Pronuncia effettiva e sue rappresentazioni (per voci quali «dialogo», «dialetto»)

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Pronuncia effettiva e sue rappresentazioni (per voci quali «dialogo», «dialetto»)

Intervento di Ligure »

Domando se qualcuno avesse la pazienza di fornire qualche dato in merito alla pronuncia fiorentina/toscana (in sincronia e in diacronia) di voci del tipo di "dialogo", "dialetto" ecc. e sul motivo per cui lessici e testi facciano così tanta confusione tra /dia…/ e /dja…/, cioè tra vocale e approssimante. Grazie davvero
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Infarinato
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Re: Pronuncia effettiva e sue rappresentazioni (per voci quali «dialogo», «dialetto»)

Intervento di Infarinato »

Caro Ligure, le rispondo piú che altro per dover di cortesia, non perché abbia una risposta certa da darle (purtroppo :?)… Non sono infatti a conoscenza di studi specifici sull’argomento (il che non vuol dire ovviamente che non ve ne siano).

Io temo —ma, dal tono della sua domanda, credo che lo tema anche Lei— che sia uno di quegli argomenti considerati marginali in quanto ritenuti ovvi, e che siano ritenuti ovvi perché, perlomeno da decenni, si prendono per buone considerazioni (ora del tutto impressionistiche, ora basate sulla metrica e sulla grammatica tradizionali*, ma non necessariamente sulla scienza fonetica) fatte in illo tempore da qualche linguista, e come tali acriticamente tramandatesi.

Foneticamente, le fricative [ʝ, w̝/ɣʷ/ʍ̬], i legamenti [j, w] e le vocali alte [i, u] si dispongono all’interno di un continuo che va da una maggiore ostruzione fino alla totale assenza di essa. Ora, però, (lasciando perdere la prima coppia che non esiste in italiano) una lingua come la nostra, che chiaramente possiede le ultime due coppie di foni, fonematicamente opera una scelta binaria tra di esse (→ su continuo fonetico e scelte binarie si veda, e.g., l’illuminante esemplificazione del Loporcaro nell’articolo citato alle pp. 7–8 di un mio vecchio saggio).

È chiaro che, perlomeno a ritmo lento, noi avvertiamo un’opposizione tra hai odio /ai ɔ̍djo/ [ˌaˑi̯ ˈɔːdjo] e ha iodio /a jɔ̍djo/ [ˌa ˈjɔːdjo], tra spianti («che spiano») /spia̍nti/ [spiˈanːti] e spianti (pl. di spianto) /spja̍nti/ [sˈpjanːti], tra pïano («di Pio) /pia̍no/ [piˈaːno] e piano («lentamente, liscio, livello, pianoforte») /pja̍no/ [ˈpjaːno], tra pïato («pigolato) /pia̍to/ [piˈaːto] e piato («causa giudiziaria, lagnanza») /pja̍to/ [ˈpjaːto], tra lacuale /lakua̍le/ [lakuˈaːle] e la quale /lakwa̍le/ [laˈkwaːle], tra arcuata /arkua̍ta/ [arkuˈaːta] e Arquata /arkwa̍ta/ [arˈkwaːta].

Tuttavia, la sola reale differenza fonetica tra [j, w] e [i, u], oltre all’asillabicità (che, però, è un tratto piú fonematico che propriamente fonetico), è la brevità. Ha ragione di certo il Ladefoged quando afferma che, in principio di sillaba, una legamento (o «semiconsonante», meno bene «semivocale») non è nient’altro che un rapido, continuo movimento dalla vocale alta corrispondente (cioè [i, u]) alla vocale successiva (che forma, in tutto o in parte, il nucleo della sillaba). Quindi, [ja, wa] andrebbero forse meno ambiguamente scritte come [i͜a, u͜a].

Quanto a [j, w] finali di sillaba, la distinzione è ancora piú sottile, tant’è vero che, sul piano meramente fonetico, si potrebbe dire che si tratti sempre di [i̯, u̯] (queste, sí, «semivocali») e che la distinzione tra l’ultimo elemento dell’inglese fee [ˈfɪi̯] e quello del francese fille [ˈfij] sia meramente fonematica. Ma, a parte il fatto che, fonematicamente, nell’inglese britannico meridionale di oggi fee è piú opportunamente rappresentabile proprio come /fɪ̍j/(che rende inoltre automaticamente conto del passaggio, qui realmente fonetico, da [i̯] a [j] davanti a vocale, come in fee and…), c’è da dire che l’[j] di fille è probabilmente piú vicino a [ʝ], ed è sicuramente un [j] nella pronuncia enfatica con scevà (arrotondato) finale [ˈˈfiˑjɵ].

Tornando all’italiano, devo dire che, mentre, in una pronuncia lenta e accurata, le mie Tuscae aures non hanno alcuna difficoltà nel percepire una chiara differenza fra [i, u] e [j, w] negli esempi dati sopra, a ritmo allegro la differenza si fa sempre piú sfumata fino a scomparire quasi del tutto, concordemente col fatto che [j, w] non son altro che [i, u] pronunciate piú rapidamente, la differenza tra hai odio e ha iodio (che dimostra l’appartenenza [in italiano, ma non, e.g., in inglese] di [i̯] a /i/ anziché a /j/) mantenendosi piuttosto —almeno al mio orecchio— in virtú della diversa lunghezza dell’[a] iniziale…

Del resto, il Brozović parlava di «opposizione unidirezionale» per i fonemi /i, u/ ~ /j, w/: negli esempi di cui sopra /i, u/ [i, u] possono diventare [j, w] a ritmo allegro, ma /j, w/ [j, w] non possono passare a [i, u] (se non in una pronuncia enfatica, altrimenti innaturale: e.g., piaaano! [piˈˈaːːnoˑ]).

Dopo questa lunga (ma, credo, inevitabile) premessa, veniamo finalmente alla piú specifica questione in oggetto. In una pronuncia lenta e accurata, m’attengo in modo sorprendentemente naturale alla norma: /di/alogo, /di/aletto, /di/ario, ma /dj/avolo, /dj/eta (lo stabilisco attraverso la prova di unidirezionalità di cui sopra). Tuttavia, a ritmo allegro /di/aletto diventa facilmente [dj]aletto, mentre [di]alogo resiste un po’ meglio probabilmente in virtú della scansione sillabica, ma sfido chiunque a percepire una reale differenza con [dj]alogo quando l’eloquio si fa rapidissimo…
_____
* E quindi almeno in parte sull’etimologia.
Ligure
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Re: Pronuncia effettiva e sue rappresentazioni (per voci quali «dialogo», «dialetto»)

Intervento di Ligure »

Caro Infarinato, la ringrazio sentitamente, non solo per la cortesia della risposta, ma anche per la ricchezza dei contenuti in cui vengono affrontati - con levità di tratto - questioni linguistiche inerenti all'aspetto della "continuità" mediante la quale determinati "suoni" vengono - inevitabilmente - articolati in diverse circostanze dallo stesso locutore (non necessariamente toscano…).

Infatti, si tratta d'un'effettiva continuità, spesso nemmeno accennata in non poca lessicografia corrente, che sembra talora indicare un'inesistente "dicotomia" (quasi si trattasse di distinguere tra numeri pari e dispari) esclusivamente fondata su aspetti di tipo - più o meno - sociolinguistico in riferimento a ciascuna delle voci elencate.

Ho molto apprezzato la chiarezza e l'organizzazione dell'intervento, oltre alla citazione del suo articolo (che sono andato subito a rileggermi), e penso che queste caratteristiche risulteranno gradite e utili anche agli altri lettori che hanno seguito l'argomento.
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G. M.
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Re: Pronuncia effettiva e sue rappresentazioni (per voci quali «dialogo», «dialetto»)

Intervento di G. M. »

Anch'io ringrazio l'Infarinato. :)
Infarinato ha scritto: gio, 08 mag 2025 17:59 […] oltre all’asillabicità (che, però, è un tratto piú fonematico che propriamente fonetico) […]
Non ho ben capito questo passaggio. Non abbiamo detto che, al contrario, la sillabazione è un fatto fonetico e non fonematico (e per questo —almeno qui— scriviamo /CV̍/ anziché /ˈCV/)?
Infarinato ha scritto: gio, 08 mag 2025 17:59 Tuttavia, la sola reale differenza fonetica tra [j, w] e [i, u] […] è la brevità. Ha ragione di certo il Ladefoged quando afferma che, in principio di sillaba, una legamento (o «semiconsonante», meno bene «semivocale») non è nient’altro che un rapido, continuo movimento dalla vocale alta corrispondente (cioè [i, u]) alla vocale successiva (che forma, in tutto o in parte, il nucleo della sillaba). Quindi, [ja, wa] andrebbero forse meno ambiguamente scritte come [i͜a, u͜a].
Molto interessante. Mi chiedo, da ignorante, se un'interpretazione del genere possa aver senso anche da un punto di vista fonematico: contrastare, anziché /jV ~ iV, wV ~ uV/, /i͜V ~ iV, u͜V ~ uV/…
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Infarinato
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Re: [FT] Sillabazione fonologica

Intervento di Infarinato »

Fuori tema
G. M. ha scritto: ven, 09 mag 2025 14:58
Infarinato ha scritto: gio, 08 mag 2025 17:59 […] oltre all’asillabicità (che, però, è un tratto piú fonematico che propriamente fonetico) […]
Non ho ben capito questo passaggio. Non abbiamo detto che, al contrario, la sillabazione è un fatto fonetico e non fonematico (e per questo —almeno qui— scriviamo /CV̍/ anziché /ˈCV/)?
Avrei forse dovuto scrivere fonologico anziché «fonematico» per evitare ogni equivoco… In ogni caso, si tratta due accezioni diverse della parola: quando dico che preferisco seguire (ammodernandone la grafia) il Muljačić scrivendo /pia̍no, pja̍no/ anziché, attenendomi all’AFI ufficiale, /piˈano, ˈpjano/, lo dico perché sia chiaro che la coppia in questione è effettivamente una coppia unidivergente (altri direbbe «minima», ma preferisco la terminologia castellaniana), in cui gli unici fonemi in opposizione reciproca (o in «contrasto», trattandosi di una vocale e di una consonante) sono appunto /i ~ j/, e la vocale accentata è la /a/ in entrambi i casi. La sillabazione è, sí, un fatto perlopiú fonologico (foneticamente arduo da definire in generale, ancorché intuitivamente abbastanza semplice per una lingua come l’italiano), ma non entra nell’analisi fonema-per-fonema di una parola.
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Re: Pronuncia effettiva e sue rappresentazioni (per voci quali «dialogo», «dialetto»)

Intervento di Millermann »

M'inserisco un momento anch'io nella discussione, perché ho apprezzato molto la spiegazione d'Infarinato e, se mi è concesso, vorrei avere un piccolo chiarimento s'un aspetto forse marginale rispetto all'argomento del filone, ma che, da quando ho finito di leggerlo, continua a girarmi nella mente.
Infarinato ha scritto: gio, 08 mag 2025 17:59 È chiaro che, perlomeno a ritmo lento, noi avvertiamo un’opposizione tra hai odio /ai ɔ̍djo/ [ˌaˑi̯ ˈɔːdjo] e ha iodio /a jɔ̍djo/ [ˌa ˈjɔːdjo]
[…]
a ritmo allegro la differenza si fa sempre piú sfumata fino a scomparire quasi del tutto, concordemente col fatto che [j, w] non son altro che [i, u] pronunciate piú rapidamente, la differenza tra hai odio e ha iodio (…) mantenendosi piuttosto —almeno al mio orecchio— in virtú della diversa lunghezza dell’[a] iniziale…
Devo, dunque, dedurre che nel caso di parola che inizi con una semiconsonante (come /jɔ̍djo/) il raddoppiamento fonosintattico non si verifica affatto?

Mi scuso se la domanda appare banale per chi padroneggia la giusta pronuncia toscana, ma io, a causa dell'influenza del mio dialetto, in cui sono presenti moltissime parole che iniziano con /j/, nella mia pronuncia spontanea applico il RF anche in questo caso; cosí, a ritmo lento:
  • hai odio /ai ɔ̍djo/
  • ha iodio /a ʝjɔ̍djo/
e a ritmo allegro:
  • hai odio /ajɔ̍djo/
  • ha iodio /ajjɔ̍djo/
(non essendo esperto di fonetica, non so neppure se le notazioni che ho "inventato" siano ammissibili, ma spero che lascino immaginare la pronuncia cui mi riferisco: il rafforzamento di /j/ suona come una specie di /ʝj/ o /ʝʝ/).

La differenza, comunque, è sempre ben percepibile, anche nella pronuncia rapida, esattamente come lo sarebbe nel caso di una qualsiasi consonante.

È dunque, la mia, una pronuncia da correggere? Eppure mi sembra cosí naturale e facile da realizzare! :?
Fuori tema
Preciso che l'influenza del dialetto è limitata all'applicazione del RF anche davanti alla semiconsonante /j/, ma le modalità della realizzazione sono piuttosto differenti: in dialetto il raddoppiamento risulta ben piú marcato, tanto che spesso, in un testo in vernacolo, viene scritto «ghj». Esempio:
simu juti /'simu 'juti/ (siamo andati)
sú ghjuti /'su 'gjuti/ (sono andati)
Mi chiedo, perciò: applicare un «leggero» RF davanti alle semiconsonanti [j, w] anche in italiano, se ciò risulta naturale, è un errore da correggere? O, semplicemente, sarebbe addirittura «meglio» rispetto al non applicarlo, ma si possono accettare entrambe le pronunce, a seconda dell'abilità fonatoria dei parlanti?

La ringrazio per la sua pazienza e disponibilità, caro Infarinato, e mi scuso ancora per la banalità del mio dubbio. :)
In Italia, dotta, Foro fatto dai latini
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Infarinato
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Re: [FT] Durata fonologica di /j, w, z/ in italiano

Intervento di Infarinato »

Fuori tema
Millermann ha scritto: ven, 09 mag 2025 16:08 Devo, dunque, dedurre che nel caso di parola che inizi con una semiconsonante (come /jɔ̍djo/) il raddoppiamento fonosintattico non si verifica affatto?

[…]

Mi chiedo, perciò: applicare un «leggero» RF davanti alle semiconsonanti [j, w] anche in italiano, se ciò risulta naturale, è un errore da correggere?
Proprio cosí: /j, w, z/ sono sempre (fonologicamente) scempie in italiano normale/toscano ([z] può essere foneticamente rafforzata in posizione preconsonantica: e.g., risma /rı̍zma/ [ˈrizːma]).
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G. M.
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Re: [FT] Rappresentazione dei legamenti

Intervento di G. M. »

Fuori tema
G. M. ha scritto: ven, 09 mag 2025 14:58 Molto interessante. Mi chiedo, da ignorante, se un'interpretazione del genere possa aver senso anche da un punto di vista fonematico: contrastare, anziché /jV ~ iV, wV ~ uV/, /i͜V ~ iV, u͜V ~ uV/…
Graficamente, servirebbero anche archetti lunghi per la "resurrezione" dei «trittonghi» di quiete e aiuola… :mrgreen:
Ligure
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Re: Pronuncia effettiva e sue rappresentazioni (per voci quali «dialogo», «dialetto»)

Intervento di Ligure »

Dopo i chiarimenti e gli spunti contenuti nell'intervento dell'Infarinato e tutto quanto ho potuto rilevare anche negli altri contributi, ieri, casualmente, mi sono trovato davanti al testo di un ottimo autore che, per alcuni secondi, mi ha mostrato quelle che possono essere le difficoltà dei lettori di fronte agli argomenti affrontati in questo filone.

Intendo soltanto condividere - brevissimamente - l'episodio.

In una biblioteca pubblica stavo sfogliando un volume di D. Vitali, ottimo autore, intitolato “Dialetti emiliani e dialetti toscani”.

Leggo, per caso, a pag. 11 del volume: “…inoltre i toscani, a differenza di tanti altri italiani, pronunciano /vi'aʤʤo/ «viaggio» vs. /'pjaʤʤo/ «Piaggio», anche se resta vero che alla conservazione di /i/ nei casi di composizione si accompagna una diversa struttura sillabica: però, si potrebbe vedere nella diversa divisione in sillabe tra /vi'aʤʤo/ e /'pjaʤʤo/ una conseguenza anziché la causa della selezione di /i/ o di /j/).”

La mia personale difficoltà è consistita dall'intrecciarsi dei possibili raffronti.

Uno - sebbene non esplicitato nel testo in termini geografici - sembra riferito a pronunce di “italiano locale” in cui voci del tipo di “viaggio” vengono, comunque, pronunciate, anche a ritmo estremamente lento, soltanto mediante l'approssimante /j/.

Per altro, ciò che può porre in difficoltà il lettore è - nel confronto con una voce lessicale quale "viaggio" - il ricorso alla pronuncia di un cognome (o toponimo o cognome che deriva da un toponimo) in quanto, in questo caso, non è affatto detto che si possa davvero partire da /i/, del tutto indipendentemente dal “livello di lingua” parlato dall'eventuale locutore.

Mi spiego. Anche nelle voci del lessico che derivano, ad es., da (-)pl- latino (senza dover far ricorso a cognomi o a toponimi) si possono già rilevare parole in cui si può trattare esclusivamente di /j/, dal momento che questo - /pj-, -ppj-/ - è l'esito italiano del nesso etimologico sopra riferito.

Intendo dire che, come ho sempre sentito pronunciare in Liguria /'pjaʤʤo/ il cognome “Piaggio” e in modo direttamente confrontabile i toponimi locali in qualche modo collegabili, così per molti anni mi sono mosso lungo la via Pistoiese (alla periferia di Firenze, nella zona di Brozzi, di linguaggio tradizionale, comunque, fiorentino) e ho sentito pronunciare - sempre ed esclusivamente mediante /j/ - il nome del quartiere (delle) "Piagge", caratterizzato da abitazioni di recente costruzione. Come, ad es., nel caso di “spiaggia” ecc..

Indipendentemente dalla grafia dell'italiano, in questi casi, l'evoluzione diacronica della lingua è giunta, evidentemente a /j/, ma non a partire da /i/. Come, ad es., in “chiaro”, “ghianda”, “bianco” ecc…

Ho fatto una piccola prova con lettori toscani colti, chiedendo loro di uscire dalla stanza di lettura. Proponendo loro esempi caratterizzati da /i/, almeno, originario, e altri contraddistinti dalla presenza di /j/ priva di alternative (se non di tipo meramente grafico), si sono confusi…
Ligure
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Iscritto in data: lun, 31 ago 2015 13:18

Re: Pronuncia effettiva e sue rappresentazioni (per voci quali «dialogo», «dialetto»)

Intervento di Ligure »

Dopo aver espresso - nel mio precedente intervento - la perplessità personale in merito a confronti diretti tra la pronuncia di una voce italiana e un cognome (sia pure noto) in quanto, in generale, non mi sembra risulti facile ottenere dati davvero attendibili su eventuali pronunce alternative di un cognome italiano o su ipotesi in merito alla sua possibile origine.

Per altro, nel caso del cognome Piaggio, riferito nell'intervento precedente, non mi hanno affatto aiutato né i siti dedicati ai cognomi italiani - che pullulano in rete - né il ricorso, per quanto effettuato in modo banale, all'intelligenza artificiale.

Uno dei siti consultati "sentenzia":

"L'origine va ricercata nel nome medievale Piaggio (variante fonetica del più comune Biagio), che, tratto dall'antica onomastica latina, significa letteralmente "balbuziente". Il cognome Piaggio è ligure, del genovese."

Per altro, il contributo dell'intelligenza artificiale implica, sostanzialmente, quanto segue:

“Toponimo non comune:
Il nome "Piaggio" non è un toponimo particolarmente diffuso in Liguria”,

responso ottenuto dopo aver digitato su diversi "motori di ricerca" "Piaggio toponimo Liguria".

Non so nulla di un nome medievale quale “Piaggio”, ma - almeno, fino a prova contraria - “tutto può (anche) essere”. Tuttavia, l'intrinseca contraddizione d'un'informazione autorizza a essere cauti. Ammesso (e non concesso) che Piaggio sia davvero d'origine ligure (come i dati numerici relativi ai portatori del cognome reperibili in rete sembrerebbero, per altro, confermare), la probabilità che esso possa rappresentare un esito locale di “Biagio” risulta praticamente nulla. A parte il fatto (per altro, fondamentale) che - nella rappresentazione grafica di nomi e cognomi - cessato l'uso del latino in Liguria si cercò sempre di “italianizzare” eventuali forme dalla struttura linguistica di tipo dialettale, l'assordimento di /b-/ iniziale di parola in /p-/ e l'eventuale geminazione anetimologica di /-ʤ-/>/-ʤʤ-/ non hanno nulla a che fare col territorio di tradizione linguistica ligure.

Nella realtà, sembra ragionevole ammettere che il cognome Piaggio derivi da un toponimo che coincide - tranne per il genere - con la voce “piaggia” sul cui etimo lascio spazio ai lessici ospitati in rete.

Se qualcuno avesse la pazienza di consultare cartine al 25.000 del territorio ligure potrebbe riscontrare innumerevoli segnalazioni del toponimo, ma ciò che ha ingannato l'intelligenza artificiale e ha sviato gli “esperti” di cognomi è un banalissimo aspetto della fonologia tradizionale dei dialetti liguri, per altro rintracciabilissimo (anche) in rete:

/pl-/ e /bl-/ originari non si sono conservati.

Si ebbe, infatti:

/pl-/>/pʎ-/>/pj-/>/pʤ-/>/pʧ->/(p)ʧ-/>/ʧ-/ e

/bl-/>/bʎ-/>/bj-/>/bʤ-/>/(b)ʤ->/ʤ-/,

come, appunto, in Giâxu /'ʤa:ʒu/ = Biagio e Ciazzu /'ʧazzu/, toponimo dal significato di “pendio, declivio”, tuttavia sempre indicato come "Ciazzo" nella cartografia, ciò che spiega la difficoltà riscontrata da chi s'è trovato a dover negare che il cognome Piaggio fosse semplicemente un antico (micro)toponimo locale nella sua forma italianizzata (come se non fosse direttamente collegato col sost. italiano "piaggia" - o, ad es., col toponimo "Piagge" del territorio fiorentino -). Infatti, il fiorentino - se si fa riferimento alle transizioni evolutive precedenti - "s'è fermato", evidentemente, agli stadi evolutivi rappresentati da /pj-/ e /bj-/. Ciò che ha determinato, come in molti altri casi (che risparmio ai lettori), informazioni sbagliate e, in buona parte, assurde è, ormai, l'incapacità di formulare il corretto collegamento quando l'etimo implica il ricorso alla cartografia locale. Infatti, per ragioni di prestigio, i cognomi sono stati tramandati nella migliore forma italiana che si fosse capaci di formulare all'epoca della loro formazione, ma questa sorte non è stata concessa ai (micro)toponimi, se pure, in certi casi, diffusissimi sul territorio. Nel caso esaminato, ad es., l'unica informazione attendibile che si può ottenere in rete dai motori di ricerca e dall'intelligenza artificiale è che non sembra esistano più "umani" in grado di rendersi conto che un cognome quale Piaggio e un toponimo quale "Ciazzu" /'ʧazzu/ - almeno, in origine - coincidevano - localmente - anche nella pronuncia.

P.S.: tutte le voci del lessico ligure - non soltanto i nomi e i toponimi - confermano quanto illustrato. A "bianco" corrisponde "giancu", a "piangere" "cianze" . . .
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