aree semantiche e forestierismi
Moderatore: Cruscanti
aree semantiche e forestierismi
Quando incontro termini stranieri magari usati a sproposito sia in italiano che rispetto alla loro lingua originaria (e divenuti così temini nuovi) mi chiedo anche se sia opportuno cercare un equivalente, visto che le aree semantiche tra due lingue sono diverse, parimenti il pensiero che porta ad usare una parola od una costruzione in un dato contesto e per esprimere un dato concetto. E' in generale il problema della traduzione: a volte bisogna allontanarsi di molto dalla lettera per rendere il concetto per incompatibiltà profonde. Sotituire un termine straniero con un "equivalente italiano" copiando l'impostazione dalla lingua originaria significa parlare italiano o la lingua originaria? La lingua è caratterizzata dal lessico ma anche dalla fonetica, dalla grammatica, dalla "visione" la somma delle esperienze che i parlanti hanno e fanno e che esprimono con delle costruzioni proprie della loro lingua. L'inglese (uno a caso) è pieno di termini derivati dal latino attraverso il franco, questo non ne fa una lingua neolatina. Il lessico non è tutto. Molte parole longobarde sono entrate a fare parte della "lingua parlata dagli italiani" e quindi sono italiane. Sono state modificate, traslitterate. La firma dell'italiano non è forse la sequenza consonante-vocale, la semplificazione delle vocali, la corrispondenza dello scritto al parlato? Italianizzare o rimpiazzare? Se sento uno che spiegazza anglismi a caso nel discorso devo pensare che non trova le parole o che usa pensieri precompilati?
Re: aree semantiche e forestierismi
Bentornato, M!M ha scritto:La firma dell'italiano non è forse la sequenza consonante-vocale, la semplificazione delle vocali, la corrispondenza dello scritto al parlato? Italianizzare o rimpiazzare? Se sento uno che spiegazza anglismi a caso nel discorso devo pensare che non trova le parole o che usa pensieri precompilati?

Sí, la firma dell’italiano è questa, come non mi stanco di ripetere. Tuttavia, non tutte le parole straniere sono facilmente adattabili (pensiamo a software, windsurf: sarebbero infelici, mi sembra, parole come sòffue o vinsèrfo, ancorché ci si potrebbe abituare). In certi casi paiono quindi preferibili la risemantizzazione o la neoformazione.
Quanto alla sua domanda conclusiva, personalmente propenderei per la seconda ipotesi: il piú delle volte si tratta di mancanza di riflessione (e talvolta di conoscenza del nostro vasto lessico) e, forse, d’ipnosi mediatica. A furia di sentir parlare in un certo modo, si finisce col fare lo stesso, talvolta anche inconsciamente. Almeno io la vedo cosí.
Re: aree semantiche e forestierismi
Ben ritrovato!Marco1971 ha scritto:Bentornato, M!

Il problema è che funzionano se vengono fatte prima, se si introduce un nuovo concetto "airglow" dandone subito un nome italiano o simil-italiano "nigredo" non ci sono problemi, con l'abusato "file" bisognerà che muoia di morte naturale poichè superato (con le specie tecnologiche capita facilmente). Già oggi si usa portatile e non laptop, documento word e non file word, foglio excel e non file excel. Molto dipende se i parlanti una certa lingua partecipano attivamente ad una certa materia, e quindi la esprimono nella loro lingua madre creando nuovi usi e nuovi concetti.Marco1971 ha scritto:Sí, la firma dell’italiano è questa, come non mi stanco di ripetere. Tuttavia, non tutte le parole straniere sono facilmente adattabili (pensiamo a software, windsurf: sarebbero infelici, mi sembra, parole come sòffue o vinsèrfo, ancorché ci si potrebbe abituare). In certi casi paiono quindi preferibili la risemantizzazione o la neoformazione.
La difficoltà aggiuntiva per l'italiano è che ha una identità davvero marcata, non accetta facilmente prestiti.
(A proposito di software: oggi al tg1 si parlava dei sistemi elettronici di conteggio e trasmissione dei voti, e la giornalista ha detto che per Amato sono piú sicuri i sistemi cartacei, che non permettono l'installazione di sòffeteuer per manipolare i risultati. Va bene, ma a questo punto non si poteva usare una parola italiana?)
Re: aree semantiche e forestierismi
E' vero, spesso accade con i termini non italiani.Federico ha scritto:(A proposito di software: oggi al tg1 si parlava dei sistemi elettronici di conteggio e trasmissione dei voti, e la giornalista ha detto che per Amato sono piú sicuri i sistemi cartacei, che non permettono l'installazione di sòffeteuer per manipolare i risultati. Va bene, ma a questo punto non si poteva usare una parola italiana?)
Ricordo (forse non serve) che per sostituire software in alcuni casi va benissimo anche applicazione.
Questo è lo stato delle cose. In ogni modo già oggi esistono spesso delle alternative (come indicava lei per file).M ha scritto:Già oggi si usa portatile e non laptop, documento word e non file word, foglio excel e non file excel. Molto dipende se i parlanti una certa lingua partecipano attivamente ad una certa materia, e quindi la esprimono nella loro lingua madre creando nuovi usi e nuovi concetti.
La difficoltà aggiuntiva per l'italiano è che ha una identità davvero marcata, non accetta facilmente prestiti.
Già da oggi (in alcuni casi) è possibile ridurre di molto l'uso delle parole inglesi.
Alcune pronuncie popolane suonano strane o risibili, ma lo sono proprio? Cosa pensavano i contemporanei di chi sostituiva albo con blank senza tra l'altro pronunciarlo alla longobarda? Oggi bianco non suona strano a nessuno, nemmeno zucchero, cioccolato. Le lingue sono costruite con i temini delle altre riadattati. Il lessico non è tutto, fonetica e grammatica contano forse di più. Anch'io pronuncio "exxema" a volte, e se in qualche futuro dovessi ascoltare "sicologo" non ci troverei molto di strano. Riadattare e semplificare significano evoluzione.Bue ha scritto:Gia`, parole italiane come oftalmico (pron. offetalmico), atmosfera (atomosfera), psicologo (pissicologo), eczema (ecchettsema) ecc.Federico ha scritto:...non permettono l'installazione di sòffeteuer per manipolare i risultati. Va bene, ma a questo punto non si poteva usare una parola italiana?)
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