Proposta di riforma ortografica (di G. M.): pareri e consigli

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G. M.
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Re: Proposta di riforma ortografica (di G. M.): pareri e consigli

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Millermann ha scritto: lun, 16 dic 2024 15:51 Ciò detto, una riforma piú profonda potrebbe essere giustificata in diverse maniere: ad esempio [...] (ma qui immagino un po' di perplessità da parte di qualcuno) per introdurre un sistema aperto alle variazioni e alle evoluzioni che la lingua, giocoforza, subirà nel corso del tempo, e che altrimenti sarebbero gestite in modo raffazzonato, aumentando le forme irregolari e allontanando sempre piú la grafia dalla pronuncia.
Che cosa intende più esattamente?
Millermann ha scritto: lun, 16 dic 2024 15:51 Tornando alle proposte concrete, mi piace l'idea della tilde posta sull's, ⟨s̃⟩, che suggerisca una seconda s, dando luogo alla pronuncia /s/, ma se mi pongo da un punto di vista neutrale, mi accorgo che ciò presuppone che la pronuncia spontanea di ⟨s⟩ intervocalica sia dolce, e tale assunzione:
1) non è vera per un italiano meridionale, la cui pronuncia spontanea è quella aspra;
2) non è sempre valida nei testi scritti secondo la vecchia ortografia, con la possibilità di creare confusione.

Pertanto, nei casi ambigui come questo, affiancherei al simbolo ⟨s̃⟩ il suo correlativo ⟨ṡ⟩ (o altra scelta acconcia), in modo da rendere evidente per tutti la corretta pronuncia (⟨ingles̃e⟩~⟨franceṡe⟩), e lasciare comunque nel dubbio quelle ⟨s⟩ che, per un motivo o per l'altro, siano prive di diacritici. ;)
Mi sembra un approccio un po' strano: io cercherei piuttosto una "neutralità" funzionale all'interno del sistema (= la pronuncia normale), se l'intenzione è disambiguare solo le pronunce che sono ambigue in quel sistema (le cui regole non coincidono del tutto con le pronunce locali: ad esempio il citato /tranzV-/ settentrionale: secondo tale logica, dovremmo scrivere anche ⟨trans̃eunte⟩?). La mia idea per una possibilità del genere (marcare solo l'/-s-/ nei casi ambigui; non necessariamente con questa scelta grafica) intendeva essere in linea con «consonante che s'ignora, consonante sonora».
Il punto 2 non mi sembra molto importante. Rimane in ogni caso un'altissima interintelligibilità fra la grafia attuale e le eventuali innovazioni fin qui proposte.
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Re: Proposta di riforma ortografica (di G. M.): pareri e consigli

Intervento di Carnby »

Graffiacane ha scritto: dom, 15 dic 2024 23:24 Soluzione condivisibile ma ostacolata dal fatto che il parlante medio, a quanto mi consta, non è in grado di distinguere una i vocalica da una i consonantica.
Il grafema j è stato usato (storicamente) solo in alcune posizioni dove ricorre il fonema /j/ secondo le analisi fonologiche correnti (per esempio Muljačić): jeri, juta, baja, e mai in pjeno o pjano; al contrario è stato usato in contesti dove non ricorre il fonema /j/: operaj, principj, studj. Altrettanto discutibile è l'uso di j nelle parole di origine greca come ionio o iodio, dato che in greco quella «i» era pienamente vocalica e, almeno teoricamente, la pronuncia alla greca dovrebbe essere possibile anche in italiano (perlomeno in uno stile aulico); per quanto riguarda iato, l’uso di j dovrebbe essere penalmente perseguibile. :lol:
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Re: Proposta di riforma ortografica (di G. M.): pareri e consigli

Intervento di Millermann »

G. M. ha scritto: lun, 16 dic 2024 21:27Che cosa intende più esattamente?
Niente in particolare: non ho ancora idee specifiche. Volevo semplicemente suggerire che, se s'intende proporre un nuovo tipo d'ortografia che si discosti in modo significativo da quella attuale, una possibile giustificazione potrebbe essere quella di creare un sistema aperto alle innovazioni. Insomma, che permetta di scrivere non solo la lingua di oggi e di ieri, ma anche quella di domani, qualunque essa sia.

Aperto, quindi, all'ingresso di nuovi fonemi, nuove vocali, nuove pronunce (penso a [«obbrobri» come] il cörsivœ, parola già registrata da Treccani nei neologismi usando una grafia improvvisata, aliena dalle nostre norme ortografiche, e definita nell'articolo «resa grafica espressiva di una particolare pronuncia del s. m. corsivo»).
E questo già oggi. Quante parole del genere verranno fuori nei prossimi decenni? E nei prossimi secoli? Saranno gestibili in modo chiaro e coerente con l'ortografia attuale o la sconvolgeranno totalmente? Perché immagino che le rese grafiche espressive di pronunce diverse dalla nostra attingeranno inesorabilmente dall'inglese! :roll:

Perciò non ha molto senso, oggi, proporre modifiche ortografiche che non siano aperte alle innovazioni, secondo me. E questo anche se né lei né io, chiaramente, approviamo né auspichiamo innovazioni di questo genere.
Poi, come fare a rendere aperto il sistema è un altro paio di maniche, e per il momento non saprei cosa suggerirle.
G. M. ha scritto: lun, 16 dic 2024 21:27 [S]econdo tale logica, dovremmo scrivere anche ⟨trans̃eunte⟩?
Per me sí, almeno in teoria: sarebbe meglio, e toglierebbe ogni dubbio a chi fosse abituato a una pronuncia spontanea differente.
Un errore analogo, per chi è meridionale e si fida della propria pronuncia spontanea, è quello di leggere sempre sonora la zeta preceduta dalla elle, ⟨-lz-⟩. Quindi cosí in alzare, calza, filza, balzo (e questo nonostante l'equivalente dialettale sia con la sorda!). Io stesso, forzando la pronuncia sorda, mi sento quasi... "osservato". :lol:
Per questo credo che, se ci fosse un qualcosa che indicasse la pronuncia corretta, non potrebbe fare che bene. :)
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Re: Proposta di riforma ortografica (di G. M.): pareri e consigli

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Millermann ha scritto: ven, 20 dic 2024 19:08 [...] creare un sistema aperto alle innovazioni. Insomma, che permetta di scrivere non solo la lingua di oggi e di ieri, ma anche quella di domani, qualunque essa sia.

Aperto, quindi, all'ingresso di nuovi fonemi, nuove vocali, nuove pronunce (penso a [«obbrobri» come] il cörsivœ [...]).
E questo già oggi. Quante parole del genere verranno fuori nei prossimi decenni? E nei prossimi secoli? [...]

Perciò non ha molto senso, oggi, proporre modifiche ortografiche che non siano aperte alle innovazioni, secondo me. [...]
Anche su questo aspetto non sono molto convinto. Nonostante l’immenso clamore iniziale —per me incomprensibile da ogni punto di vista— per il «fenomeno» (?), il cörsivœ mi parve da sùbito un occasionalismo: già dopo due anni non ne sento più parlare e non mi pare che abbia una vita propria slegata da quella dell’inventrice.

Diverso invece il caso dello scevà terzogenerista, questo sì ancora molto diffuso; ma benché lo incontri nello scritto anche propugnato con molta forza, mi pare che nel parlato finora non abbia trovato grandi sostenitori. Segno che le modifiche alla fonologia non attecchiscono troppo facilmente, o almeno non tanto facilmente quanto altre.

Per il resto, il futuro mi è ignoto. Se ci mettiamo nell’ottica per cui la lingua può andare in qualunque direzione possibile all’apparato fonatorio umano, ci si può sbizzarrire con ogni genere d’idee, dall’AFI iperdettagliato alla Canepari ai simil-hangŭl. La cosa è appunto tanto astratta, e insieme tanto ardita, che si allontana molto dall’intento di questa riforma, che vorrebbe invece essere una cosa molto più modesta, il minimo necessario.
Fuori tema
Un paio di prove aneddotiche recentissime sull’utilità d’una potenziale riforma. Dopo aver letto e ripetuto (a me stesso) chissà quante volte l’espressione icastica «parole meteche» di Migliorini, solo ieri ho scoperto che si dice metèche, mentre io avevo sempre creduto mèteche. (Perché? Mah, l’avrò associato a ètiche, èpoche, mèdiche…). E scopertolo mi dicevo: ci serve davvero una riforma… Oggi, scorrendo un testo che avevo trascritto io stesso, leggevo a mente ⟨eminentemente elettrici⟩ come /elettri̍ʧi/, senza capire, m'interrogavo sul senso… Solo dopo aver riletto la frase due o tre volte ho capito che era un elèttrici, e non elettrìci. Forse più che la grafia che è carente sono io che sono scemo. 🤦‍♂️
PS. [30 gennaio 2025]
G. M. ha scritto: lun, 16 dic 2024 9:39 Un'altra possibilità grafica giustificabile etimologicamente potrebbe essere l'uso d'un titolo/tilde, ricordando che questa /-s-/ corrisponde in qualche caso a un gruppo «nasale + s» latino, dove la nasale è caduta: -ensis > ⟨-ẽse⟩ degli etnici, mensis > ⟨mẽse⟩, (ec)cum sic > ⟨cõsí⟩, ⟨cõsi·⟩.

Dal punto di vista sincronico-intuitivo, invece, il segno (anche posto direttamente sull's, ⟨s̃⟩: ⟨-es̃e⟩, ⟨mes̃e⟩, ⟨cos̃í⟩, ⟨cos̃i·⟩), ricordando graficamente un'⟨s⟩, potrebbe farci pensare a una seconda s "sublimata", che però imponga il valore /s/: ⟨mẽse⟩/⟨mes̃e⟩ /me̍se/ come ⟨messe⟩ /me̍sse/.
Altra possibilità ancora, l'impiego in questa funzione d'un circonflesso: ⟨coŝí⟩, ⟨meŝe⟩, ⟨cineŝe⟩, ⟨giraŝole⟩...
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Re: Proposta di riforma ortografica (di G. M.): pareri e consigli

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Ancora una volta sto ripensando tutto il sistema della riforma. Praticamente sto ribaltando tutto rispetto alla mia pubblicazione del '21: mentre là miravo in sostanza a una massima linearità e semplicità, con soluzioni scientifico-moderne anche di rottura, ora sto pensando a qualcosa di molto più integrazionista-tradizionalista e in qualche dettaglio addirittura "latinista" (ad fontes!); il che comporta, inevitabilmente, regole meno lineari, più articolate.

L'idea al momento abolirebbe ⟨j⟩ per /j/ generale (costringendo a regole più complicate per l'accentazione), ma forse conservando ⟨j⟩ nei casi tradizionali di /j/ iniziale o posvocalica.

Il che mi ha portato a ripensare a questo…
G. M. ha scritto: mar, 28 mag 2024 20:27
  • GLI — Nei casi in cui A⟨gli⟩ dia una pronuncia /ɡli/ o /ɡlj/ (anziché la più consueta /(ʎ)ʎ(i)/), si userà una scrittura diversa, rispettivamente ⟨ghli⟩ e ⟨ghlj⟩. Es.: N⟨paglja, figljo, ganghljo, anghlicano⟩.
E mi sono detto: in un'ottica latinista-integrazionista, non sarebbe meglio seguire la logica contraria? Le parole che hanno /ɡli/ o /ɡlj/ in italiano hanno ⟨gli⟩ in latino (e nelle lingue sorelle); le parole che hanno /(ʎ)ʎ/ hanno solo raramente ⟨gl⟩ in latino* (e forse mai ⟨gli⟩?), e non ce l'hanno nelle lingue sorelle… se cerchiamo una coerenza forse è meglio intervenire su come scriviamo /(ʎ)ʎ/. E avendo "liberato" ⟨j⟩, ecco la soluzione perfetta: ⟨lj⟩: N⟨palja, filjo, ganglio, anglicano⟩.

Pro:
  • logica ortografica più semplice e lineare: ⟨lj⟩ vale sempre /(ʎ)ʎ/; ⟨g⟩ seguito da consonante vale sempre /ɡ/;
  • più vistosa somiglianza col latino: mulier > molje, filii > filji, palea > palja, familia > familja, cilium > ciljo, melior > miljore, consilium > consiljo, ecc.; dall'altro lato, ⟨gli⟩ si conserva invariato: anglicanus > anglicano, glycyrrhiza > glicirriza, ecc.;
  • maggior coerenza con le lingue sorelle, che hanno ⟨gli⟩ per /ɡli/ e /ɡlj/ e non usano ⟨g⟩ per rappresentare /ʎ/; nel caso dello spagnolo, in queste sequenze in alcune parole di tradizione ininterrotta si trova proprio ⟨j⟩ (con valore di /x/): mulier > mujer, filius > hijo, folia > hoja, consilium > consejo, eccetera.
Questo non motiverebbe un cambiamento di A⟨gn⟩ (simile, ma non simmetrico con A⟨gli⟩) in N?⟨nj⟩, perché dove c'è ⟨gn⟩ in latino abbiamo effettivamente (e sistematicamente) /(ɲ)ɲ/ in italiano (al contrario del caso di ⟨gli⟩): magnes -etis > magnete, Gnaeus > Gneo, gnomus > gnomo, agnatha > agnati, eccetera.

Davanti a vocale si potrebbe elidere senza difficoltà: N⟨lji stracci, sulji spalti, alj’amici, quelj’altri⟩, come A/N⟨all'amico, quell'altro⟩.

Qui mi è venuto un dubbio, sul quale chiedo il vostro parere. Dopo aver mollato ⟨j⟩ in generale, ma prima d'aver pensato questo ⟨lj⟩, avevo pensato di tenere comunque ⟨j⟩ in posizione finale per /-ʧ/, come scriv[iam]o a volte oggi (N⟨dódicj anni⟩, ecc.). Mi chiedo ora se, introducendo N⟨lj'amici⟩ e simili, sia più sensato scrivere ⟨cj avete⟩ o… ⟨cj'avete⟩, in somiglianza grafica. (O forse… ⟨cj avete⟩ e ⟨lj amici⟩?).

Ditemi che ne pensate…

[*Glomus -eris > gliommero; coagulum > caglio; simile cuniculum > coniglio; eccetera.]
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Terribile (= forviante)! Si pensi a l’Italia /‑lj‑/ ~ li taglia /‑ʎʎ‑/. No, l’unica soluzione ragionevole rimane l’antico (l)gli, magari ulteriormente disambiguato in (l)glj.

(Un’ottica «latinista» è impossibile qui proprio perché, nel passaggio dal latino all’italiano, si sviluppa un nuovo fonema [e fono] che in latino non esisteva. ;))
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Re: Proposta di riforma ortografica (di G. M.): pareri e consigli

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Infarinato ha scritto: lun, 05 mag 2025 10:42 Terribile (= forviante)! Si pensi a l’Italia /‑lj‑/ ~ li taglia /‑ʎʎ‑/.
Anche a me fa quest'impressione, nel senso che mi viene da leggerlo istintivamente /lj/. Ma penso che sia soprattutto un problema «nostro», nel senso di noi appassionati di lingue, che conosciamo la storia della lettera j e siamo anche molto abituati all'AFI. Ma per la grande maggioranza dei parlanti d'oggi, ⟨j⟩ è principalmente una lettera "straniera", quindi non credo che ⟨lj⟩ farebbe lo stesso effetto che fa a noi: aneddoticamente, quando pubblicai la mia proposta del '21, che abbondava in i lunghe, ricordo che i miei parenti più prossimi mi dissero che istintivamente veniva loro da leggere ⟨j⟩ come /ʤ/, all'inglese, anche producendo sequenze anitalianissime (se non ricordo male, mia nonna disse che per ⟨nazjone⟩ le veniva /naʦʤo̍ne/): temo quindi che talja, istintivamente, da molti sarebbe pronunciato più con /-lʤ-/. 😅

Credo che la sensazione di ambiguità o non naturalezza anche per noi comunque passerebbe presto e ci verrebbe naturale assegnare i valori giusti, distinguendosi sistematicamente nella grafia /lj/ ⟨li⟩ da /(ʎ)ʎ/ ⟨lj⟩: N⟨l'Italia, li talja⟩.
Infarinato ha scritto: lun, 05 mag 2025 10:42 (Un’ottica «latinista» è impossibile qui proprio perché, nel passaggio dal latino all’italiano, si sviluppa un nuovo fonema [e fono] che in latino non esisteva. ;))
Certamente! Quello che intendevo —forse sono stato un po' stringato— è una soluzione grafica che in qualche modo ricalchi o sia più vicina ai gruppi corrispondenti nelle parole latine corrispondenti, per avere una somiglianza grafica esteriore, anche se il valore dei grafemi è naturalmente diverso. Come piscis /-sk-/ ~ pesce /-ʃʃ-/. Così mi è sembrato meglio
  •  lat./li/; it./(ʎ)ʎ/lat./ɡli/; it./ɡli ~ ɡlj/
    latino⟨li⟩gli
    italiano⟨lj⟩gli
che
  •  lat./li/; it./(ʎ)ʎ/lat./ɡli/; it./ɡli ~ ɡlj/
    latino⟨li⟩gli
    italianogli⟨ghli⟩ (o altra soluzione diversa da ⟨gli⟩)
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Intervento di Infarinato »

Continuo a trovarlo assurdo… In italiano, la j permane col valore di /j/ in nomi propri molto noti (alcuni senza varianti in i). Una scrizione quale lj genera pertanto confusione. A questo punto, preferirei un monogramma apposito, tipo ɮ.

Ma si sa: una riforma ortografica oscilla sempre tra due estremi, quello del ricorso a grafemi speciali univoci (ma allora tanto vale usare l’AFI, seppur fonematicamente inteso) e quello dell’uso delle lettere tradizionali integrato con opportuni segni diacritici (e qui non credo si possa far molto meglio del Castellani, se non sostituendo alcune delle sue scelte con le proprie), barcamenandosi alla bell’e meglio tra pragmatismo e velleitarismo…
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Re: Proposta di riforma ortografica (di G. M.): pareri e consigli

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Infarinato ha scritto: lun, 05 mag 2025 16:39 Continuo a trovarlo assurdo… […]
Le mie sono ipotesi, proposte, «pensieri ad alta voce»… sui quali io stesso cambio idea fin troppo spesso. Li condivido con voi per rifletterne insieme pesando i pro e i contro. Mi fa piacere e mi è sempre utile leggere i vostri commenti, anche negativi. :)
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