste anche un quasi sinonimo, che sono i tortelli - sempre nell'Anonimo Veneziano - che però in un caso vengono definiti fritti a modo di frittelle. Si friggono anche preparazioni ripiene, e anche queste a volte sono definite tortelli, però il riferimento sulla cottura porta sempre alla frittella.
La questione della carbonara invece è molto diversa. Qui c'è una preparazione di pasta condita con uovo e "altre cose". L'elemento caratterizzante che la distingue essendo solo suo proprio è l'uovo. Poi da qualche parte, in epoca recente, qualcuno - più di uno indipendentemente dagli altri - ha codificato e cristallizzato una presunta "vera ricetta". Chi sia il primo, o il primo ad essere diventato noto, è questione tanto specialistica quanto ininfluente in termini storici.
Il prototipo da cui discendono queste preparazioni lo si trova già nel gruppo dell'Anonimo Angioino, la cui prima copia è dei primi anni del '300: là compare una pasta - la tria - condita con cipolle stufate e formaggio grattuggiato, in cui l'autore suggerisce "se vuoi aggiungo anche carne - che all'epoca era spesso carne conservata e dissalata - e se vuoi anche uova", con un'elasticità dettata dai gusti personali, dagli usi locali e dalle disponibilità effettive di mercato.
Ovvio che oggi abbiamo pretese diverse, e ci sia la necessità anche legale di codificare la "vera" carbonara, per motivi di allergie e conoscenza degli ingredienti conseguente. Però resta una convenzione, a fronte di una miriade di diverse sfumature di interpretazione fra i vari cuochi. I disciplinari di produzione, rigidi e inderogabili, in fondo nascono solo in età contemporanea.
* La friggitrice ad aria tanto di moda non frigge, è solo una pietosa consolazione per chi è dieta.
- Infarinato
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Re: «Pancake»
Siamo abbastanza fuori fòro e non dubito che, gastronomicamente parlando, Lei abbia ragione.
Tuttavia, se leggiamo la definizione [piuttosto vaga] di frittella del nostro dizionario storico per eccellenza e l’altrettanto vaga definizione di pancake della Guichipedía inglese, vediamo che, matematicamente parlando, esse hanno perlomeno un’intersezione non nulla. 
Di piú: fino a tempi relativamente recenti i pancakes delle opere letterarie e cinematografiche americane si traducevano senza troppi problemi con «frittelle». E ai miei tempi, alla domanda «cosa mangiano gli americani a colazione?», si rispondeva tranquillamente: «frittelle e sciroppo d’acero».
Direi che qui siamo in uno di quei casi in cui necessitiamo di due traducenti: uno, gastronomicamente ineccepibile, che useremo nei contesti (pochi) in cui sia richiesta l’assoluta precisione gastronomico-filologica; l’altro, per la lingua comune: per quest’ultimo fino a vent’anni fa andava bene frittelle, ma oggi siamo diventati tutti chefs stellati…


Di piú: fino a tempi relativamente recenti i pancakes delle opere letterarie e cinematografiche americane si traducevano senza troppi problemi con «frittelle». E ai miei tempi, alla domanda «cosa mangiano gli americani a colazione?», si rispondeva tranquillamente: «frittelle e sciroppo d’acero».
Direi che qui siamo in uno di quei casi in cui necessitiamo di due traducenti: uno, gastronomicamente ineccepibile, che useremo nei contesti (pochi) in cui sia richiesta l’assoluta precisione gastronomico-filologica; l’altro, per la lingua comune: per quest’ultimo fino a vent’anni fa andava bene frittelle, ma oggi siamo diventati tutti chefs stellati…

Re: «Pancake»
Premetto che mi piacciono le soluzioni proposte da Millerman e Lorenzo Federici; tuttavia aggiungo qualche annotazione all'osservazione fatta da Millerman sulla traduzione di pan-: invero, i greci traducono pancake con τηγανίτα, ovviamente legato al nostro tegame. Prendendo spunto, si potrebbero anche adottare soluzioni simili a partire da tegame come tortella al tegamino, tegamella, eccetera.
Re: «Pancake»
- Millermann
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Re: «Pancake»
In particolare, il primo dei due adattamenti (maschile) è diffuso in gran parte del Sudamerica, tanto da giustificarne la scelta come titolo della pagina guichipediana, mentre il secondo, femminile, è forma tipica venezuelana. Da questo lato dell'oceano (Spagna) si usa invece un nome diverso: tortita, che come forestierismo sarebbe accettabile anche per noi (ma non mi sembra sostituibile con tortina); peccato che non sia inglese!

Tuttavia, anche in questo caso esiste una certa confusione: i panqueques non sono sempre sinonimo di pancake (o hotcake), ma spesso sono delle semplici crespelle (senza lievito).
In italiano, per i motivi esposti piú sopra, continuo a preferire un adattamento "ibrido" (limitato alla prima parte, ma libero nella seconda), come i già citati *pampadella (semicalco), *pancrespella e, già che ci siamo, magari pure *panfrittella.

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